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I tre pallini di Tornatore

Stefano Olivari 08/01/2013

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Atmosfera mitteleuropea. Una di quelle espressioni che si tirano fuori in automatico quando si vuole descrivere l’ambientazione di un film o di un libro in città eleganti, tristi, sospese nel tempo e nello spazio, che assomigliano un po’ tutte a un quartiere di Vienna. Ecco: nell’ultimo film di Giuseppe Tornatore, La migliore offerta, se c’è una cosa che non manca è proprio l’atmosfera mitteleuropea. Che non fa rimpiangere i suoi film italiani, per non dire siciliani, da Maléna a Baarìa, fatti per confermare certi stereotipi a beneficio del mercato internazionale (al confronto i pescatori di Dolce & Gabbana che annusano le mutandine rappresentano il nuovo), e conferma che Tornatore ha davvero un grande passo quando parla e dirige in terza persona. Il personaggio del battitore d’aste e collezionista d’arte Virgil Oldman (interpretato dal Geoffrey Rush de Il discorso del re) è secondo solo al pianista sull’oceano come atemporalità, tutti gli altri sono fortemente caratterizzati ma mai macchiettistici. Una storia di solitudine, di ossessione e di disonestà (a maggior ragione con sé stessi) che l’arte e nessuna altra passione possono canalizzare o sublimare, che gioca insieme allo spettore: il quale va incontro consapevole alla fregatura e in fondo la accetta, come Oldman (il vecchio e la giovane, un film già visto in tutti i sensi e quasi sempre con lo stesso finale) senza però immaginare che al momento decisivo la fregatura si sposta su un piano superiore. C’erano molti ingredienti per un noioso film d’autore, dalla Mitteleeuropa di cui sopra all’agorafobia, ma Tornatore slalomeggia fra le trappole del genere (prima fra tutte la scopata ‘esistenziale’) e si mette al servizio del suo film. Molti critici gli hanno dato tre stelle o pallini sui cinque massimi, pensavano forse di fargli un dispetto. Come se avesse tradito chissà quale canone autoriale per il solo gusto della sorpresa. E quindi del cinema cinema.

La migliore offerta, di Giuseppe Tornatore (Italia, 2013, durata 124′). Con Geoffrey Rush, Jim Sturgess, Sylvia Hoeks e Donald Sutherland.

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