Il trucco di Nefertiti

1 Febbraio 2010 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
Menestrelli senza maestri, Peterson in barca, Pianigiani dimezzato, il sorteggio sospetto. Pagelle a Minucci, Triboldi, Becirovic, Frates, Green, Meneghin, Vitali, Tola, Stern e Obama…

Oscar Eleni, o almeno quella che resta di lui dopo aver ascoltato l’ultima predica in tutù, da una vasca piena di rose nel centro del Cairo, mentre intorno infuria la bufera per la vittoria dei calciatori alla coppa d’Africa, convinto a non usare il trucco della regina Nefertiti perché gli americani, sempre loro che mangiano volentieri plastica, hanno scoperto che era tossico e se ti lasciavi andare non c’era protezione garantita né dal dio Horus, né dal dio Ra. I truccatori, però, insistono. Hanno la voce e le facce dei tromboncini televisivi che seguono la corrente del Nilo azzurro nella valle dell’eco, dove i piccoli faraoni ordinano una nuova piramide, intimando agli schiavi di dare un calcio al passato. Non lo faremo, ma non per nostalgia dei tempi in cui il basket italiano era quello che indicava la strada, non per il rimpianto di sentirsi magari snobbati da questi poveri menestrelli, ma soltanto perché era davvero tutto molto più bello e a conciarlo così sono questi nuovi profeti. Quando decidi di risparmiare sugli stipendi agli allenatori dei giovani, quando vai dietro alle statistiche e non cerchi nell’anima di un giocatore, quando credi a tutte le bugie di questi finti centurioni del lavoro, quando non segui il sacro concetto veneto dove si invitano allenatori, presidenti, giocatorini con il braccio corto e la mente confusa, a tacere prima di parlare, allora il calcio nel sederone lo diamo a questi fasuli che fingono di commuoversi appena cercano di celebrare maestri che non hanno mai avuto e che, quando questi maestri erano in vita, imitavano nelle cose peggiori, mai in quelle che avrebbero aiutato la loro crescita.
Ci siamo fatti prestare gli occhi da James Ellroy, il grande scrittore americano a cui piace raccontare la violenza, il Male, ma con ottimismo, dice lui, anche se la sua lama taglia proprio dove vorremmo tagliare noi adesso che abbiamo visto naufragare, senza tanta dolcezza, la barca del presidente federale, accompagnato da Peterson, nel furore generale della fureria federale, dentro il mare grande del basket americano. Dino accolto con gli onori dovuti ad uno che è nella Casa della Gloria a Springfield (come da noi? Come hanno fatto certi sapientoni della casa cantiniera di Lega) mentre i topolini nel formaggio saltellavano intorno a Petrucci in visita pastorale a Biella. Lui, il numero uno del nostro basket, a guardare in faccia i tre ragazzi d’oro che fingono di ascoltarlo, ma che hanno già le scuse pronte per saltare fuori dalla maglia azzurra. Gli altri, i numeri zero del consiglio federale, scatenati nel fare i dispetti a Simone Pianigiani, con la speranza che perda la testa.
Il nuovo commissario tecnico dice un nome e i bidelli di via Vitorchiano, in coro, ne dicono un altro. Gli hanno fatto passare, come assistenti, Dalmonte e Capobianco, ma chiusa lì. Su Caja ci sarà da discutere, mentre noi prigionieri del sogno ci chiediamo come sia possibile che il capo allenatore, quello che deve riformare tutto, non abbia in mano anche le scelte tecniche per il settore giovanile, quello dove un tempo si costruivano giocatori, quello che oggi serve soprattutto per fabbricare consensi e nuovi voti. Certo che le povere creature sono sempre state prese in ostaggio da chi cercava voti, così come era importante andare anche in posti dove era più facile farsi male che allenarsi, ma se esageravano trovavano contro non un muro di coristi, non la gomma di questa Lega scorporata che cede sempre con fermezza, ultimo il caso della coppa Italia, ma gente tosta.
