Sentimenti da esportazione

8 Febbraio 2008 di Stefano Olivari

1. Qualche anno fa i R.E.M. cantavano “It’s the end of the world as we know it”, italianizzata poi da Ligabue con la più nostrana “A che ora è la fine del mondo”. Ebbene, oggi forse possiamo dare una risposta a questi quesiti, calcisticamente parlando almeno. Infatti è notizia freschissima —riportata sia dal Times che dal Guardian, solo per citare due dei giornali più prestigiosi d’Oltremanica – che tutti i club di Premier League hanno accettato di giocare almeno una partita di campionato in terra straniera, a partire dalla stagione 2011-12. L’idea è quella di estendere il calendario da 38 a 39 giornate, così che ogni club possa giocare un match a Singapore, New York, Beijing o magari sull’Himalaya chissà, forse allora sarà possibile. Qualcuno si giustifica dicendo che in fondo l’anno scorso la NFL è sbarcata a Wembley e quindi non vi sarebbe nulla di strano se nei prossimi anni il campionato inglese dovesse far tappa a Los Angeles. Dal punto di vista del marketing il ragionamento non fa una grinza, da quello sentimentale c’è da discutere. Questo sarebbe l’ennesimo colpo – forse quello decisivo- alla passione dei veri tifosi. Pensiamo comunque che il progetto si avvererà e noi nel gennaio del 2011 staremo probabilmente gustandoci una partita del Pavia calcio oppure avremo virato con grande soddisfazione su qualche altro sport, o almeno su ciò che ne avrà la parvenza.
2. Sugli stessi giornali britannici, durante tutta la settimana, abbiamo letto articoli su Capello. Mercoledì poi finalmente la partita con la Svizzera, la prima del nuovo allenatore. Possiamo dire che l’Inghilterra abbia vinto alla Capello. Un match sofferto, brutto, combattuto e alla fine una vittoria risicata. Comunque una vittoria ed è ciò che ora vogliono di più gli inglesi. Vincere ad ogni costo, non importa come, vincere qualcosa, non importa cosa. Per chi non alza trofei dal 1966 e come traguardo massimo nelle ultime manifestazioni ha avuto il raggiungimento dei quarti di finale, è più che capibile. Per la verità anche Eriksson e McClaren avevano iniziato con una vittoria, ma la speranza è che Capello riesca a fare ciò che ha fatto in ogni posto dove è stato, Milano, Roma, Torino, Madrid: vincere appunto. Ciò che ci è sembrato insolito è quello che abbiamo letto sulle pagine del Guardian il giorno della partita. Pare che gli inglesi abbiano apprezzato il rigore e la disciplina imposti da Capello ai suoi giocatori. Niente partite di golf durante i giorni di ritiro, tutti a tavola alla stessa ora e niente seratine in giro per locali nei giorni precedenti la partita. Quindi l’allenatore friulano è riuscito a farsi apprezzare per caratteristiche che di solito non contraddistinguono l’italiano medio, il più delle volte visto come caciarone, disorganizzato e furbo. Forse un’altra picconata contro i luoghi comuni.
3. Tornando alla Premier (prima che questa faccia le valigie per mete esotiche), sul fondo della classifica staziona ormai da inizio stagione il derelitto Derby County. Una squadra virtualmente retrocessa, che sta pensando più al prossimo campionato in Championship che non a questa Premier League. Un vero peccato, visto che i Rams sono una squadra dal passato glorioso che negli anni Settanta riuscì addirittura a vincere due campionati. La preoccupazione principale dei tifosi però è quella di capire chi sia in questo momento il vero proprietario del club. Da quest’anno il gruppo americano GSE (General Sports and Entertainment) ha acquistato il Derby, ma il suo coinvolgimento non è ancora ben chiaro. L’idea degli yankee sarebbe quella di elevare il club dall’attuale mediocrità e riprovare a fare ciò che il gruppo è riuscito a fare ad esempio negli USA con una squadra di baseball della Minor League, i Fort Wayne Wizards, acquistati nel 1999 sull’orlo del fallimento e rivenduti con profitto nel 2006. L’unica cosa certa però è che la GSE non ha una disponibilità economica pari a quella dei nuovi proprietari di Manchester United e Liverpool – vera o fittizia questo sarà da verificare – e difficilmente l’ennesima americanizzazione di un club porterà benefici dal punto di vista sportivo.
4. Piccola critica finale per George Burley, nuovo commissario tecnico scozzese. Alla fine di maggio era prevista una gustosa amichevole, Inghilterra- Scozia nel nuovo Wembley. Avevamo già attivato i nostri contatti per essere presenti sugli spalti quel giorno. Queste squadre non si incontrano dal 1999, vittoria inutile della Scozia per 1 a 0 nel vecchio Wembley, in uno spareggio che dava accesso agli Europei di Belgio e Olanda (gli inglesi avevano vinto il primo round ad Hampden per 2 a 0). Ebbene, Burley ha preferito annullare la partita, ritenendo forse che la Scozia necessiti di un avversario più malleabile in quel periodo. Peccato, un assaggio di vecchio Torneo Interbritannico ci avrebbe fatto piacere.

Luca Ferrato
ferratoluca@hotmail.com

Share this article