Personaggi finti e teppisti veri

14 Aprile 2009 di Stefano Olivari

Nel sabato del troppo annunciato cordoglio mediamente meglio il pubblico rispetto ai protagonisti, il che è tutto dire. Prendiamola bene: una giornata di stop alla serie A non avrebbe aiutato l’Abruzzo, mentre qualche magro incasso per dare aiuto immediato è sempre meglio di niente. I tafferugli nei dintorni dell’Olimpico di Roma non rappresentano più una notizia: per motivi di ordine pubblico e di mero controllo, difficili da accettare in un paese civile ma comunque comprensibili, da quasi vent’anni ministri degli Interni di varie estrazioni culturali hanno scelto di creare zone franche dove lasciar sfogare la feccia. In varie città, ovviamente in tutte quelle di certe dimensioni, ma soprattutto nella Capitale: siamo brutalmente d’accordo, a meno di pensare che sia meglio darsi appuntamento alla Fontana di Trevi. La ritrita frase ‘gente che con il calcio ha poco a che fare’, tirata fuori anche dall’operatore Rai (romanista) ferito nel parapiglia, è secondo noi corretta: il tifoso medio sarà anche becero, ma non ha coraggio fisico, mentre il teppista per così dire ‘sociale’ cerca un modo secondo lui ‘etico’ in cui canalizzare la sua violenza. Nessun ayatollah radiofonico trasforma un tifoso in un delinquente, nemmeno con la retorica del derby che è una partita particolare ‘soprattutto da noi’ (l’abbiamo sentita anche a Genova e Milano: che sia una cazzata?). Poi possiamo anche discutere all’infinito dei comportamenti di Spalletti o di Totti, personaggi finti (ma sempre ‘uomini veri’) raccontati da giornalisti a volte finti, ma chi va allo stadio con un coltello non sta a sottilizzare sul rigore che c’era oppure no.

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