Produttori che disprezzano il film

22 Gennaio 2008 di Stefano Olivari

1. L’Inter sta diventando come la Juventus ed il Milan del decennio della grande spartizione? Epoca che ha prodotto utili, non necessariamente di bilancio, per tutti ma un colpevole solo…Non è una domanda peregrina, anche uscendo dalle moviole dell’ultima domenica, perché il calcio italiano è famoso nel mondo per la Coppa di Cannavaro ma anche per essere quello che ad alto livello è risultato essere il più finto di tutti. In pratica, se prima un club controllava o influiva direttamente su un vicepresidente federale, due designatori su due (nominati anche da chi si lamentava, fra l’altro) ed una buona percentuale degli arbitri, oltre a designare i giornalisti per i servizi Rai (e la società cugina non era lontana da Mediaset…) perché non potrebbe essere così anche adesso, con altri protagonisti? La purezza indiscutibile di Moratti e del morattismo è un dogma per tifosi o per chi pensa che l’immagine sia tutto, per tacere di chi scrivendo determinate cose ottiene un vantaggio diretto. Nella splendida intervista di Minoli per ‘Mixer’ annata 1984, riproposta ieri sera a RaiTre, Gianni Agnelli dice che nessuno può autodefinirsi galantuomo, sono gli altri a doverlo dire: frase da scolpire nel marmo, al contrario delle insulse battute genere ‘coniglio bagnato’ che facevano sganasciare gli operatori dell’informazione. La dura realtà della natura umana è che un cambio negli assetti di potere non influisce solo sui nomi degli occupanti di qualche poltrona, ma sulla strada che qualcuno pensa sia giusta per fare carriera. Troviamo insomma che trincerarsi dietro la scarsezza di Gervasoni (che fra l’altro non esiste: a dispetto di quanto visto a San Siro, dei giovani arbitri rimane uno dei migliori e non a caso il suo stop sarà limitato) possa avere senso in un paese in cui esiste la fiducia nel sistema, ma non certo da noi. Se le concorrenti dell’Inter pensano che Collina ordini, o almeno attraverso un sistema di premi-punizioni lanci lo stesso messaggio, ai suoi arbitri di avere un occhio di riguardo per l’Inter lo devono denunciare apertamente. Non facendo lo stesso errore del Moratti degli anni della ridicola (come eufemismo anti-querela) ‘sudditanza psicologica’, che pur sapendo tutto in maniera più o meno raccontabile pensava che lamentandosi con Carraro e muovendo qualche pedina politica gli sarebbe stato concesso l’onore della Lazio 2000 o della Roma 2001. Terzo o al massimo secondo sarebbe arrivato sia denunciando che non denunciando, ma sono discorsi ormai vecchi. Non ci sembra sia questa, nel senso della denuncia, la strada percorsa nelle ultime ore da Galliani-Ancelotti, dalla Juventus per bocca di Ranieri e dalla Roma, che non hanno potuto far altro che confermare la fiducia in un designatore che hanno voluto proprio loro, con varie gradazioni di entusiasmo (quello del Milan era massimo, mentre Sensi ha sempre considerato Collina il baluardo contro lo strapotere delle altre grandi), per evitare lo spettro del sorteggio che con una classe arbitrale a medio-alto livello quasi azzerata avrebbe troppo rimescolato le carte. Poi le polemiche si possono fare per interposta persona o interposto giornalista-megafono (magari con rilevatore degli ascolti in casa), come vediamo quotidianamente, ma non è la stessa cosa. Quanto a Buffalo Bill Moggi, che spara gli ultimi colpi (bufale, più che bufali) contro Collina rimpiangendo le belle sim e i bei tempi andati, purtroppo per lui è rimasto credibile solo agli occhi di qualche direttore sportivo di serie C che gli deve la carriera. In sintesi: non è un reato pensare male di un dirigente arbitrale o di un sistema politico, ma non serve a niente lamentarsi domenicalmente e preparare dossier se poi non si vuole cacciare chi è al comando. Non sappiamo ancora se l’Inter sia diventata come la Juventus che tanto criticava, ma di sicuro qualcuno è diventato come quella Inter.

