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Boxe

L’altro Sugar

Glezos 27/12/2021

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Ricordo del Rettore Indiscusso dell’Università della Dolce Scienza. Nobile Arte e intelletto, Cassius Clay e l’antivirus per il cervello, passando per Gorgeous George: silenzio, parla Bert Randolph Sugar.

“Chiedere a uno scrittore cosa ne pensa dei critici è come chiedere a un lampione cosa ne pensa dei cani”. (Bert Randolph Sugar, 1936-2012)

Dicono che dopo la sua scomparsa la boxe non sia stata più la stessa. Di lui sono in molti ad avere un vago ricordo, poi alla prima immagine in TV – di solito in uno dei suoi tanti interventi nei vari talk show pugilistici – si svela l’arcano: ah, sì, lui, quello col cappello e il sigaro, il tizio in ‘Rocky Balboa’. I suoi fan di lungo corso ignorano cotanto oltraggio, forti dei suoi racconti che ci hanno deliziato per quasi mezzo secolo. Ricordo di Bert Sugar a poco meno di dieci anni dalla scomparsa attraverso un breve raro botta e risposta sul web (grazie a Austin Allen / bigthink.com).

– Nella boxe quale fattore determina la vittoria?

BS – Lo stile. Poi dipende sempre dai pugili. Prendi per esempio Jerry Quarry, un pugile che negli anni Sessanta sceglieva sempre la tattica sbagliata nel momento sbagliato. Era un gran bel peso massimo e sapeva fare tutto, boxare e picchiare, ma era convinto di boxare meglio di un Ali o di picchiare più di un Frazier, col quale fece sei meravigliose riprese prima di iniziare a prenderle di brutto. In generale, prima di tutto guardi allo stile naturale di un pugile, ai pregi e ai difetti veri, come del resto si dovrebbe fare in qualsiasi altro sport. Mi viene spesso in mente la frase lapalissiana di Vince Lombardi, quando i suoi Green Bay Packers affrontarono i New York Giants nel 1962: “Tutto si decide quando si inizia a correre. Se ci fermano vincono loro; se non ci fermano vinciamo noi”.

– Qual è il pugile più intelligente che hai visto?

BS: Più di uno: Ali, Joe Louis, persino Floyd Mayweather, anche se è inusuale che un cosiddetto storico – o critico, fate voi – citi il nome di un pugile attualmente campione del mondo. E in filmato Barney Ross e Benny Leonard. Quelli erano pugili molto intelligenti, mentre altri hanno altre qualità e attributi. Ad esempio, il primo Sugar Ray Leonard – quello dei primi anni Ottanta – aveva probabilmente le mani più veloci che abbia mai visto; altri hanno il pugno da ko e solo quello, altri ancora combinano le due cose. Spesso accade che le analisi non servano a niente. Mi spiego: sei a bordo ring e cerchi di individuare i punti forti di un pugile, ma lui sul ring riuscirà a imporli all’avversario? Sembra una domanda banale, ma non lo è proprio per niente. La boxe è uno degli sport più belli in assoluto perché spesso si fonda su fattori tattici solo apparentemente secondari, ma alla fine decisivi. E soprattutto nel pugilato è tutto frontale. Una volta ho chiesto a George Foreman se fosse mai stato attratto dal football. “No”, mi ha risposto secco, “perché non voglio che mi colpiscano alle spalle”.

– Muhammad Ali è stato davvero il più grande?

