Il teorema di Safin

21 Novembre 2006 di Stefano Olivari

Noi che nel 1976 eravamo abbastanza grandi per esultare da lontano a una Coppa Davis vinta all’italiana, sono ormai trent’anni che ci esaltiamo per i minimi risultati dei nostri tennisti ricordando con nostalgia le telecronache di Bisteccone e i turborovesci di Canè. Certo, aspettando l’erede di Panatta, resistono ancora i pomeriggi con Tommasi e Clerici oppure – perché no – anche con Mangiante e Bertolucci (e il resto della truppa di Sky), ma da quando tre quarti degli Slam è passato sotto il canale unico di Eurosport (senza offesa, naturalmente) abbiamo capito che il tennis, in Italia, è ormai roba per impallinati. Eppure resistiamo, ed è per questo che – modestamente – con il direttore Stefano Olivari abbiamo deciso di aprire questa rubrica sulla Settimana Sportiva. Non ci troverete (molte) notizie, del resto non siamo un’agenzia. Però troverete pensieri, del tutto personali, verso i quali potrete anche dissentire con forza. Troverete però, soprattutto, anche passione per il tennis: e in questo penso saremo tutti d’accordo. 2. C’E’ DA RIDERE – ”Ad un certo punto giocavo così bene che mi è venuto da ridere”: se davvero serve mettere un epitaffio sul tennis maschile di oggi ecco che Roger Federer aiuta con una frase detta con un’allarmante semplicità dopo la finale del Masters contro Blake. In realtà Federer aveva già vinto il torneo battendo Nadal il giorno prima e ora – rileggendo tutta la straordinaria stagionedello svizzero – sorge spontaneo il solito dibattito sul chi sia il migliore della storia. La risposta che troverete nel manuale del perfetto giornalista è che il raffronto è impossibile, poiché non si può rimettere incampo – ad esempio – Laver giovane per farlo giocare con le racchette d’oggi, né costringere Federer a giocare con quelle di legno. Siccome però – non avendo visto personalmente ma solo in tv parecchi campioni del passato – non posso dire di essere un perfetto giornalista, ecco che mi permetto di affermare che Roger è davvero il più grande. A suo favore cito i ritmi di gioco d’oggi, cioè quantità e qualità di tennis nell’arco di un anno. Ritmi che i tennisti di una volta non avevano e nonostante i quali Federer ha fatto tre quarti di Slam perdendo a Parigi solo in finale e aggiungendo ora il Masters. In più, vedendolo giocare, si capisce che il suo talento è appoggiato alla capacità di adattarsi all’avversario di turno per salire sempre un gradino più in alto. Particolare che – tanto per citare – né Sampras, né McEnroe, né Borg, Connors o gli stessi Laver e Budge avevano. Insomma, se Roddick (l’unico avversario che di questi tempi sembra poterlo mettere in crisi) dice che Federer ha ancora margini di miglioramento, bisogna solo aspettare che lo svizzero smetta di ridere e si stufi. 3. IL NUMERO UNO – L’idea dell’Atp di mettere on line sul proprio sito i blog dei giocatori è senz’altro vincente e avvicina i fans ai campioni. Pensate ad esempio se la stessa cosa venisse fatta dalla Lega Calcio per i giocatori di serie A: largo uso di ghost-writer e frasi fatte come se piovesse. I tennisti no, basta andare a vedere, così come ha fatto la rivista Match Point nell’ultimo numero. Dal servizio si evince perfettamente perché Marat Safin non diventerà mai il miglior tennista del mondo in classifica ma è di sicuro il più grande come simpatia. Marat rivela ad esempio che il fatto di potersi alzare alle 11 del mattino sia la prova che il tennis è il miglior mestiere possibile e poi parla di donne con pillole di saggezza come ”le donne più sono belle più chiedono soldi”. Infine un paio di chicche: ”A Madrid c’è chi perde al primo turno perché passa il tempo a chiedere il numero di telefono alle modelle raccattapalle”. E poi: ”Ci sono tornei, come Cincinnati e Montreal, dove gli appassionati non sanno nemmeno chi sono. Mi chiedono sempre: “Scusi lei chi è”? E io rispondo sempre: Roger Federer”. Complimenti a Marat e anche – ne approfitto – a Match Point. Rivista che segnalo a chi non la conoscesse. 