Il disco di Blanco

10 Settembre 2021 di Indiscreto

Il primo album di Blanco, Blu Celeste, appena uscito dappertutto, ha qualcosa di antico. Non per il genere, anche se al primo ascolto completo del disco il rapper bresciano da pop, carne da featuring con i vari Sfera Ebbasta e Salmo, ci sembra diventato superpop: la sua forza sono infatti i ritornelli, al confine della pubblicità Vodafone o Algida, che ti rimangono in testa subito e rendono un’artista riconoscibile.

Il disco di Blanco ci sembra antico non per il prezzo (il vinile costa 34 euro, roba da inedito di John Lennon uscito dalla bara) ma per la semplice ragione che un diciottenne, già di successo con tanti singoli (fra cui Notti in bianco, messa nell’album) e campione di streaming, abbia sentito il bisogno di produrre un lavoro organico e personale, senza collaborazioni né bollini di qualità messi da altri.

Solo Blanco, in versione oltretutto molto più soft del Blanco precedente. Un esempio su tutti proprio Blu celeste. Nostra canzone preferita del disco è Sai cosa c’è, brano che avrebbe potuto tranquillamente cantare Raf, ma non ci dispiacciono  nemmeno la romantica Afrodite e Lucciole, cantata con la giusta disperazione adolescenziale.

E quindi? Essendo nato nel 2003 Blanco non ci arriva, non abbiamo l’età perché ci arrivi, però il suo successo è facilmente comprensibile. Dal punto di vista ideologico si inserisce nel filone dei rapper o trapper con testi un po’ ripuliti e quindi presentissimi nelle orride rotazioni delle radio mainstream. Pensiamo che Blanco abbia più futuro di chi è rimasto legato all’immaginario più urbano del macchinone e della catena, per non dire di ghetti ed episodi di malavita letteralmente inventati. Gli manca solo l’esaltazione di Mattarella.

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