BS: No, era lui che diceva di esserlo. Ali lo gridò a tutto il mondo, ma non credo lo fosse. Nel mio libro ‘Boxing’s Greatest Fighters’ ho classificato i più grandi pugili da 1 a 100, e se non ricordo male l’ho messo al sesto posto, anche se devo specificare che la graduatoria non era solo riferita ai pesi massimi. Mi pare di averlo inserito al secondo posto nei massimi dopo Joe Louis, con Sugar Ray Robinson al primo posto nella categoria pound for pound. In realtà Robinson l’avrei messo al primo posto in tutte le categorie, ma non si poteva fare e ho dovuto indicare qualche altro nome, tra cui Ali (tra parentesi, io sono uno di quelli che ha visto Ray Robinson mandare ko un avversario con un pugno andato a segno indietreggiando, che è come vedere nel baseball uno che lancia una palla tesa mentre scivola in seconda base). Tornando ad Alì, bisogna ricordare che il suo apice avrebbe potuto essere nei tre anni e mezzo in cui gli ritirarono la licenza impedendogli di combattere: se non l’avessero fermato all’epoca avrebbe potuto diventare davvero il più grande. Che tra parentesi è una definizione che Alì prese in prestito dal wrestler Gorgeous George, ai tempi famoso per uscite del tipo: “Se non vinco andrò in Russia camminando sulle ginocchia”, ”Se non vinco resto sempre il più bello”, e altre sparate del genere. Inoltre, Gorgeous George si appoggiava sempre con la schiena contro le corde: era un suo vezzo ricorrente, e Alì gli rubò anche questo. Anche qui era una questione di esperienza: Alì guardava e riguardava Gorgeous George, e se lo studiò per bene cercando di inserire nella sua boxe quello che gli poteva servire. Angelo Dundee, col quale ho scritto un libro (“My View From The Corner”, ndr), mi diceva che a Las Vegas due sere prima di un match di Ali – che all’epoca si chiamava ancora Cassius Clay – erano andati a vedere un incontro di wrestling con Gorgeous George come attrazione principale. Ali era stato tutto il tempo a fissare George senza dire una parola, e all’uscita ripeteva sottovoce a mo’ di mantra: “Buona idea…quella è proprio una buona idea…”.

– Il pugilato è sul serio uno sport da intellettuali?

BS: Be’, penso che la boxe un aspetto intellettuale e intellettivo ce l’abbia. Non a caso il pugilato è stato amato da grandi scrittori dell’epoca moderna come Budd Schulberg (l’autore di ‘Fronte Del Porto’, ndr). Stessa cosa per Joyce Carroll Oates, tanto per restare in ambito letterario contemporaneo. Fu proprio Schulberg a coniare la famosa frase: “La boxe è una partita a scacchi giocata senza scacchiera da due corpi umani”. Sono parole che fanno pensare ancora adesso. La boxe è a volte è una disciplina istintiva, perché un pugile può avere un quoziente di intelligenza che non è granchè e allo stesso tempo avere un IQ pugilistico altissimo. Devi imparare a guardare un pugile mentre pensa sul ring: il suo può sembrare puro istinto, ma puoi dedurre che col passare del tempo ha imparato qualcos’altro. Ogni pugile commette errori più o meno gravi, e non soltanto quando perde: si tratta di prendere questi errori, metterli nel computer del proprio cervello e creare l’antivirus.

Bert Randolph Sugar (1936-2012) è stato uno dei più grandi storici dello sport americano. Ex direttore delle riviste ‘Boxing Illustrated’ e ‘The Ring’, ha scritto oltre 80 libri, prevalentemente sulla storia della boxe. Nominato ‘il più grande scrittore di pugilato del 20° secolo’ dalla IVBA (International Veteran Boxing Association), ha partecipato a innumerevoli programmi televisivi e a qualche film, nei quali ha sempre interpretato se stesso. È stato inserito nella International Boxing Hall Of Fame nel gennaio 2005.

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Remembrance of the Undisputed Rector of the University of Sweet Science. Noble Art and Intellect, Cassius Clay and the Brain Antivirus, via Gorgeous George: silence, Bert Randolph Sugar speaking.

“Asking a writer what he thinks of critics is like asking a lamppost what he thinks of dogs.” (Bert Randolph Sugar, 1936-2012)

They say boxing was never the same after his death. Many have a vague recollection of him, then the first image on TV – usually in one of his many interventions in the various boxing talk shows – reveals the mystery: ah, yes, him, the one with the hat and cigar, the guy in ‘Rocky Balboa’. His long-time fans ignore this outrage, fortified by his stories that have delighted us for almost half a century. Remembering Bert Sugar a little less than ten years after his passing through a rare short web chat (thanks to Austin Allen / bigthink.com).

– In boxing, what factor determines victory?

BS – Style. Then it always depends on the boxer. Take for example Jerry Quarry, a boxer in the 1960s who always chose the wrong tactic at the wrong time. He was a great heavyweight and could do it all, boxing and punching, but he was convinced that he boxed better than an Ali or punched more than a Frazier, with whom he had six wonderful rounds before he started to take a beating. In general, you look at a boxer’s natural style, his true strengths and weaknesses, as you would in any other sport. I’m often reminded of Vince Lombardi’s self-evident statement when his Green Bay Packers faced the New York Giants in 1962: ‘Everything is decided when you start running. If they stop us, they win; if they don’t, we win.

