La mentalità del beduino

4 Maggio 2010 di Luca Ferrato

di Luca Ferrato
L’atteggiamento dei tifosi della Lazio nei confronti della loro squadra è qualcosa che il calcio italiano ha ormai interiorizzato e che va al di là del normale tifo contro…
Iniziamo subito dicendo che questo non è un pezzo contro l’Inter, tanto per non generare lo stesso meccanismo che invece vogliamo criticare. Del resto non potrebbe esserlo, visto che la squadra di Mourinho si è trovata in una situazione creata da altri e si è limitata a sfruttarla. Domenica sera, mentre assistevamo in televisione alla partita dell’Olimpico di Roma, ci veniva in mente una frase utilizzata dal Times nel 1985 in pieno hooliganismo e quindi per un argomento molto più serio che non un possibile “biscottone” del campionato più falsato del mondo. Quel giorno il giornale inglese titolò:” If this is football, please let it die”. Non ha bisogno di traduzioni e pensiamo che, fatte le debite proporzioni, possa sicuramente essere riferita anche allo scenario che presentava l’Olimpico laziale, domenica 2 maggio 2010. Non si tratta infatti della solita partita-biscotto di fine stagione, di quelle che tutti abbiamo in memoria (ma quelle con beneficiarie le ‘nostre’ squadre tendiamo a rimuoverle).
Alcune ce le ricordiamo meglio di altre, forse perché biscottate un po’ peggio: come quel Milan-Bologna del maggio 1979, senza tiri in porta. Un bel pareggio a reti bianche che garantiva al Milan lo scudetto della Stella e al Bologna la salvezza. O il Napoli-Genoa del 1982, con Castellini che spedì volontariamente il pallone in corner per consentire il pareggio di Faccenda, che garantiva così ai rossoblù la salvezza a scapito del Milan che nel frattempo aveva rimontato (inutilmente, vista la prodezza del ‘Giaguaro’) un passivo di due reti a Cesena. Possiamo citare un Torino-Inter 2-0 del giugno 1989, o a caso un Milan-Brescia 1-1 del maggio 1993, con gol segnato “accidentalmente” da Albertini a pochi minuti dalla fine e poi un tentativo disperato della difesa milanista di far risegnare i bresciani (cosa tra l’altro concretizzata dal grezzo Brunetti prima dello scadere, con un coast to coast alla Maradona). E ancora Milan-Reggiana 0-1 del 1994, Udinese-Juventus 0-2 del 5 maggio 2002, ancora Genoa e Napoli in Serie B nel 2007, ma solo perché stiamo citando le squadre più famose, tralasciando il marciume che c’è stato fra le provinciali e nelle categorie minori. Marciume che rapportato alle singole realtà locali rende il calcio extra-Sky qualcosa in cui è quasi impossibile credere.
Insomma, un qualcosa di molto italiano, il classico “tengo famiglia” applicato al calcio. “Perché ti impegni? Non vedi che sto soffrendo? Lasciami passare, oggi a me e domani toccherà a te e poi i bastardi sono gli svedesi e i danesi, loro sì che hanno fatto il biscotto nell’Euro 2004 ai danni dell’Italia e alla fine hanno fatto piangere anche Cassano”. In questo tra l’altro gli stranieri fanno la loro part,e ci mancherebbe. Potremmo citare un Borussia Dortmund con alla guida Otto Rehhagel che “volontariamente” prende 12 gol nel 1979, oppure un Liverpool che, nello stesso giorno della partita dell’Olimpico, non dà il massimo contro il Chelsea, presumibilmente per non favorire troppo i rivali del Manchester United.
Lazio-Inter del 2 maggio 2010 però, è stata molto di più. Perché qui si parla di una tifoseria che minaccia di spaccare le gambe ai propri giocatori nel caso volessero fare il loro dovere contro l’Inter e questi entrano così in campo come agnellini facendosi travolgere da un avversario comunque molto più forte di loro. Parliamo di uno stadio, non solo della curva, che tifa in blocco contro la propria squadra, che fischia Kolarov perché prova a farsi vedere dalle parti di Julio Cesar e Muslera che “osa” parare i tiri degli avanti interisti. Parliamo di una tifoseria che ha anche minacciato sui blog di voler far sospendere la partita nel caso la Lazio avesse voluto impegnarsi. Con questi presupposti il finale forse era scontato, ma nonostante tutto rimane la delusione e la nausea per ciò che è accaduto. Tutto questo ovviamente per impedire alla Roma di avere la possibilità di vincere il campionato.
Noi tra l’altro non ci opponiamo certo al “tifo contro” (se fatto in maniera civile o semi-civile), non siamo fra quelli che tifiamo per le squadre italiane quando giocano nelle coppe (anzi), crediamo che la rivalità nel calcio sia necessaria per la passione che il gioco si porta dietro. Qui però rischiamo ancora di non centrare il punto più importante. Cioè che quello che è successo l’altra sera all’Olimpico è la punta di un iceberg: l’antisportività italiana elevata ai massimi livelli, la “mentalità del beduino” ( il tuo nemico è mio nemico, il mio amico è tuo amico, il tuo amico è anche mio amico) portata come ragione di vita, la squadra di calcio che viene messa davanti a tutto, alla famiglia e al lavoro, anche se ci piacerebbe sapere qual è la professione di quei tifosi (non solo laziali) che affollano i centri sportivi delle squadre del cuore alle 15 di un martedì.
Alcuni dicono che questa è una particolarità romana, che da altre parti non è così. Anche fosse, è una particolarità che va cambiata. Sempre che consideriamo che da altre parti la situazione sia normale. Forse dovremmo dire che non sempre “il pubblico di Napoli è meraviglioso” ma qualche volte magari è anche incivile e maleducato. Che non sempre Genova è “città dove si vive bene il calcio” perché ci si mena più li che da altre parti. Che le curve sono belle e colorate e però spiegatemi perché noi che vogliamo sederci in un posto numerato e non fumiamo marijuana non possiamo andarci. Oggi vorremmo vedere chi ancora ha il coraggio di dire che Capello sputa nel piatto in cui ha mangiato. Chi dice che il movimento ultrà è sotto controllo, che si tratta sempre del solito gruppetto di facinorosi. No, in Italia i tifosi/ultrà/teppisti influenzano le partite, l’antisportività è elevata ai massimi livelli e il nemico non dev’essere battuto, ma umiliato e deriso in una pubblica piazza. Piuttosto che vinca il mio rivale faccio di tutto, perché la sua soddisfazione sarebbe il mio supplizio.
Ma anche queste polemiche passeranno. Qualcuno vincerà il campionato (e non è detto che non lo vinca la Roma, visti i premi a vincere di cui un dirigente del Siena ha parlato), qualcuno lo perderà e si lamenterà. Ma poi si ricomincia, perché se siamo sopravissuti a due scandali scommesse e a vari altri scandaletti nessuno ci potrà mai fermare, perché poi così la Nazionale vince, perché l’italiano ha bisogno dell’acqua alla gola per dare il meglio di se stesso. Addirittura è diventata verità storica il fatto che Calciopoli abbia dato uno stimolo in più agli azzurri nel 2006. Allora forse spettacoli come Lazio-Inter del 2 maggio 2010 ce li meritiamo. E che gli stranieri che ci deridono si impicchino. In fondo non lo scrivevamo mica anche sulle magliette da far vedere alle straniere in spiaggia “italians do it better” ?
Luca Ferrato
(in esclusiva per Indiscreto)

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