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Nadal e il diversamente doping

Marco Lombardo 23/01/2015

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La racchetta ha il chip dentro, ma il campione bionico che la tiene in mano non è ancora nella versione originale. Vedere Rafa Nadal in versione normale (seppur con una Babolat che trasmette i dati telematici del suo gioco), vederlo piangere stremato dopo aver piegato l’americano Smyczek 7-5 al quinto set in 4 ore e 12 minuti di mezzo dramma sportivo (subito dopo la pubblicazione di questo articolo Nadal ha battuto in tre set Dudi Sela), vederlo in preda ai crampi (forse) ma comunque ammettere «non sono al massimo, devo lottare punto dopo punto per sperare di tornare al mio livello», toglie al tennis una delle certezze per cui milioni di persone stanno attaccate alla tv in questi giorni di Australian Open.

Il problema però è sapere a che prezzo avviene tutto ciò. Rafa si sta aggrappando alla sua rabbia per sopravvivere, ma è un Nadal probabilmente mai visto. Si sapeva ovviamente delle sue difficoltà, lo aveva detto anche lui alla vigilia vista la serie di infortuni e sfortune che lo hanno accompagnato in questi ultimi mesi. Non solo il solito ginocchio, ma anche la schiena con l’aggiunta di un’appendicite che lo ha messo ko alla fine del 2014. E insomma sarebbe forse anche normale per un tennista reduce da un periodo così, se non fosse che questo si chiama appunto Nadal. E che ha fatto parlare di sé per un’intervista rilasciata (e mai smentita) al Mundo in cui ha rivelato la seguente verità riguardo al trattamento a cui si è sottoposto per la schiena: «Sarebbe meglio che fosse il mio medico Angel Ruiz Cotorro a spiegarlo, ma è semplice. Prendono il plasma del sangue, lo centrifugano ed estraggono fattori di crescita che vengono iniettati per favorire la rigenerazione delle cellule. Per farlo devono praticare iniezioni nella parte inferiore della schiena per estrarti le cellule staminali dalla cresta iliaca. Poi si devono preparare colture in modo che le cellule si riproducano per cercare di rigenerare i tessuti più velocemente».

Qui sta il filo sul quale corre lo sport moderno. Un’interessante e accurata analisi fatta dal sito ubitennis.com spiega tutti i risvolti della vicenda: in sintesi Nadal sta curando la sua salute (non solo) sportiva con una pratica che, ad esempio, in Italia è considerata illegale. Ma siccome l’obbiettivo unico della lotta al doping è preservare la salute dell’atleta, ecco che la stessa pratica medica – lecita in diversi paesi – potrebbe essere una necessità medica per aiutare Rafa nel suo futuro di ex atleta. In pratica non c’è una risposta certa (così come non si trova per le camere di ossigenazione del sangue che Djokovic utilizza laddove – come in Croazia – è consentito) e d’altro canto Simone Basso su indiscreto.info rileva come la classifica dei casi di doping 2014 veda in testa di gran lunga l’atletica col ciclismo solo al quarto posto (per dire) e il tennis felicemente assente.

Quindi, tornando alla cura Nadal, resta appunto nell’aria la domanda. In pratica: si tratta di diversamente doping oppure di sperimentazione medica avanzata? Ma soprattutto: qualcuno ha la risposta?

Marco Lombardo (articolo pubblicato su Il Giornale di giovedì 22 gennaio 2015)

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