Basket

La parabola di Belinelli

Oscar Eleni 16/02/2014

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Caro  direttore, avevo chiuso i pensieri del tormento per la morte di Gianni Asti quando due cose sono intervenute per far capire che i veneti hanno sempre ragione quando ti impongono la loro regola: prima de parlar tasi. Ora ti riscrive un Oscar Eleni onorato di aver ritrovato attraverso Albanese il Campana che ricordavo meglio. Prima fila nella ricerca del perché una cosa può diventare storia di basket, pazienza se poi torna al centro, ma resta questo ricordo di Asti fatto bene.

Poi c’è lo stupore. Avevamo chiuso con Belinelli chiedendogli di avere sempre più fame. Accidenti. Ha vinto la gara nel tiro da tre fra le stelle americane  proprio lui che in estate, quando lavorava con Azzurra Tenera ci aveva fatto venire il dubbio che nel circo NBA gli avessero rovinato l’armonia del tiro imparato a Sangio, perfezionato in Fortitudo anche se il Poz dice che contro di lui faceva al massimo pari nelle gare di tiro. Poca parabola, solo un po’ più alta di quella che faceva sbattere sui ferri, quasi sempre, il tiro di Gentile. Credo, spero, sono quasi sicuro che ci ha lavorato, anche Ale ha migliorato, anche se nella gara americana ha iniziato con due air ball, ma poi si è sbranato Bradley Beal, guarda un po’ l’assonanza dei nomi, 24-18 (24, un solo punto sotto il record assoluto) al tie break dove non è mai arrivato il preferito, lo Stephen Curry di Golden State. Belinelli bravo non solo a tirare, ma anche a reagire a un cattivo inizio senza ascoltare le sirene del genere ‘La vittoria è già esserci, far parte di questo club esclusivo’. Anche nel 2014 la vittoria, almeno nello sport, è vincere.

Impresa da prima pagina anche su giornali dove il basket viene appena tollerato. Petrucci  ha subito mandato il messaggio  dell’amore fraterno e della gratitudine che condividiamo tutti. Chi l’avrebbe mai detto? Da San Giovanni in Persiceto al mondo che li comprende tutti. Forse soltanto Francesco Forni, magari i fratelli e gli amici di Sangio, quasi certamente Repesa e magari anche Tanjevic, di sicuro Pozzecco, di certo, adesso, quasi tutti noi. Io m’inchino, ma non ci avrei scommesso.

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