4. ITALIAN POWER – A leggere il titolo sembra uno scherzo: ‘Italian power nel tennis mondiale’. In realtà la copertina del numero di novembre della rivista federale parla di tutti quegli italiani che lavorano nel circuito mondiale, dove il power italiano è sempre fuori dal campo. Donne a parte, la trentennale ricerca di un nuovo Panatta ha portato a risultati modesti anche se in leggera crescita. Ma se il nostro numero uno Filippo Volandri ammette di pensare solo alla stagione sulla terra rossa perché solo lì sa di valere i primi dieci del mondo, c’è da chiedersi se stiamo parlando di un possibile campione o di qualcosa di più di un semplice professionista della racchetta. Dietro Volandri (e soci) poi la situazione non è propriamente rosea, a meno che si voglia credere alle veline che ogni tanto arrivano da Roma magnificando il futuro di Fabio Fognini. Il Nostro, indicato campione possibile, ha 19 anni e attualmente occupa la posizione 249 della classifica mondiale. Personalmente l’ho visto giocare due anni fa, incuriosito dalle lodi sperticate già all’epoca, durante il torneo junior del Roland Garros: Fognini sfidava il fenomeno francese Monfils (fenomeno a livello giovanile) e alla fine ha perso seccamente. Note sul taccuino: non ha praticamente mai varcato la linea di fondo campo, ha arrotato tutte le palline al di sopra dei 20 centimetri, non ha fatto altro che parlarsi addosso sbattendo la racchetta per terra più o meno ad ogni errore. Quest’anno ha un record di due vinte e cinque perse nel circuito dei grandi, mentre ha portato a casa un Future e due quarti di finale nei Challenger. Detto questo, sorgono – almeno a me – dei dubbi: alla sua età, tanto per dire, Nadal aveva già vinto Parigi. 5. MODA O TENNIS – Non c’è dubbio che la vittoria al Masters di Madrid di Justine Henin, unita alla sua contemporanea salita al numero uno del mondo, sia un favore al tennis. Ma non c’è altrettanto dubbio che per i tifosi sia una sciagura. Ho sempre sostenuto – e continuo a pensarlo – che il circuito femminile sia il paradiso dei guardoni e riscuota interesse e successo più che per le performance delle tenniste in campo, per le loro imprese fuori. La magnifica Lea Pericoli è ricordata quasi di più per le mutande di pizzi che perle sue numerose vittorie. E alzi la mano chi si è esaltato per l’ultima finale del Roland Garros che ha opposto proprio la Henin alla Kutnetsova. E’ sempre stato così, d’altronde, se pensiamo (e nessuno può negarlo) che nella rivalità tra Chris Evert e Martina Navratilova ha sempre più contato la femminilità e il gossip piuttosto che la voleè. Certo, adesso Martina è un mito. Ma di sicuro oggi Justine (e lo stesso vale per Amelie Mauresmo) non vale agli occhi dei fans neanche un decimo di Maria Sharapova e delle sue . Insomma: non è che Maria non sia una campionessa, ma certo– pur avendo già vinto Wimbledon e UsOpen – non ha lo stesso talento e la stesso stile della Henin. Forse ha, in alcune partite che contano, più grinta. Ma per il momento non è, classifica alla mano, ancora una numero uno ma la numero due. Guarda caso però i tifosi di tutto il mondo (e soprattutto gli sponsor) la pensano diversamente. Chissà come mai.

marcopietro.lombardo@ilgiornale.it

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