Certo non riusciamo ad immaginare il Tony Manero Vacirca che da assente ingiustificato nell’assemblea di Lega dove si decideva la sede, dopo aver ricevuto tutte le lezioni dal solito Sabatini, si alza in piedi urlando addirittura che il sorteggio è stato fasullo. Lui lascia la delega a Biella, si fida prima, ma poi non si fida più. Non diciamo ai tempi di Porelli, perché l’avvocatone sarebbe andato a comprare scarpe chiodate in Montegranaro per poi inseguire sul vialone principale il “bravo manager”, ma in un periodo qualsiasi della storia societaria questa finta ribellione non sarebbe davvero passata. Come si può convivere con chi sospetta che si trucchino anche sorteggi banali, perché, banalmente, a qualcuno, Siena, prima o poi, dovrà toccare? Prima di parlare taci diceva il pilone della mischia al fringuello che dai trequarti gli saltellava intorno, pronto a scappare, mentre lui era già all’inferno, anche se credeva di essere nato per rivoluzionarlo questo inferno. Non ce la fanno. Parlano, straparlano e la famosa scuola italiana del tiro a segno vive di gloria se il tiro da tre va dentro e poi sussurra nel bagno degli spogliatoi che ci vorrebbero anche palle dentro, palle sotto, palle vere in difesa. Ma non conta. Braghette corte, calze lunghe, ma, come dicevano sotto i portici a Bologna, almeno si vedevano i maroni e non si ascoltavano le marronate di questi paggi Fernando che fanno i corifei, che ripetono banalità per giocate straordinarie, stagioni straordinarie, per uno straordinario e ricercato spiraglio nelle parole più false per far sapere che non saranno mai ripetitivi.
Pagelle e mantieni la calma nel bagno di rose, ma non dire che sei lucido dopo aver visto come Milano e Varese hanno ridotto la loro super sfida, come il mondo attorno a noi fa in fretta a prendere in giro Boniciolli o Repesa oggi e Pianigiani domani se dovesse andargli male l’Eurolega perché ci sono molte possibilità che una squadra invincibile da noi non lo sia nel grande basket continentale. Il figlio della Lupa senese deve fare attenzione a tutto e, per adesso, può soltanto consolarsi (?), sapendo che Di Bella è meglio di tutti gli altri presunti registi in circolazione, che Cusin ha più cose dentro del Crosariol amletico, che sui tre americani sarebbe meglio non fare conto, che sul programma di allenamenti e sedi deve decidere in proprio e al più presto senza entreare nella santabarbara federale.  
10 Al MINUCCI machiavellico che ha mandato i ragazzi del suo vivaio contro i viandanti dell’avvocato (?) Papalia. Dovevano farlo tutti, ma non tutti hanno un vivaio decente come direbbero molti davanti a progetti di facciata. Questa potrebbe essere la soluzione. Affidate a Caja una squadra di under ventuno, pagata dalla Lega, che gioca nel nome di questa Napoli che fa azionariato popolare sempre in ritardo, che ha campi fatiscenti, ma se ne accorge soltanto quando deve scaricare le colpe su altri.
9 A Secondo TRIBOLDI, proprietario di Cremona, per aver resistito quando la squadra sotto di venti dava fiato ai soliti infelici che vorrebbero soltanto ricchi scemi alla guida di società dove invece serve una sana aministrazione per non finire come Napoli, come Rieti, come tanti altri posti. Coraggioso e paziente e ora non ascolti quelli che fanno il tiro al bersaglio su un buon allenatore.
8 A Sani BECIROVIC che da paziente pastore del basket pensato indica la strada ai peripatetici che sfuggono di mano al povero Bucchi nello stesso momento in cui il povero Proli si è convinto che il suo calcione al passato avrà il consenso della gente, farà davvero tremare le tribune del Forum dove soltanto la musica è sempre molto alta, mai il livello dello spettacolo: loro amano che la gente veda ma non sen
ta e, soprattutto, non si possa scambiare in pace qualche idea, magari proprio sul narcisismo dei nuovi pascià.
