Esercizi di ciclostile

Fermiamoci al Pavesi

Stefano Olivari 16/06/2008

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1. Vedi il Delfinato e poi muori dalla voglia di Grande Boucle, di saggiare la pasta dei capitani, di stabilire chi c’è, chi ci fa, chi ci sarà. Ancora sulla Croix de Fer, tra cinque settimane. Cadel Evans c’è, come sempre. Avanti il prossimo che lo anticiperà come già negli ultimi tre Tour, Contador, Pereiro Sio, Klöden, Sastre e prima Armstrong, Basso, Ullrich, Mancebo, Vinokourov, Leipheimer, Rasmussen. Elenco dezaniano da spuntare, per concludere che degli undici avversari dell’australiano, solo due ricominceranno da Brest, sabato 5/7. E né un Pereiro Sio al massimo, né un Sastre al minimo (a La Toussuire ritardo di 7’08”) potranno mai insidiarlo. Alejandro Valverde ci fa invece più di un pensierino, tema: il candidato alla maglia gialla 2008 illustri le prove concrete di una sua effettiva tenuta nella terza settimana, quando prima di spingere a cronometro servirà tirare dai piedi della Bonette alla vetta dell’Alpe d’Huez. Esame di maturità. Ci saranno infine occasioni future anche per Robert Gesink e Maxime Monfort. Per adesso, basterà loro un piazzamento.
2. Tom Boonen è il pupone delle Fiandre, lo sportivo più famoso del Belgio, tra i tre nomi noti a più del 90% dell’intera popolazione (dietro ad Alberto II e a Paola Ruffo di Calabria, ma davanti al premier Yves Leterme). Finito nella polvere bianca, ancora non si sa in quanto assaggiatore o cocainomane o spacciatore, ci resterà sotto tutela personale e giudiziaria del suo team manager Patrick Lefevere e consulenti legali, gregari del capitano uomo immagine Quick Step. A proposito, sponsor ufficiali e tecnici della squadra hanno rinnovato il contratto fino al 2011: dov’è questa crisi? Per l’anno prossimo confermatissimo anche Stijn Devolder, Giovanni Visconti non ancora. Lo stravincitore dell’ultima Roubaix non ha cercato scuse migliori di un’ammissione di colpa al cerchio (“Aspetterò che passi l’effetto mediatico”) e di una alla botte (“No, non sono perfetto”) per giustificare gocce di benzoilecgonina nella sua pipì del 26/5. Alla peggio la difesa Uci cavalca un cavillo del Codice mondiale antidoping. Tanto che l’Aso non avrebbe alcun diritto di fare barrage.
3. Tornano i Mondiali ad agosto e la sospensione dei corridori per almeno quindici giorni, a tutela della loro salute. Rispettivamente dal 2012 (meglio tardi che mai) e presto, prestissimo. Rispettivamente a diciotto anni di distanza dall’Iride di Luc Leblanc e a dieci anni da quei troppi passaggi a livelli d’ematocrito sotto e sopra il 50%, sanguinoso compromesso accettato da tutti (il pericolo di trombosi è il nostro mestiere). Il secondo provvedimento si chiamerà “No start” e scatterà automaticamente, accertate irregolarità nei due profili disegnati dal passaporto biologico, ematologico e steroideo. Così usa per il più incredibile (o meno credibile) degli sport professionistici, non per questo il più malsano o il meno controllato. Il Consiglio direttivo della Federazione internazionale – riunito a Snekkersten, Danimarca – ha infine applicato alcune blande, inevitabili sanzioni, contro l’organismo nazionale francese. L’Aso fa da sé il Tour de France, ha ormai conquistato una posizione di forza. L’Uci reagisce debolmente, forse già studia come trattare la resa.
4. Attilio Pavesi è “l’eroe dimenticato”, il più vecchio campione olimpico italiano, il nome di un velodromo e di un museo intitolatigli da vivo (a Fiorenzuola d’Arda, la città dell’autogrill e della 6 Giorni delle Rose). Ma la prima etichetta è stata fatta stampare da La Nación di Buenos Aires ormai tre anni orsono, e nel frattempo la notizia del recupero nella memoria dei suoi due ori a Los Angeles 1932, si tramanda di generazione in generazione anche fuori Caorso e fuori la stanza di una casa di riposo di San Miguel, Argentina. Dove il novantottenne piacentino si trova oggi ricoverato. All’opera di divulgazione storica contribuisce in ultimo Graziano Zilli, autore di un repertorio straordinario di tante vicende personali e professionali, fatte riemergere di qua e di là dell’oceano. Lo sbarco dall’Italia in sella a una Tansini, seconda bici dopo la Cesare Battisti della gioventù. Una foto con Anita Page, l’attrice di Hollywood della quale si era invaghito. Il carisma dell’organizzatore. Tango della nostalgia: “È finito quel tempo che fu: Meazza, Girardengo, Pavesi e poi più”.

Francesco Vergani
francescovergani@yahoo.it

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