Basket

L’All-Star Game NBA meno visto di sempre

Stefano Olivari 24/02/2023

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L’All-Star Game NBA 2023, inteso proprio come partita della domenica senza prendere in considerazione l’orrido contorno, è stato il meno visto della storia, con 4,59 milioni di telespettatori statunitensi (era trasmesso da TNT e TBS) ed un calo del 27% rispetto all’edizione 2022, che era stata televista da 6,28 milioni di americani. E pur prestandosi la pallacanestro a partite di pura esibizione, molto più di baseball e ovviamente football, la non partita di Salt Lake City è andata molto peggio dell’ultimo All-Star Game della MLB e del recente Pro Bowl. Perché l’All-Star Game ed in generale la NBA interessano sempre meno? Domanda non facile per chi come noi, nella provincia dell’Impero, è cresciuto mitizzando questa lega.

Al di là delle situazioni contingenti, cioè l’assenza o i pochi minuti giocati dei vari Steph Curry, LeBron James, Durant e Antetokounmpo, la tendenza è confermata anche dalle partite vere: l’ultima partita della serie finale è passata dai quasi 36 milioni di Bulls-Jazz del 1998 (inutile ricordare ai competenti chi ci fosse in campo) ai 14 di Celtics-Warriors 2022 e nemmeno un hater della NBA può sostenere che in un quarto di secolo il livello del gioco e soprattutto la notorietà dei personaggi si siano dimezzati. Insomma, è inutile che copiamo i rating televisivi dal 1998 ad oggi, si trovano dappertutto e al di là di qualche eccezione la tendenza in patria è al ribasso, mentre all’estero la NBA è ancora nella sua fase espansiva, almeno nel terzo mondo.

Quattro sono secondo noi i motivi del calo di interesse, che notiamo anche in tanti ex appassionati italiani. Il primo è che ci sono troppe partite inutili e meno squadre davvero ambiziose: certo con le 23 squadre della nostra prima NBA televisibile il problema si avvertiva meno. Il secondo è che ci sono sempre meno giocatori-franchigia, le mitiche bandiere di una volta che non sono soltanto santini per nostalgici ma la base di tanto marketing NBA, altro che i superteam per vincere (e più spesso ancora non vincere) anelli da seconda o terza punta: viva John Stockton e Reggie Miller.

Il terzo motivo è che l’enfasi sullo spettacolo, ai confini dell’assurdo (Michael Malone, allenatore di Team LeBron, ha definito l’ASG 2023 la peggior partita di basket mai giocata nella storia) porti a competere in un mercato in cui i rivali sono tanti: T-Wolves-Kings non viene trascurata a beneficio di un’altra partita, ma di una serie Netflix o di un videogioco. Il quarto motivo è solo apparentemente razziale, perché anzi la NBA era molto più nera e meno internazionale nei decenni precedenti, in realtà è politico: una parte degli Stati Uniti percepisce la lega come un’entità di sinistra o quanto meno politicamente corretta, piena di ignoranti milionari che vogliono anche passare per illuminati e buoni (ma con cause scelte a seconda della convenienza), e quindi ci sta che il maschio bianco occidentale di mezza età, cioè lo spettatore dello sport (mentre i suoi figli guardano solo gli highlights, si drogano o peggio ancora ascoltano rap) possa preferire Mainz-Bochum o la NFL.

stefano@indiscreto.net

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