Attualità

Il declino di Brooks Brothers

Indiscreto 13/06/2020

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Brooks Brothers è sull’orlo del fallimento, come si diceva da mesi e come ha scritto nelle scorse ore Bloomberg, che ha anche aggiunto i nomi di due potenziali compratori (Simon Property e Authentic Brands) di un’azienza storica (fondata nel 1818 a New York) e di un marchio ancora più storico.

Perché nell’immaginario collettivo Brooks Brothers, con le camicie e tutto il resto, rimane associato a Wall Street pur avendo aperto negozi in tutto il mondo ed avere quindi perso un po’ la magia dell’avere un amico che ti porta le camicie da New York (ormai i punti vendita sono quasi 500), versione più cool e di quello che ti portava i Barbour da Londra.

Brooks Brothers è da quasi 20 anni, dal 2001, di proprietà di Claudio Del Vecchio, primogenito (su sei figli totali) del più noto Leonardo (il patron di Luxottica è l’italiano più ricco) e anche lui non un ragazzino, visto che ha 63 anni: la comprò che già non era più statunitense, dagli inglesi di Marks & Spencer. L’azienda con una clientela sia business sia aspirazionale-wannabe (il nostro provincialismo esterofilo si è spinto fino a comprare le camicie in Madison Avenue) andava male già prima del Covid-19 e gli analisti di Bloomberg spiegano che non è stata capace di affrontare la transizione verso quello che definiscono ‘leisure, street and athletic wear’.

Qui dal bar dei cinesi, sfogliando Milano Finanza sul bancone della Sammontana, ci permettiamo di non essere d’accordo, dall’alto delle nostre 6 camicie Brooks Brothers (davvero le migliori, sembrano sempre appena messe) nell’armadio. Nessuno identifica Brooks Brothers con il vestirsi casual, anzi il suo cliente tipo è uno che non ha vie di mezzo fra un abbigliamento da relazioni sociali e la tuta sformata della Legea con cui si guardano i gol della B. Di certo la sempre più grande percentuale di persone che vive tappata in casa anche per lavorare rema contro l’industria dell’abbigliamento di qualità e ancora di più contro il commercio.

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