Boxe

Nino Benvenuti

Stefano Olivari 20/05/2025

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Abbiamo visto combattere una sola volta Nino Benvenuti, al di là di YouTube e dei suoi match riproposti più volte in televisione, e non era nemmeno un match vero. L’ultimo era stato contro Monzon nel 1971 a Monte Carlo, una autentica punizione da parte di un campione del quale sarebbe diventato poi amico fedele, anche nei momenti peggiori (peggiori soprattutto per le vittime di Monzon). Quella sera del 1976, al Palalido, eravamo al seguito di nostro padre: Benvenuti salì sul ring per una esibizione di pochi round, ci sembra tre (non abbiamo trovato niente su Google, andiamo a memoria, forse qualche attempato lettore di Indiscreto c’era e ricorda meglio), contro Marco Scano che allora era campione europeo dei welter, in una riunione comunque di boxe vera imperniata sull’idolo milanese, addirittura dipendente ATM, Germano Valsecchi.

Ma non volevano parlare di boxe, bensì di cosa Nino Benvenuti rappresentasse nell’Italia degli anni Sessanta e Settanta. Bello come una divinità, elegante, fortissimo, parlante con proprietà di linguaggio, idolo già con l’oro di Roma, bersaglio fisso ma anche beneficiario consapevole del gossip. Tutto vero. Ma il tifo per Benvenuti nasceva anche dalla sua provenienza, cioè lsola d’Istria, il paese dove era nato nel 1938 e dove nel dopoguerra aveva iniziato a fare boxe seguendo la passione del padre. Un paese che dalla prima metà degli anni Cinquanta, quindi con Benvenuti adolescente, vide l’esodo forzato della popolazione di lingua italiana prima e dopo il Memorandum di Londra, che sarebbe stato perfezionato (eufemismo) più di vent’anni dopo con il vergognoso Trattato di Osimo.

Per farla breve, Isola era nella Zona B che passò alla Jugoslavia (oggi è ovviamente in Slovenia), e fu oggetto di una sostituzione, se non proprio di una pulizia, etnica. Di sicuro di un furto ai danni delle proprietà italiane, intere vite e aziende cancellate, con emigrazione di famiglie come i Benvenuti nella Zona A o nel resto d’Italia, con i treni dei profughi istriani spesso accolti a sassate o peggio. Insomma, Benvenuti iniziò a emergere come pugile in questo contesto post-bellico che tanto post non era, sia per i pochi che decisero di rimanere sia per i tanti che se ne andarono. Fu anche per questo che simpatizzava per un partito escluso da tutto come l’MSI: impossibile farlo per i comunisti fiancheggiatori di qualsiasi causa anti-italiana ieri, oggi e domani, ma soprattutto per la Democrazia Cristiana e i cosiddetti laici che avevano svenduto non soltanto l’italianità dell’Istria ma anche la sua memoria. Non a caso si tentò di trasformare Mazzinghi in una specie di Bartali, ma il campione pisano era del tutto indifferente a questi schemi e la sua antipatia per Benvenuti era soltanto sportiva. Addio Nino, la vita ti ha dato tanto ma anche negli ultimi anni (un figlio che si è suicidato) non ti ha risparmiato niente.

stefano@indiscreto.net 

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