Audace colpo del solito noto

20 Ottobre 2008 di Stefano Olivari

1. Como. Rispettati pronostico, pubblico, patron dei laminati d’acciaio prerivestiti. Damiano Cunego è uno di parola. Ha vinto tre degli ultimi cinque Lombardia ridisegnati intorno al lago, tracciati con Ghisallo, Civiglio e San Fermo della Battaglia negli ultimi 60, vorticosi km. In uno ha regolato allo sprint Michael Boogerd, Ivan Basso e Cadel Evans. In un altro, l’anno passato, ha tenuto Riccardo Riccò in salita e l’ha passato facile sul Lungo Lario Trento. Ma è nel Giro di sabato scorso che gli è riuscito il colpo più difficile, anzi audace per il solito noto con la volata a favore. Invece attacco in discesa dai -15, come già nel 2004 e nel 2007. Poi a tutta, da solo, su e giù tra le ville di Adriano e José Mourinho. Con un vantaggio congelato fin sotto il traguardo: successo che conta, indicato a braccia alzate con un gesto della mano. Un numero. All’arrivo, l’ex preparato da Luigi Cecchini avverte freddezza. Improvvisa una polemica a caldo: “Visto come finiscono, le mia stagioni così così?”. E chiede serio di essere creduto fino in fondo, quando si dichiara “Doping Free”.
2. Si fa presto a dire radiazione. Ma dalla sola federazione d’appertenenza o forse, per esteso, a tutte quelle aderenti all’Uci, riconosciuta dal Cio? E dalle altre organizzazioni per la pratica sportiva? Provvedimento di radiazione da assumersi in quali casi, con riferimento a quali leggi? Al più tardi, più giusto constatare la sostanziale impraticabilità e inammissibilità giuridica, di una condanna senza appello che non costa nulla ad essere pronunciata fuori dall’aula di un tribunale anti-doping, secondo il principio universale di graduale e proporzionale antipatia, nei confronti di un imputato d’occasione. Altro paio di maniche (neanche larghe), prendere poi le misure di un ordinamento – per esempio quello nazionale – che già prevede l’eventuale ricorso alla pena suddetta, dati aggravanti e particolari circostanze. Addirittura, si ricorda il caso recente nientemeno che di una squalifica a vita: comminata a un ex iridato della crono da under 23, condannato alla gestione di un reparto ciclismo nella grande distribuzione. Niente sconti per nessuno, sulla carta. E non da oggi.
3. I suoi primi cinquant’anni 3. Riassumendo: Jeannie Longo-Ciprelli, da nubile, vince di tutto di più in almeno tre discipline (solo il pianoforte non è il suo forte: sei partecipazioni sei mezze delusioni, al Concorso musicale internazionale giovanile di Besancon). Da coniugata, ecco invece le prime sorprendenti sconfitte. Tour de France 1985 e 1986, battutissima da Maria Canins. E per almeno un lustro il loro dualismo, categoria giornalistico-ciclistica a priori, regala in particolare all’evento Amaury e in generale all’intero settore femminile, un interesse tecnico, mediatico, economico, a livelli – in proporzione – mai più raggiunti da allora, da quando la quattro volte campionessa del mondo su strada, in linea, al 1989, rimontò da 0-2 a 3-2 nella sfida personale a tappe, alla dominatrice di una Vasaloppet e di dieci Marcialonga consecutive, nella stagione sportiva invernale. D’estate lancio e rilancio di una campagna pubblicitaria per un’azienda di prodotti supplementi nutrizionali, con l’ufficiale della Legion d’honneur testimonial. In prevalenza di creatina. (Continua).

Francesco Vergani
francescovergani@yahoo.it
Share this article