Processato come Povia

27 Agosto 2009 di Stefano Olivari

L’intervista a tutto campo di Marcello Lippi, quella in cui ha parlato anche dell’impossibilità per i gay nel calcio di esporsi, era lunga ed articolata ma ovviamente ha generato le solite reazioni automatiche: quella del bar machista, pieno di ‘sublimatori’ inconsapevoli, e quella dei Grillini (nome non fatto a caso, anche ieri dominatore delle agenzie) della situazione pronti sempre a lanciare l’allarme democratico a seconda dell’ultimo take dell’Ansa. Perché se un omosessuale che alle 4 di notte gira per una zona malfamata con un orologio Cartier viene derubato e picchiato si grida all’omofobia e non all’assenza di sicurezza per il cittadino (o al limite alla cretinaggine della vittima). All’onnipresente ed inspiegabile Klaus Davi il c.t. ha semplicemente detto che la cultura dello spogliatoio 2009 magari consentirebbe anche a due calciatori di esporsi come fidanzati, ma che per mancanza di argomenti (ed anche noi con questo post ne siamo un buon esempio) il sistema mediatico parlerebbe alla fine solo di questo aspetto della loro vita. Con comprensibili effetti presso i piccoli lord che frequentano gli stadi. Una considerazione sensata, più di quelle del cattivo consigliere di un supercampione (mai allenato da Lippi) della serie A che qualche mese fa voleva convincerlo a rivelarsi diventando così un eroe del movimento gay nei secoli. Però adesso Lippi, colpevole di tante cose (fra cui non convocare i giocatori con il procuratore sbagliato, non ci riferiamo certo a Cassano) ma non di ottusità, sarà costretto a chiarire, smussare, spiegare, una cosa chiarissima per evitare un processo in stile Povia. Ce li meritiamo, quelli che ‘ci aspettano dieci finali’.

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