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Calcio

Il calcio di Pelé

Paolo Morati 30/12/2022

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La scomparsa di Pelé ci impone di parlare di un videogioco. L’unico ad aver riportato nel titolo il nome di quello che è stato considerato a lungo il più grande calciatore del suo tempo, nonostante in Europa ben pochi lo abbiano visto veramente in azione, se non in amichevole, in un’epoca in cui l’immagine di uno sportivo non era ancora facilmente usata come avviene adesso come veicolo promozionale. Anzi a memoria quello di Pelé’s Soccer, il videogioco pubblicato nel 1981 per l’Atari VCS 2600 e in origine semplicemente chiamato Championship Soccer, fu il primo caso (per forza di cose, siamo nella prima era d’oro dei videogiochi) del genere in ambito calcistico. Ne seguirono poi tanti altri, anche con nomi magari ai più sconosciuti: a noi viene spesso in mente lo sciagurato Peter Beardsley’s International Football, per fare un esempio.

Tornando a Pelé’s Soccer, la cartuccia della Atari riportava un magnifico disegno del fuoriclasse brasiliano capace di attirare l’attenzione insieme alle declamate 54 varianti che in realtà cambiavano sostanzialmente solo alcuni aspetti di una partita vista dall’alto, tre contro tre più il portiere, senza possibilità di spostare liberamente i singoli giocatori schierati in formazione a freccia, con i piedi che spuntavano dai testoni. Al gol fuochi d’artificio per poi ripartire lungo il campo a macinare chilometri, sorta di precursori di Oliver Hutton.

Eppure la magia di Pelé’s Soccer c’era tutta pure nei suoi evidenti limiti, forse per quel faccione imperioso stampato sulla confezione, ed era capace di conquistarci in lunghe partite a due o contro la console immaginando di essere veramente su un campo di calcio. Niente a che vedere rispetto a NASL Soccer dell’IntelliVision che già nel 1980 aveva stupito prima gli USA e poi il mondo rispetto all simulazioni della console rivale, in vero più in termini grafici che di giocabilità. Da lì è poi stato un rincorrersi fino ai giorni nostri, in cui ormai si fa fatica a distinguere il falso dal vero, con i ragazzini che preferiscono stare con i gamepad in mano mentre magari in TV viene trasmessa la partita della vita, nell’attesa degli highlights. Eppure anche loro oggi sono a condividere la foto di Pelé su Instagram, conquistati dal mito.

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Pelé’s passing forces us to talk about a video game. The only one to feature in its title the name of what has long been considered the greatest soccer player of his time, despite the fact that in Europe very few really saw him in action, except in friendly matches, at a time when the image of a sportsman was not yet as easily used as it is now as a promotional vehicle. Indeed, from memory that of Pelé’s Soccer, the video game released in 1981 for the Atari VCS 2600 and originally simply called Championship Soccer, was the first case (by necessity, we are in the first golden age of video games) of the genre in soccer. Many others followed, even with names perhaps unknown to most: we are often reminded of the ill-fated Peter Beardsley’s International Football, to give one example.

Returning to Pelé’s Soccer, Atari’s cartridge carried a magnificent drawing of the Brazilian star player capable of attracting attention along with the acclaimed 54 variants that in reality substantially changed only a few aspects of a game seen from above, three against three plus the goalkeeper, with no possibility of move singularly the individual players lined up in an arrow formation, their feet sticking out of their big heads. At the goal fireworks then set off down the field to grind out the miles, sort of precursors to Oliver Hutton.

Yet the magic of Pelé’s Soccer was all there even in its obvious limitations, perhaps because of that imperious big face printed on the packaging, and it was capable of winning us over in long matches of two or against the console imagining we were really on a soccer field. Nothing compared to IntelliVision’s NASL Soccer, which back in 1980 had amazed first the U.S. and then the world compared to rival console simulations, in truth more in terms of graphics than playability. From there it was then a chase to the present day, where it is now hard to distinguish the fake from the real, with kids preferring to stand with gamepads in their hands while perhaps the game of a lifetime is broadcast on TV, waiting for the highlights. Yet even they today are sharing Pelé’s photo on Instagram, attracted by the myth.

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