Numero chiuso a medicina

26 Aprile 2024 di Stefano Olivari

Numero chiuso a medicina? Una domanda che interessa anche chi non è un medico, né ambisce a diventarlo, visto che tutti prima o poi del medico abbiamo bisogno. Lo spunto ovviamente arriva dalla riforma che dovrebbe partire nel 2025, voluta un po’ da tutte le parti politiche e quindi poco presente nel dibattito nonostante sia un tema che tocca direttamente la vita vera. Nella sostanza, decreti legislativi permettendo, sarà libera l’iscrizione al primo anno di medicina, di odontoiatria e di veterinaria senza bisogno del test di ammissione.

Non si tratta in ogni caso del ritorno all’Italia di una volta, in cui tutti potevano arrivare alla laurea in medicina, visto che lo sbarramento ci sarà lo stesso. Soltanto avverrà alla fine del primo semestre, con modalità ancora da chiarire: gli esami fatti di sicuro, forse anche un test o un esame ulteriore. Gli scartati dopo questo primo semestre avranno la possibilità di tenere buoni gli esami passando ad un altro corso di laurea (ovviamente non scienze della comunicazione o storia medioevale) che all’inizio avranno indicato come seconda scelta. Tutto un po’ vago, ma il principio è chiaro: in qualche modo il numero dei medici va limitato.

Poi ci siamo noi del bar preoccupati per il futuro di Klopp, che un giorno sì e l’altro anche leggiamo che mancano medici e soprattutto medici e pediatri di famiglia, cosa che del resto si può verificare anche di persona quando uno va in pensione e si è costretti a trovarne un altro nuovo. Per numero di medici ogni 100.000 abitanti l’Italia è quattordicesima in Europa, anche se il vero problema non è quantitativo ma che alcune specializzazioni rimangano scoperte nonostante i posti vacanti a disposizione. Del resto perché uno, anche con il fuoco sacro della medicina, dovrebbe studiare mille anni per farsi spaccare la testa dai parenti di un delinquente al pronto soccorso?

Un Di qua o di là politicamente trasversale, quindi, che una volta tanto ci vede semi-competenti avendo vissuto da vicino il percorso di tanti medici (a partire dalla moglie) fra concorsi e trasferimenti di ogni tipo. Di sicuro medicina non è una facoltà come le altre, perché già dal secondo anno prevede una qualche forma di presenza in ospedale. Se già è insostenibile il codazzo attuale, con il professore-barone seguito da cinquanta studenti, cosa potrebbe succedere (e cosa succedeva una volta, in epoca Guido Tersilli) con l’accesso libero?

Lo stesso collo di bottiglia della specializzazione, con i posti quadruplicati nel post Covid, nel corso degli anni dovrebbe essere superato. Se poi uno non ha voglia di passare la vita a fare ricette e ad ascoltare le lamentele della vecchina catarrosa, ma ambisce a diventare un grande cardiochirurgo, non ci si può fare niente e non è nemmeno questione di soldi. Un argomento a favore del numero aperto è che aumentando il numero dei medici, formati più o meno bene, aumentano anche le probabilità di coprire i posti meno ambiti. Detto questo, chiediamo ai competenti: numero chiuso a medicina? Siamo molto combattuti: la razionalità direbbe numero chiuso, ma certe prese di posizione dei medici ricordano quelle dei tassisti.

stefano@indiscreto.net

 

 

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