Lezione di jab

9 Giugno 2022 di Glezos

Quando lo scorso sabato notte George Kambosos (20-1) sale sul ring del Marvel Stadium davanti 40.000 fans, i commentatori nella diretta tv sono tutti fuoco e fiamme sulle sue origini greche. I primi piani sul campione multicintura che contro il favoritissimo Teofimo Lopez ha confezionato il più grande upset del 2022 catalizzano il tifo di due continenti, nel più grande evento nella storia della boxe australiana. Situazione da Antica Roma: siamo a Melbourne, ad Atene o al Colosseo? La tensione – sua e del pubblico – è evidente: all’ altro angolo lo aspetta il talentuoso statunitense Devin Haney (28-0) per il titolo undisputed dei leggeri WBC, WBA, IBF e WBO. Nonostante il pronostico lo veda favorito, Kambosos ha un’ aria strana: la sua trugna di Ferocious comunica solo qualche lampo della spavalderia sciorinata a New York contro uno spento Teofimo. Chiamala concentrazione, focus o quello che vuoi, ma qualcosa sembra non andare: impressioni a pelle, spesso smentite alla campana del primo round.

Stavolta no. George parte col suo solito piglio – pare -, ma è un’impressione, proprio: va bene, non capiterà ogni volta di piazzare un knock down alla prima ripresa come con Lopez, ma qualcosa non gira ed è fin troppo chiaro. Haney ha preparato il match in famiglia e il suo game plan non tralascia alcun dettaglio: jab, jab e ancora jab, tanto per non sapere né leggere né scrivere, ovvero il menu di ogni pranzo da cintura iridata. Quando poi le cinture sono quattro, hai voglia a venire avanti per tentare di riesumare le folate del Kambosos di New York: Haney boxa e anticipa, i tre centimetri in più del suo allungo diventano mezzo metro e George è spesso bersaglio fermo a centro ring. La sua frustrazione ricorda un po’ quella di Canelo con Bivol, e il match ora sì che promette di finire nello stesso modo, anche perché col passare dei round Haney non mostra segni di stanchezza. Anzi, sempre più padrone del quadrato contra Kambosos come e quando vuole, entrando da tutte le parti e infliggendogli una lezione dura da assimilare. George continua ad affidarsi a strappi improvvisi, con diretti in cerca di spiragli vanificati dal clinch di Haney, che in uscita piazza uno-due precisi che difettano solo in potenza.

I 40.000 del Marvel Stadium assistono ammutoliti, mentre i championship rounds finali non propongono variazioni di programma. Kambosos accoglie l’ultima campana quasi sollevato, dopo una lezione fuori programma lunga dodici riprese: il verdetto unanime premia Haney con un margine più stretto di quanto visto sul ring (116-112, 116-112 e un più equo 118-110), ma sono dettagli. Kambosos sembra comunque sereno: “Haney è un grande, ha fatto un gran match. Accetto la sconfitta, è la boxe: è stata la sua serata e si è preso le cinture, ma il contratto prevede il rematch e da domani riprenderò ad allenarmi modificando qualcosa”. Haney conferma: “Sì, la rivincita è prevista nel contratto, per me va bene ma è presto per parlarne. Ero sicuro di vincere, avevamo previsto tutto per filo e per segno. Ringrazio George per avermi concesso questa chance, adesso non potranno non fare i conti con me”. L’ipotesi incerta del rematch è sottolineata dai commentatori a bordo ring: “Rivincita? E perché mai? Finirebbe nello stesso modo, e Kambosos rischierebbe anche il KO”. Sia come sia, la notte delle notti nella storia pugilistica australiana Made In Greece a George Kambosos qualcosa ha detto, ad esempio che il monito bolognese “Schiva l’oliva” era da mandare a memoria per evitare il karma del dopo-Teofimo. Perché come sancito da Mario Brega in Borotalco, se le olive sono greche devi cacciarle in gola a chiunque.

Appendice di extralusso nella notte di martedì alla Super Arena di Saitama in Giappone (ad un orario assurdo per la diretta tv in Italia), con l’ attesissimo match numero due tra il monster del Sol Levante Naoya Inoue (22-0) e lo stagionatissimo Nonito ‘Philipino Flash’ Donaire per le cinture WBC, WBA e IBF dei pesi gallo. Senza tirare in ballo sentori di no-match, l’impressionante KO inflitto al secondo round dal potentissimo Inoue al pur ottimo Donaire (per la preoccupazione della signora nel ruolo di secondo – o seconda – all’ angolo, caso credo unico a questi livelli) è di quelli che restano nella memoria. E che in teoria dovrebbe decretare la fine della carriera di Nonito, che con trentanove candeline spente sulla torta rifletterà seriamente sul da farsi. Le frustate devastanti del ventinovenne giapponese, con colpi corti alla testa dall’impatto terribile, hanno confermato il suo status di superstar in una categoria tradizionalmente generosa di talenti passati alla storia, in uno scenario attuale che vede Naoya Inoue saldamente su un trono che minaccia di conservare a lungo. Donaire ha commentato serenamente negli spogliatoi: “Ho subito una punizione durissima. L’ arbitro ha fatto bene a fermare il match”. Ottimamente, Nonito: adesso tira le tue conclusioni, e mai più rischi del genere.

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