2. Fuori dall’orticello la notizia della settimana calcistica è stata la pietra tombale messa sul G14 dalla diplomazia di Michel Platini e dal documento con cui i quattordici (cioé diciotto) grandi club europei si impegnano a sciogliersi entro breve termine: il 15 febbraio ci sarà un’assemblea, con la fine tecnica, dopo otto anni di controversa vita, rimandata a metà primavera. Fuori dai massimi sistemi sportivi, questo concretamente significa la rinuncia ai quasi 900 milioni di risarcimento chiesti a Uefa e Fifa per gli infortuni dovuti alle nazionali (il Bosman della situazione era stato il marocchino dello Charleroi Abemajid Oulmers) e l’accettazione negli anni a venire di una Champions sì per ricchi e potenti, ma sempre con qualificazioni derivanti dai campionati nazionali. Da qui l’esigenza di tenere calme la Fiorentina o l’Udinese di turno…Insomma, una resa per certi aspetti umiliante, senza nemmeno portare a casa il premio di consolazione degli ottavi di Champions da giocarsi con formula a gironi (e quindi 4 partite assicurate in più). Perché questo autoscioglimento senza apparentemente nulla in cambio? A meno di non credere alle doti ipnotiche di Platini, alla barzelletta del forum dei club (più di cento!) Uefa, l’ECA, o dell’ennesimo organo consultivo creato da Blatter…La dietrologia, in questo caso proveniente da chi si occupa di diritti televisivi, dice che quasi nessuno ha avuto il coraggio di arrivare al punto di rottura e di andare verso una Champions quasi chiusa (tipo l’Eurolega di basket) o addirittura una Lega nuovissima, tipo la interessante EFL che 12 anni fa Media Partners su ispirazione del Milan tirò fuori ad una riunione di Lega. Tanto per fare dei nomi: le tre italiane dubbiose, le inglesi nettamente contrarie (considerano la Premier League nettamente più importante della Champions), il Bayern moderatamente rivoluzionario, con Real e Barcellona invece molto favorevoli allo strappo. Fratture in cui si è infilato Platini, portando a casa un risultato che salverà il calcio delle nazionali (il più vero, che non significa il più spettacolare) almeno per un decennio e darà ai club dei convocati una mancia tutt’altro che simbolica. Perché la ‘davantologia’ è proprio questa: la pace è stata ufficialmente pagata, con le cifre segnalate nel sito della Uefa, www.uefa.com. Per limitarsi a Euro 2008, ogni giorno di ‘presenza’ (si dovrebbe prendere in considerazione una media di due settimane di ritiro, a cui aggiungere tutti i giorni in cui la relativa nazionale rimarrà nella competizione) farà guadagnare ai club di appartenenza circa 4000 mila euro a giocatore. Un calciatore medio porterà quindi indirettamente nelle casse del suo club 120mila euro, in parecchi casi (non azzurri) più del suo ingaggio reale: bella notizia per la classe media, ma per gli ex G14 al di là del principio poco più dei soldi per il caffé. Stessa linea, con cifre differenti, adotterà la Fifa per i Mondiali mentre per le partite di qualificazione il proposito è quello di inventarsi (con molta calma) qualcosa d’altro. Pur non essendo mai nata la Superlega è stata svenduta.

3. Fra le nazionali salvate di sicuro la nostra, che sta vivendo un momento stranissimo. Roberto Donadoni più che qualificarsi a Euro 2008 non poteva fare, anche se in federazione qualcuno avrebbe volentieri spinto in porta quel pallone di McFadden, e rischia seriamente di firmare un contratto che non è un contratto per (non) portare l’Italia a Sudafrica 2010. Abete ha infatti in mente di proporgli entro fine febbraio un rinnovo vincolato al raggiungimento di determinati risultati all’Europeo, non in senso stretto ma nella sostanza. Si è letto di semifinale come obbiettivo minimo, ma è difficile metterlo nero su bianco. La soluzione è stata subito trovata con una clausola di rescissione esercitabile unilateralmente da parte della federazione, che non sarebbe tanto onerosa (diciamo 300mila per l’arrivederci e grazie), così in caso di brutto Europeo il dopo-Donadoni potrebbe incominciare senza grandi traumi finanziari. Ricordiamo che l’unico c.t. della storia recente ad avere incominciato la fase finale di una manifestazione senza un rinnovo in mano era il Trapattoni 2004, ma lui veniva dal fallimento c

oreano…Aspettando l’ormai ecumenico san Lippi (lui ha vinto più di Zeman, quindi secondo l’Italia dei Gigi Riva ha ragione su tutto) o un Ancelotti capace di lasciare il tavolo al momento giusto, la Figc con presente Donadoni ha comunque incassato un buon successo diplomatico nella riunione di Sofia, sia pure contro nessuno, ottenendo il calendario di qualificazione mondiale desiderato. Tutte le date doppie, quindi accoppiate sabato-mercoledì, e nessun impegno a giugno 2009 quando ci sarà da preparare la Confederations Cup in Sudafrica (dal 14 al 28 del mese), che avrà al via oltre alla squadra di Parreira, all’Iraq e agli Usa, anche il Brasile ed i campioni europei, africani e dell’Oceania. Tornando alle qualificazioni mondiali, chiunque sieda sulla panchina azzurra potrà entrare morbidamente: la prima doppietta sarà con Cipro e Georgia. La litania sugli altri che sono più avanti con la preparazione è in ogni caso pronta.

