La teoria di Gelindo Bordin

4 Febbraio 2010 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari
Cinque Mulini in differita, gli sconfitti alla partenza, i numeri dell’atletica, i tre tutor e le tre punte.

1. Fra i mille eventi sportivi che vediamo registrati e fuori tempo massimo (anzi, di più) c’è stata anche la Cinque Mulini di domenica scorsa: percorso seminuovo (l’obbiettivo entro qualche anno è quello di passare dentro tutti e quattro i mulini rimasti, adesso siamo a quota due), italiani semiassenti e dominio dei relativamente pochi africani iscritti. Primo l’etiope Mesfin, secondo il keniano Mateelong, terzo l’altro etiope Chane. Distacchi imbarazzanti, dal minuto in su, per tutti i rivali, e inevitabile amarcord da sconfitti: l’ultimo italiano vincitore risale infatti al 1986, quando Alberto Cova prevalse su Gelindo Bordin. Non erano super-uomini, ma ragazzi dotati che vivevano l’atletica da professionisti e senza lo stipendio statale. Va detto che all’epoca le società private avevano sponsor di grande livello e spesso allenatori veri, quindi anche il mito va inserito in un contesto.
2. Per questo è stato interessante un dibattito visto su Sportitalia alla vigilia della gara con in studio proprio Bordin e Cova, oltre a Giorgio Rondelli e all’organizzatore. Al netto delle solite considerazioni sul reclutamento, visto che non si può demonizzare un ragazzo 2010 che scelga discipline con maggiori prospettive di visibilità e guadagno, da scolpire nel marmo la considerazione di Bordin: ”Il virus penetrato nel cervello di chi fa atletica in Europa è che gli africani non si possano battere, nonostante nel mezzofondo le differenze fisiche strutturali siano molto limitate”. Bolt ha un suo perchè che trascende ragionamenti su programmazione e allenamenti, mettiamo nel discorso razzial-razzista (sia pure al contrario, il che non lo rende meno razzista) anche i keniani, ma poi non si capisce da cosa derivi nel mezzofondo la presunta superiorità genetica di un maghrebino o un etiope.
3. Discorsi che portano lontano, mentre più vicino a noi abbiamo assistito qualche ora fa alla presentazione della stagione azzurra dell’atletica all’Arena di Milano. Il presidente Franco Arese, al di là di qualche piccolo conflitto di interessi (è il boss di Asics Italia, che è main sponsor della Fidal, un po’ come se Mediaset fosse sponsor del governo…) e di un rapporto con la stampa (partner ufficiali della Fidal sono Corsport e Tuttosport, presto potrebbe entrare nel calderone anche la Gazzetta) che lo esenta da critiche troppo dure dopo i fallimenti estivi, è un vero uomo di sport ed ascoltarlo è un dovere. La buona notizia è che i tesserati Fidal sono aumentati nell’ultimo anno di circa 10mila unità, quella buonissima è che di questi gli under 16 sono 3.666 (siamo in zona number of the beast): in totale in Italia al 31 dicembre 2009 risultavano 163.948 iscritti. Senza esaltazione, perchè l’attività master va elogiata il giusto, ma considerando anche la concorrenza bisogna dire che sono grandi numeri. La regina degli sport non è uno sport di nicchia, per chi la pratica o semplicemente la apprezza. 
4. I soldi sono comunque limitati, quindi il progetto Londra 2012 coinvolgerà solo 14 atleti Under 20, oltre a chi è già nel giro della Nazionale. Il fumo è dato dall’istituzione dei ‘Tutor’, grandi campioni del passato che saranno i referenti per così dire ‘motivazionali’ di un gruppetto di giovani: i tre prescelti sono stati Gabriella Dorio, Fabrizio Mori e…Stefano Baldini (39 anni, ma che risulterebbe ancora in attività). L’idea di base, non esplicitata da Arese ma abbastanza chiara, è che ci si debba concentrare sull’attività di base e su chi almeno in prospettiva può arrivare al vertice. Tutto quello che sta in mezzo, gli atleti al massimo da bassa Coppa Europa (ora European Team Championships), sarà scaricato al parastato a volte demotivante ma quasi sempre necessario dei corpi militari.
5. Sognando a lungo termine con Alessia Trost (oro nel salto in alto ai Mondiali Allievi di Bressanone), Galbieri e Bencosme, la strategia a breve per le medaglie appare chiara. Parola di Arese: ”Dobbiamo recuperare tre grandi campioni: Schwazer, Gibilisco e Howe”. Schwazer è già motivatissimo di suo, Gibilisco era presente in sala con una volata (gli ultimi chilometri in motorino da Linate) da Formia e non è lontano (salti di recente 5,60) dal miglior Gibilisco, mentre su Howe nessuno si sbilancia perchè ogni parola può essere sbagliata. Di sicuro c’è solo che per il campione europeo in carica nel lungo la stagione è persa e la guarigione incerta. In sintesi? E’ un miracolo che l’atletica italiana esista ancora: merito del volontariato e di un sistema etico che la rende migliore di concorrenti più ricchi, non fosse altro che perchè il primo avversario siamo noi stessi e non l’avversario ‘devi morire’ degli sport di squadra e anche di molte discipline individuali. Teniamocela stretta.
stefano@indiscreto.it 

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