Lo stupore per Dragon’s Lair

22 Aprile 2021 di Paolo Morati

Quando nelle sale giochi uscì Dragon’s Lair rimanemmo tutti a bocca aperta. Guardandolo. Giocandolo un po’ meno. La ragione è presto detta: i nostri occhi erano rimasti abbagliati nel vedere un arcade con una grafica così simile (anzi identica) a quella di un cartone animato laddove (anno di uscita 1983) altrove ancora si notavano pixel grossolani e limitazioni evidenti.

Tuttavia c’era un trucco. Dragon’s Lair, prodotto dalla Cinematronics, era basato su laserdisc, l’avveniristico supporto che sembrava destinato a sostituire le videocassette, senza di fatto riuscirci e prima che queste lasciassero il campo al DVD. Quindi molto più video e meno gioco, mettendoci nei panni di un cavaliere (Dirk) lanciatosi al salvataggio di una principessa (Daphne) prigioniera di un drago. Trama avvincente, grafica straordinaria, ma meccanismo di gioco limitato visto che si trattava di impartire i comandi giusti in ogni scena per arrivare alla fine con successo. Insomma, in Dragon’s Lair muovevamo la levetta del joystick, premevano i pulsanti, e se questo avveniva nel modo e nei tempi corretti ci salvavamo passando alla scena successiva. Altrimenti facevamo una brutta fine.

Costosissimo sia per i suoi produttori sia per i videogiocatori dell’epoca (almeno il doppio rispetto agli altri arcade), Dragon’s Lair è entrato comunque nella storia, anche se non per l’azione e la profondità di gioco. Una volta finito, in una decina di minuti, nulla spingeva a rigiocarlo e a dire il vero noi non ricordiamo di averlo praticato più di tanto, mettendolo rapidamente da parte per tornare di corsa ai veri arcade. Come altri videogiochi entrati nel mito Dragon’s Lair è arrivato a PlayStation e Xbox, ma onestamente il suo valore è soprattutto di tipo storico.

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