Sport

Il football di Leoluca Orlando

Indiscreto 25/02/2025

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Al di là di nomi noti come quelli di Gravina, Petrucci o Binaghi, le elezioni dei presidenti delle federazioni sportive italiane guadagnano poche righe anche sui quotidiani sportivi, in linea con quelle guadagnate dai rispettivi sport. In quest’anno post-olimpico mancano ancora tre federazioni, ma il quadro generale è chiaro e ovviamente i nomi sono sconosciuti ai più. Semmai si parla tanto di Malagò, icona pop negli ultimi tempi decisamente invecchiata, che sta cercando qualsiasi sponda politica pur di far togliere il limite di tre mandati, che non vale per i presidenti federali (dopo la sentenza della Corte Costituzionale ci vuole però, dal quarto mandato in poi, un quorum del 66%) ma vale invece per il CONI che formalmente è un ente pubblico mentre le federazioni non lo sono. Scommetteremmo comunque su un prolungamento per Malagò fino a Milano-Cortina in onore del personaggio di Luca Covelli da lui ispirato agli amici Vanzina.

Anche noi che siamo appassionati al tema facciamo fatica a ricordarci tutti i nomi, semmai veniamo colpiti dagli sport che seguiamo, come il football americano che per la quinta volta ha eletto presidente Leoluca Orlando, proprio l’ex sindaco di Palermo, secondo l’idea che il presidente federale non debba essere un conoscitore della materia ma una sorta di influencer (e infatti il football con lui è diventato una federazione vera e propria: fra l’altro a Los Angeles 2028 ci sarà il flag), o l’atletica di Mei, beneficiario fortunato della stanchezza del suo predecessore. Leggerli tutti di fila, come ci è capitano stamattina con la tabella di Giorgio Marota per il Corriere dello Sport, fa davvero impressione, per molti motivi. Prima di tutto per la quantità di dinosauri: Gravina guida la FIGC dal 2018 ma era consigliere federale già ai tempi di Nizzola, Petrucci guida il basket dal 1992 e non l’ha fatto soltanto negli anni in cui è stato presidente del CONI, Binaghi e Barelli governano tennis e nuoto dal 2000.

Ma colpisce anche la modalità, perché in quasi metà delle federazioni le elezioni hanno avuto un candidato unico (esempi: Gravina e Binaghi, ma anche Manfredi nella pallavolo) e buona parte delle altre ha avuto una competizione soltanto per modo di dire. Di fatto l’unica votazione interessante è stata quella nel canottaggio, dove Giuseppe Abbagnale ha perso la presidenza in favore di Tizzano. Non c’è federazione che non si riempia la bocca con le pari opportunità, ma soltanto 2 donne, Laura Lunetta alla danza sportiva e Maria Lorena Haz Paz al cricket, sono oggi a capo di una federazione del CONI, contro, se non li abbiamo contati male, 49 uomini. Tutto questo senza entrare nel merito dei singoli sistemi di voto che in certi casi, come il calcio, raggruppano le componenti, in altri le regioni, sempre comunque privilegiano le società invece degli incontrollabili singoli tesserati. Insomma, un cretino disinformato può votare per il parlamento del paese ma un atleta non può scegliere il governo dello sport che conosce bene. Un tema che, va detto, non appassiona gli atleti, che nella media per forma mentale gradiscono più essere cooptati dai potenti che sporcarsi le mani cercando consensi.

stefano@indiscreto.net

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