Cucina
Cracco e la pizza senza concorrenti
Stefano Olivari 23/11/2018
In controtendenza rispetto a tanti suoi colleghi, Carlo Cracco fa adesso meno televisione ed è moltissimo di più in cucina. Il risultato è che il suo grande spazio (il bistrot al piano terra, il ristorante al primo, la sala eventi al secondo) in Galleria Vittorio Emanuele è uno dei pochi posti di alto livello in cui si percepisca calore e quella che nel calcio definiremmo la mano dell’allenatore. Lo spazio decisamente più interessante è il café-bistrot, dall’arredamento assolutamente coerente con la tradizione del luogo di Milano in cui si trova: un bancone ottocentesco nero (abbiamo letto che è stato comprato a Parigi di seconda mano) per il caffè e i dolci preparati da Marco Pedron, i tavolini divisi fra un bel dehors che però in Galleria crea sempre l’effetto acquario (certo a molti piace guardare ed essere guardati) e un interno più raccolto, con colori e temi Art Deco. Siccome Cracco sta sul serio in cucina ed ogni tanto emerge per fare pubbliche relazioni, con atteggiamento molto più rilassato (o forse è solo stanco) rispetto al Cracco del vecchio Masterchef, a fare da filtro alle mille richieste e telefonate (in buona parte di giornalisti scrocconi, probabilmente) c’è la dinamica moglie Rosa Fanti, ma tutto il personale di sala è di prim’ordine e nemmeno questo è scontato perché molti genii della cucina crollano proprio sugli aspetti organizzativi.
Veniamo al punto, nello stile di ‘Pagando il conto’. Siamo onestamente da bistrot e non da ristorante, ma non per banali questioni di soldi (pensando alle volte in cui abbiamo buttato via 200 euro sulla Eredivisie). È che ci piace quell’informalità non tamarra che è un equilibrio difficilissimo da raggiungere, perché nasce da una fusione fra ambiente e clientela che nessuno può programmare. E questo abbiamo trovato da Cracco, per lo meno al piano terra. Proveremo anche il resto, in particolare i suoi famosi risotti, ma sentivamo come un dovere morale quello di partire dalla pizza che tanto ha fatto discutere lover e hater del grande chef: abbiamo ordinato la margherita e non ce ne siamo pentiti. Di dimensioni non enormi, ma molto sostanziosa (dopo è difficile ingurgitare altro), è chiaramente giocata sul contrasto. Facile dire a caldo ciò che la pizza di Cracco non è: non è una pizza napoletana (soltanto il bordo dovrebbe spiegare il perché), non è una pizza bassa e uniforme, del genere italo-egiziano che a Milano sembra un obbligo, non è una pizza appartenente all’universo gourmet perché non aspira ad essere creativa, non è una pizza leggera. È invece una pizza di farina integrale, in alcuni punti leggermente biscottata, tagliata in quattro e farcita con mozzarella di bufala e pomodoro. Essendo gli ingredienti sempre quelli, la differenza la danno cottura (davvero perfetta, anzi di più, sia nelle parti morbide sia nelle altre) e dosaggio degli ingredienti, con Cracco che gioca con il pomodoro ma senza esagerare. Il sapore, cioè in definitiva l’unica cosa che possiamo giudicare, è clamoroso.
L’abilità di Cracco è stata quella di non entrare in concorrenza con altre pizze, cosa che i pizzaioli più intelligenti hanno capito. Senza forno a legna gioca in un altro campionato, che può essere quello degli chef o quello dei panettieri, ma è comunque un altro campionato. Ed è per questo che la sua pizza vale già da sola una visita, senza contare tutto il resto. Per una bottiglia di San Pellegrino, chips di zafferano e nero di seppia, la pizza e il caffé ‘Pagando il conto’ è tornato a casa utilizzando 25 euro del suo notevole flusso di cassa. Poco più che in una pizzeria ordinaria di via Ravizza e in pratica lo stesso rispetto a tanti posti che infestano il centro, quelli con i menu plastificati e che sono in linea con l’invasione di quegli insulsi negozi monomarca che rendono le città europee sempre più simili. E anche i prezzi degli altri piatti del bistrot (cinque primi e quattro secondi, se non ricordiamo male) sono assolutamente da corsa, considerando la collocazione e l’ambiente. Non promettiamo ai lettori di Indiscreto di provare il ristorante, quindi non ne parliamo, ma una botta di vita ce la siamo concessi visitando la strepitosa cantina insieme agli amici Dominique e Marco (il pranzo con gli amici è un valore in sé, inconcepibile mangiare da soli anche se a volte l’abbiamo fatto), dove abbiamo ammirato bottiglie che non potremmo permetterci nemmeno al livello ‘vorrei ma non posso’. Su tutte quelle del leggendario Romanée Conti, Pinot Nero da 15.000 euro a bottiglia. Ma noi siamo gente da pizza, e quella di Cracco è fra le migliori mai mangiate.
Cracco – Genere: bistrot – Milano, Galleria Vittorio Emanuele II – CAP 20121, fermata MM1 Duomo – Telefono 02 876774 – Orari: 8.00-24.00, tutti i giorni – Facebook: @ChefCarloCracco – Instagram: carlocracco – Sito web: ristorantecracco.it – Presenza più recente di Indiscreto: novembre 2018. Voto ambiente-qualità-prezzo: 9.
- Cracco (Bistrot): 9
- Da Salvatore (Siciliano-Pesce): 7
- Denzel (Ebraico-Mediorientale): 7,5
- Antica Trattoria del Gallo (Lombardo): 7
- Joia (Vegetariano): 8
- Mare Culturale Urbano (Pizzeria): 6
- Lievità (Pizzeria): 6
- Pokeia (Hawaiano): 6,5
- Osteria dei Mosaici (Pugliese): 8
- La Tirlindana (Pesce – Lago): 7,5
- Le Vent du Nord (Belga): 7,5
- Al Sale Grosso (Pesce): 6,5
- A’ Riccione (Pesce): 7
- Ta Hua (Cinese – Hong Kong): 8
- Cacio e pepe (Romano) : 7,5
- Dawat (Indiano): 8
- Bottega sicula (Siciliano): 6
- Lievito Madre al Duomo (Pizza): 6,5
- Vanilla Bakery (Brunch): 6,5
- L’Altro Eden (Ligure): 7
- Rigolo (Toscano): 6
- Ba’Ghetto (Romano-Ebraico): 6,5
- Temakinho (Brasiliano-Giapponese): 6,5
- Ten Grams (Tartufi): 6,5