4. E’ difficile trovare un proprietario di società di serie A, o un grande imprenditore di quelli che usano i giornali per sostenere il loro core business, che non abbia una società in Lussemburgo o una fiduciaria in Liechtenstein, ma la morale viene riservata ai Valentino Rossi, ai Cipollini ed ovviamente ai Capello. Tanto più adesso che si può riprendere impunemente qualsiasi cosa scritta dai famigerati ‘tabloid’ (il più venduto dei quali, il Sun, totalizza quanto le vendite ‘vere’ in edicola di tutta la qualitativa stampa italiana, quella di Cogne e Perugia), sia a livello di commenti che di notizie. Che Capello sia sotto indagine della procura di Torino l’ha però scritto per primo il Giornale: inglesi sono state soprattutto le reazioni. Non abbiamo ovviamente più elementi della Procura di Torino per stabilire se quei dieci milioni derivanti da sponsorizzazioni (dei periodi romanisti e juventini) siano evasione, elusione, errore tecnico oppure scelta intelligente per non regalare il proprio lavoro al primario assenteista o alla finta guardia forestale. A sfavore dell’immagine di Capello giocano i precedenti, come la storia della residenza a Campione d’Italia finita con un patteggiamento ed una penosa figura (come rivelato da un’inchiesta di Report, Capello nel 1999 spostò la residenza in un monolocale di 35 metri quadri nell’enclave italiana, per godere di uno sconto fiscale dell’80 per 100), oltre al fatto che adesso alleni in Inghilterra dove la riprovazione sociale di certi comportamenti è di un altro mondo rispetto all’Italia. Di sicuro in un ambiente basato sui soldi in nero, non a caso tutti gli ingaggi da noi vengono discussi al netto, che ad essere svergognati siano sempre i fanti non è di sicuro, come direbbe Moratti (di Capello primo cultore), una cosa simpatica. Allenatori e calciatori dovrebbero buttarsi sull’editoria: tifiamo per Lucarelli…

5. La Coppa Italia ha perso il Milan, ma ha guadagnato un contratto televisivo. Dopo la buona volontà di LaSette per gli ottavi, cinque milioni di elemosina Rai per tredici partite in chiaro non poi così malvagi: due scontri fra Inter e Juve, Fiorentina e Lazio, Roma e Sampdoria, con Udinese e Catania prudentemente dirottate al pomeriggio, semifinali sicuramente buone e poi la finale in partita unica, forse alla presenza di Napolitano, il 24 maggio all’Olimpico sognando un Roma-Inter o un Roma-Juve. Matarrese ha quasi esultato, ma ancora una volta un prodotto potenzialmente interessante per tutto il mondo (da questi quarti non è che in campo vada un fratello di Buffon, c’è proprio il Buffon di Berlino) è stato visto come un fastidio proprio dai produttori. Come se De Laurentiis dopo avere investito milioni su ‘Natale in crociera’ non lo distribuisse nelle sale e implorasse la Rai di dargli almeno visibilità in un orario da concordare…Rispetto alla stagione 2005-2006 il valore televisivo della manifestazione è quindi un quarto: con tutto il male che si può dire del calcio italiano, non è che in un anno e mezzo abbia perso il 75 per 100 dei suoi fedeli, tanto più adesso che le partite sono di fatto scomparse dalla tivù in chiaro. Finché la Lega sarà gestita solo come una camera di compensazione di poteri, dove il ricattatore di turno preme per avere più soldi, la situazione sarà comunque questa: un campionato venduto a scatola chiusa alle pay-tv, senza stare a sottilizzare sulla qualità, una Coppa Italia semiclandestina e una Champions che sul piano finanziario falserà sempre di più i campionati nazionali in stile Rosenborg (vincitore di 14 degli ultimi 16 scudetti norvegesi). Il monte ingaggi della Fiorentina, legittima aspirante alla Champions, è un quarto rispetto ad ognuna delle due milanesi, un terzo rispetto alla Juve e metà della cifra messa a bilancio dalla Roma, ma diciamo che la Lega è unita. Almeno fino al primo ricorso alla Corte Costituzionale contro la melandrata della vendita collettiva. Prima abbiamo citato Lucarelli, ora lo rifacciamo: tenetevi il miliardo…

(pubblicato su www.settimanasportiva.it)

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