7 A Fabrizio FRATES che ha messo in buca anche la Virtus Solare rimontandola quando già i giocatori di Lardo facevano i pavoni pur sapendo di essere, al massimo, uccelli del coro in un paradiso lontano dal loro talento. Ci vuole il braccio forte, la mente lucida per risolvere situazioni difficili. Se prendi Frates sai che non devi avere intorno fighette permalose.
6 Al nano dorato GREEN che ha ridato sorriso al Dalmonte ancora confuso da questa investitura azzurra. Ora, nel caso del piccolo principe di Filadelfia, vorremmo chiedervi se valgono di più i suoi 12 assist o il 5 su 6 nel tiro da 3? Non fate i furbi dicendo che va bene la miscela. Non fate i furbi andando nel sacrilego ovile dove qualcuno pensa che un Aldo Ossola non avrebbe saputo far andare in cielo i saltimbanchi di oggi, i ragazzi con il passaggio dietro la schiena incluso nel prezzo.
5 A Dan PETERSON e Dino MENEGHIN che tornati dagli Stati Uniti non hanno fatto una volatona per raggiungere il Forum, per vdere quello che è rimasto della sfida Milano-Varese. Il nano ghiacciato non ci dica che non gli hanno dato una tessera omaggio, il presidente non ci venga a raccontare che non aveva voglia di polvere ad Assago dopo essersi goduto il caramellato del Madison.
4 A Luca VITALI che ha fatto la scelta giusta nell’assurdo finale di Cremona dove Roma, come la vera Salomè, dopo aver chiesto la testa del Battista Gentile, si era denudata di nuovo, ma che si è messo anche a ridere quando gli hanno chiesto come potevano accadere cose del genere. Lui faceva la faccia di quello furbo che non aveva colpe, proprio come quando era a Milano. Una maschera unica nel circo del povero Toti.
3 Al TOLA che dirige il subbuglio del settore arbitrale perché se facesse attenzione non manderebbe certa gente a rovinare gli arbitraggi di Facchini o Sahin, non manderebbe per i campi di A2 i soliti noti, quelli pagano sempre i dividendi delle maialate di chi va in attacco a testa bassa, di chi considera il fattore campo una sua assicurazione per fischi sempre applauditi come diceva il povero Fucka tormentato ad Imola.
2 Al commissioner della NBA David STERN che ascoltanto il grido di dolore del presidente Meneghin gli ha fatto capire che all’Italia lui pensa sempre in modo positivo: ci manderà i Knicks, li manderà a Milano, ma proprio questi?, ma vuole che la scuola produca altri ragazzi da servire al popolo migrante in serate da funiculì funiculà, quelle dove ci starebbero bene anche i designati dal Poz per un futuro al di là. Già. Al di là.
1 A Barack OBAMA presidente degli Stati Uniti che va volentieri a vedersi anche il basket collegiale, che scherza in televisione sul suo futuro da telecornista, che si gode Georgetown mentre silura Duke per il piacere di tutti noi, cominciando dal marchese Della Valle, che in casa di coach Key, ehi ragazzi se non state al passo con questa generazione di pappagalli vi silurano perchè quelli prendono a calci il passato e qualsiasi cosa gli rammenti che fanno fatica ad essere credibili, autorevoli e simpatici, insomma nella tana di quello squadrone universitario avevamo visto i mostri di una difesa che non lasciava scampo al palming, all’hooking, a quel cavolo che volete voi.
0 Alla LEGA per non aver risposto subito e in maniera decisa alle accuse di Montegranaro, per essersi illusa di averci convinto dopo aver aggiustato il peperone nel forno di chi voleva cucinarselo alla sua maniera. Come diceva Totò qui siamo davanti a caporali che continuano a recitare da uomini, o, come suggeriva Sciascia, davanti ad ominicchi e quaquaraquà che recitano la parte del super dirigente ispirato.
Oscar Eleni

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