Cinema

Kamikazen, la fine delle illusioni

Stefano Olivari 14/10/2022

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Ci sono film strani e sgradevoli, ma che ci toccano nel profondo. Uno di questi è Kamikazen – Ultima notte a Milano, rivisto la settimana scorsa ed apprezzato come 35 anni fa. Ci ha toccato nel profondo perché Gabriele Salvatores, poco prima del grande successo di Marrakech Express, Turné e Mediterraneo, riesce a rappresentare la Milano degli anni Ottanta dal punto di vista degli sfigati. Ma senza farne una questione politica, anzi: l’ambizione di quel gruppo di comici, che pagano il loro disonesto manager per potersi esibire in un locale schifoso, è quella di essere contattati dalla Fininvest per partecipare a Drive In. Il sistema non è minimamente in discussione.

Non esiste un vero protagonista, ma la scena se la prende Paolo Rossi, che nel cinema aveva e avrebbe combinato poco (però noi sappiamo dare il giusto peso anche alla particina in Via Montenapoleone), con una notte folle in cui riesce a rompere con la fidanzata (Lucia Vasini), farsi licenziare da inserviente della Stazione Centrale, portare una sconosciuta a Vigevano, consolare un amico (Gigio Alberti), ricevere lezioni di vita da vari soggetti, farsi arrestare e preparare il numero che dovrebbe cambiargli la vita. A parte lui Il film è pieno di figure maggiori e minori del mondo che ruotava intorno allo Zelig, Bisio in testa, ma a dominare è una Milano notturna e periferica fatta di scale umide e buie, di disordine, di provvisorietà.

Nessuno dei presenti aveva ancora raggiunto il successo, a partire da Salvatores, per proseguire con Aldo e Giovanni senza Giacomo, Silvio Orlando, eccetera, e la cosa contribuisce al senso di innocenza che si respira. Una Milano non proprio da bere, in cui tutti vedono opportunità che poi in realtà non ci sono. Ma il solo pensiero aiuta ad andare avanti, perché poi quasi tutti l’occasione della vita non la coglieranno. Nello squallido Bounty, gestito da Nanni Svampa, il caso vuole infatti che ci sia davvero una dirigente della Fininvest, una splendida Mara Venier, che non può far altro che fotografare la realtà: quasi nessun comico fa ridere (e rivedendo David Riondino il concetto è più chiaro), anche se alla fine qualcuno lo ingaggerà.

In definitiva Kamikazen è un brutto film ed il passare del tempo non lo ha migliorato, ma pur scontando l’effetto parrocchietta ha una sua atmosfera e un suo stile. Inoltre non appartiene ad alcun genere, certo non a quello comico. Per questo non è datato, come non è datata la fine delle illusioni. Il titolo arriva dal nome di un cavallo che si vede all’inizio, prima del memorabile (“C’è in giro dei pirla, ragazzi“) cameo di Abatantuono all’ippodromo, quasi ad annunciare tempi migliori per molti. Ma non per tutti.

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