– What’s the smartest boxer you’ve ever seen?

BS: More than one: Ali, Joe Louis, even Floyd Mayweather, although it is unusual for a so-called historian – or critic, you name it – to mention the name of a current world champion boxer. And on film Barney Ross and Benny Leonard. Those were very intelligent boxers, while others have other qualities and attributes. For example, the first Sugar Ray Leonard – the one from the early eighties – had probably the fastest hands I have ever seen; others have the knockout punch and only that, others still combine the two. It often happens that analysis is useless. Let me explain: you are at ringside trying to identify the strong points of a boxer, but will he be able to impose them on his opponent in the ring? It sounds like a trivial question, but it is not trivial at all. Boxing is one of the most beautiful sports of all because it is often based on tactical factors that are only apparently secondary, but ultimately decisive. And especially in boxing it’s all about frontal thinking. I once asked George Foreman if he had ever been attracted to football. “No,” he replied dryly, “because I don’t want to get hit from behind.”

– Was Muhammad Ali really the greatest?

BS: No, he was the one who said he was. Ali shouted it to the whole world, but I don’t think he was. In my book ‘Boxing’s Greatest Fighters’ I ranked the greatest boxers from 1 to 100, and if I remember correctly I put him in sixth place, although I must point out that the ranking was not just for heavyweights. I think I put him in second place in the heavyweight category after Joe Louis, with Sugar Ray Robinson in first place in the pound-for-pound category. Actually, I would have put Robinson in first place in all categories, but I couldn’t do it and I had to put some other names, including Ali (by the way, I’m one of those who saw Ray Robinson knock out an opponent with a knockout punch while backing up, which is like seeing someone in baseball throw a knuckleball while sliding into second base). Returning to Ali, it must be remembered that his peak could have been in the three and a half years in which they withdrew his licence preventing him from fighting: if they had not stopped him at that time he could have become the greatest. Which, by the way, is a definition Ali borrowed from wrestler Gorgeous George, who at the time was famous for saying ‘If I don’t win I’ll go to Russia walking on my knees’, ‘If I don’t win I’ll always be the best-looking’, and other such things. Also, Gorgeous George always leaned his back against the ropes: it was a recurring habit of his, and Ali stole that from him too. Again, it was a matter of experience: Ali watched and looked at Gorgeous George, and studied him well, trying to put into his boxing what he could use. Angelo Dundee, with whom I wrote a book (“My View From The Corner”, ndr), told me that in Las Vegas two nights before a match of Ali – who at that time was still called Cassius Clay – they went to see a wrestling match with Gorgeous George as main attraction. Ali had been staring at George the whole time without saying a word, and on his way out he repeated under his breath like a mantra: ‘Good idea…that’s a good idea…’.

– Is boxing really a sport for intellectuals?

BS: Well, I think boxing has an intellectual and intellectual aspect. It’s no coincidence that boxing has been loved by great writers of the modern era such as Budd Schulberg (author of ‘On the Waterfront’, ed). The same goes for Joyce Carroll Oates, just to stay in the field of contemporary literature. It was Schulberg himself who coined the famous phrase: ‘Boxing is a chess game played without a chessboard by two human bodies’. These are words that still make you think today. Boxing is sometimes an instinctive discipline, because a boxer can have an IQ that is not great and at the same time have a very high boxing IQ. You have to learn to watch a boxer while he is thinking in the ring: his thinking may seem pure instinct, but you can deduce that he has learned something else over time. Every boxer makes more or less serious mistakes, and not just when he loses: it’s a matter of taking those mistakes, putting them into the computer of your brain and creating the antivirus.

Bert Randolph Sugar (1936-2012) was one of the greatest historians of American sport. Former editor of the magazines ‘Boxing Illustrated’ and ‘The Ring’, he wrote over 80 books, mostly on the history of boxing. Named ‘the greatest boxing writer of the 20th century’ by the IVBA (International Veteran Boxing Association), he participated in countless television programmes and a few films, in which he always played himself. He was inducted into the International Boxing Hall Of Fame in January 2005.

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