Calcio

Il ranking del razzismo

Stefano Olivari 23/04/2009

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di Stefano Olivari
Dopo buona parte degli juventini, adesso cerchiamo di inimicarci gli interisti: siamo liberi anche dal marketing, il libro che dobbiamo vendere (a quattro gatti fanatici come noi, peraltro) riguarda la Mobilquattro-Xerox e Chuck Jura. Però a cinque giorni di distanza non possiamo non dire cosa ci è risultato insopportabile delle reazioni al caso Balotelli-cori dell’Olimpico: il fatto che l’unico insulto che faccia scattare pistolotti moraleggianti e sanzioni sia quello legato al colore della pelle. Una sorta di sottile, ma neppure tanto, razzismo insito nell’antirazzismo: come se il colore della pelle fosse l’unica caratteristica del genere umano degna di nota. Come se urlare cose tremende a familiari di un giocatore o al giocatore stesso prendendo spunto da fatti della sua vita (dall’omosessualità presunta alla morte di un figlio, passando per le corna della moglie), fosse una porcheria di livello inferiore rispetto alla sottolineatura del colore della pelle. Non giochiamo ai piccoli lord: senza bisogno dei manuali di Lina Sotis (un mistero il fatto che scriva sul Corsera, quasi al pari di quello di Alberoni: da leggenda l’ultimo pezzo in cui dice che le ragazze si innamorano mentre i ragazzi pensano solo al sesso) o di Donna Letizia la linea di demarcazione potrebbe essere semplicemente non accettare in uno stadio quello che non accetteremmo per la strada. Chi girerebbe la faccia dall’altra parte, in strada o in ufficio, sentendosi dare del figlio di puttana? Conclusione: sanzioniamo, pur nell’inutilità delle partite a porte chiuse (meglio a porte aperte, con incasso devoluto ad iniziative culturali), i cori e gli striscioni razzisti ma anche tutti quegli altri che vadano al di là della volgarità media accettabile. Fra quarti uomini, televisioni ed ispettori della Figc non sfuggirebbe niente, e in pochi mesi lo stadio tornerebbe non un posto per educande (non lo è mai stato, mai lo sarà), ma almeno un ambiente vivibile. Senza fare le anime belle, basta ricordarsi di quando Collina fermò un Sampdoria-Torino facendo togliere lo striscione ‘Casarin pagliaccio’. Si può fare. Poi è più facile l’editoriale anti-razzista contro ignoti rispetto ai provvedimenti concreti contro noi stessi. Un po’ come sventolare le bandiere per la pace ed accettare che in Italia si producano le mine anti-uomo (sapete, l’occupazione, l’economia, eccetera…).

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