Cinema

La grazia di Pinoteau

Stefano Olivari 08/10/2012

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Claude Pinoteau sarà per sempre il regista del Tempo delle Mele (La Boum, secondo il titolo francese originale, cioè la festa). Lo era da vivo, a maggior ragione rimarrà adesso che è morto (a 87 anni a Neully-sur-Seine, il ricco comune di cui è stato sindaco per quasi vent’anni Sarkozy). Pur essendo stato assistente di Cocteau, Melville e Lelouch non era di sicuro uno spocchioso che si vergogognava del successo commerciale (forse perché l’aveva raggiunto a quasi sessant’anni, superando la fama dei fratelli: il regista Jack e l’attrice Arlette). Arrivato grazie a Le Silencieux, con Lino Ventura e Lea Massari, proseguito con La Gifle (sempre con Lino Ventura, più Annie Girardot ed una emergentissima Isabelle Adjani), tramandato ai posteri con La Boum 1 e La Boum 2, rarissimi esempi di cinema generazionale (dove la generazione è ovviamente quella di chi è stato bambino o adolescente negli anni Ottanta, altrimenti non ne parleremmo) che non tocca gli abissi del trash nemmeno rivisto con gli occhi di oggi. Di più: Pinoteau ha diretto anche L’étudiante, nel 1988, da noi impropriamente distribuito come Tempo delle Mele 3 ma che del Tempo delle Mele aveva solo regista e protagonista (lei, la divina Sophie Marceau) e non un aggancio a livello di trama. Anche i più giovani sanno di cosa stiamo parlando, vista la quantità infinita di repliche televisive, non conosciamo un solo cultore del Tempo delle Mele che non abbia come scena preferita quella in cui Mathieu mette mette le cuffie del walkman, con tanto di Reality (cantata da Richard Sanderson), alle orecchie di Vic durante le festa e insieme ballano al loro ritmo. Diverso da quello di tutti gli altri. Gli anni Ottanta sono tutti in questi pochi secondi. Ed è notevole che il migliore nel raccontare quei ragazzini sia stato un uomo all’epoca di 55 anni. Grande Pinoteau, toccato dalla grazia almeno per qualche ora della sua vita.

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