L’ultimo Don King

31 Gennaio 2022 di Glezos

La Packard Music Hall è situata a Warren nell’ Ohio. Voluta e inaugurata nel 1955 dal magnate William Doud Packard, la sua platea di 2.500 posti e il suo palco sono tuttora tappa di tour di nomi di primo piano della scena musicale internazionale. Location singolare, per un mondiale di pugilato nel 2022: tutto bene, ma al netto di casi limite da lockdown senza pubblico o di nostalgie retro la cosa faceva pensare.

Ho pensato parecchio, davanti alle immagini della diretta tv del match tra Ilunga Junior Makabu (29-2), campione del mondo dei mediomassimi targati WBC, e lo sfidante/nemesi Thabiso Mchunu (23-6). Al di là di una rivincita che si annunciava densa di contenuti tecnici (i due si erano affrontati una prima volta nel maggio 2015 in uno spettacolare match risoltosi a favore di Makabu per KO all’ undicesimo round) gli spunti d’ interesse erano diversi, dalla nota antipatia reciproca al trampolino di lancio per Makabu in direzione Canelo Alvarez, per uno strombazzatissimo casalingo showdown primaverile in Congo (5 maggio?). Attento Saùl – mormorano quelli che ne sanno – la tua smania di salire di categoria e agganciarti l’ennesima cintura ai fianchi potrebbe riservarti brutte sorprese davanti alla stazza e soprattutto ai 25 KO del padrone di casa. Prima però Makabu doveva sbarazzarsi del rognosissimo Mchunu, cosa tutt’ altro che scontata.

Già. L’ incertezza è subito riflessa (e viceversa) nella location improbabile ideata dal redivivo Don King, ancora lui: ma non dovevamo vederci più? Dimagrito, passo incerto, sguardo pallato/rincoglionito e sempitermo sorrisetto da presa per i fondelli stampato sui denti, Mister Solo In America ci ha servito un match di primissima fascia trasmesso in pay per view da quella che più che una nota venue musicale pareva una sfigatissima palestra di provincia male illuminata (ring compreso), in un’ atmosfera cheap anni Settanta riminiscente di Fat City con Stacy Keach. Il che sarebbe molto figo se fosse un effetto voluto e cercato a tutti i costi, ma qui non è proprio il caso, anzi: a tratti anche il body talk dei due contendenti sul ring la dirà tutta (“Ma dove siamo finiti?”). Aggiungiamoci il costo del pay per view (49,99 dollari), e alla fine un altro body talk – quello di Don King – farà anche un po’ incazzare.

Il match è interessante. L’ atmosfera deprimente intorno al quadrato si riflette poco o nulla sul ring: Makabu è piantato sulle gambe, concentrato su un’apertura che chiuderebbe i conti; Mchunu è reattivo, si muove, schiva e contra puntualmente trovando spesso il bersaglio. I binari resteranno questi per 12 round. Il ritmo non è altissimo ma è una tenzone di livello, impreziosita dal commento a bordo ring di Ray Boom Boom Mancini: come sei invecchiato Ray, mi dico con una stretta al cuore, io che da perfetto idiota ti vedo sempre giovane, coi capelli lunghi e alle prese con Alexis Arguello. Col passare delle riprese Mancini pende dalla parte di Mchunu, che mai messo in crisi dal campione nelle ultime riprese sembra farsi preferire: Makabu è tutto qui o la colpa è anche di Don King e del suo scenario fiacco e anche un po’ portasfiga?

Gong finale, con Mchunu cupissimo che rifiuta l’abbraccio di Makabu: ha annusato pentole e coperchi dei giudici? La split decision premia il campione (115-113; 113-115; 116-112), tra qualche mugugno di un pubblico fiacco come pochi e l’esplosione di gioia self confident di Makabu, che intervistato sul ring da Boom Boom si lancia in roboanti proclami bilingui pro Congo e lancia il guanto di sfida a Canelo (“Ti metto KO!!”), arrivando a ringraziare Don King per il “grande evento” tra i sorrisi ironici e divertiti di Ray, che chiosa con eleganza: “Non sono d’ accordo con i cartellini dei giudici: aveva vinto Mchunu ma si sa, a volte va così”.

Il pubblico sfila via veloce, non vede l’ ora di essere al più presto da qualsiasi altra parte. Non faccio tempo a mormorare “Che disastro…” che arriva l’ annuncio: la bella serata pugilistica non è finita, sta per andare in scena l’ultimo incontro, che non mette in palio un titolo mondiale bensì quello vacante NABA dei pesi medi tra Michael Moore (18-3) e Anthony Lenk (17-8), ed è già grave l’ assistere a un match minore – per di più dopo un mondiale, non come sottoclou – in un’atmosfera surreale davanti a qualche decina di spettatori in coda per uscire. Poi il capolavoro finale. L’annunciatore sul ring informa che Michael Moore non ha fatto il peso, quindi l’ assegnazione del titolo avverrà solo nel caso di vittoria di Anthony Lenk: in caso di vittoria di Moore il titolo resterà vacante. Eh sì, la boxe la devi amare proprio tanto per guardare di tua spontanea volontà una roba del genere. Ray Mancini: “Sono molto imbarazzato. Moore ha dimostrato di non avere rispetto per la boxe: ragazzo, questo sarebbe il tuo mestiere. Non ci siamo proprio”. Inizio a ridere, poi cambio canale: vincerà Moore, il titolo resterà vacante e a me non può fregare di meno.

Schiaccio play  sulla Traviata, vendemmia maggio 1955, quella della Santa Triade Callas/Visconti/Giulini. Sull’ introduzione dell’ orchestra penso che stando a quanto abbiamo visto stanotte Canelo può giocare tranquillo coi suoi bambini, sempre che dia davvero al congolese la chance della vita. Che sarebbe una rapina da Ocean’s Eleven, ammesso che Makabu sia quello visto alla Packard Music Hall. Con un pensiero al ragazzo all’ angolo di Mchunu che indossava una t-shirt con la scritta Smiths Boxing: eh sì, ragazzo mio, data la location la poco probabile reunion di Morrissey & Co. sarebbe stata di certo uno spettacolo migliore.

Dimenticavo: in contemporanea a Makabu-Mchunu andava in scena in un affollato Hard Rock Hotel & Casino di Tulsa l’ incontro-eliminatoria per il mondiale dei superpiuma WBC tra il brasiliano Robson Conceicao (17-1) e lo statunitense Xavier Martinez (17-1), con verdetto unanime ai punti a favore del primo e con interessanti incontri di contorno, il tutto trasmesso in impeccabile diretta da ESPN, ovviamente gratis. Ma come direbbe Don King, questi sono dettagli.

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