Franco Baresi c’è sempre stato

8 Maggio 2010 di Sonia Fusco

I cinquant’anni di un campione che ha visto tutti i Milan possibili e che in tutti è stato grande. Fra l’ammirazione di chi lo guardava e qualche invidia di troppo…


Milano. Qui vive Franco Baresi, questa è la città che l’ha adottato e che il Grande Capitano rossonero ha dichiarato più volte essere la sua città. 715 partite nel Milan, 36° anno di vita (professionale) rossonera. Guido Settembrino, che allora allenava l’ U.S.O. (Unione Sportiva Oratorio) di Travagliato, il paese in provincia di Brescia dove Franco è nato l’8 maggio 1960, portò i fratelli Baresi a fare un provino all’Inter. Per Beppe risultò positivo, per Franco non soddisfacente, con un fisico considerato troppo gracile: Italo Galbiati, al tempo al settore giovanile nerazzurro ma in procinto di passare a quello rossonero, lo segnalò al Milan dopo che era stato scartato. E così fu Milan. Era il lontano 1974.
23 aprile 1978, stadio Bentegodi giornata n.28, Verona Milan 1-2. Nel Milan ci sono Rivera e Capello. E’ il grande giorno. Il debutto in prima squadra. 25 agosto 1978, San Siro, notturna. Si gioca Milan-Flamengo, prima partita del torneo Città di Milano. Vincono i rossoneri, gol di Rivera. Il numero 4 è Baresi, il ragazzino che aveva esordito 4 mesi prima. Ad certo punto il “piscinin” si gira, guarda Rivera con faccia dura e gli grida “Allora, me la passi?”. E lui: “Subito”. ”Buon carattere”, dichiara Rivera ai giornalisti. Lui che fuori dal campo diventava rosso e gli dava del lei quando lo vedeva in campo si trasformava. Aveva un contratto da 12 milioni di lire annui e fu proprio Rivera che parlando con gli altri compagni propose di dare il premio scudetto anche a lui: 50 milioni. Fece il suo primo importante acquisto: una Golf grigia. Spese 9 milioni.
Nel 1980 il Milan con l’allora presidente Felice Colombo e vari giocatori (Albertosi in primis) è travolto dallo scandalo delle scommesse e il finisce in B. Affranto Baresi afferma: “Non avrei mai pensato che alcuni miei compagni giocassero contro il Milan”. Un anno in B e la squadra risale nella massima serie. Nel 1981 Baresi si sente male, viene portato a braccia in ospedale, non riesce a stare in piedi, si sente dagli inevitabili ”bene informati” che ha un brutto male, ma non viene mai scritto ufficialmente. Poi tra tanti esami e ospedali si scopre che ha la setticemia. Dopo alcuni mesi, guarito, ritorna al Milan, ma la squadra senza di lui sta affondando ed è di nuovo serie B. Potrebbe andarsene, le richieste non mancano, ma a differenza di Collovati che passa all’Inter per non andare in B, lui resta e diventa a soli 22 anni il capitano del Milan. Era il 12 settembre 1982, Milan Sambenedettese 2-2
Il suo primo gol in campionato era intanto arrivato il 4 aprile di quello stesso anno, in un Roma Milan.
Non ne avrebbe fatti tanti: fra i pochi va ricordata la tripletta nel 6 a 0 al Messina in Coppa Italia.
Il 4 dicembre 1982 il debutto in Nazionale. A Firenze, causa la mancanza di Scirea, il giovane Baresi si trovò a sostituire un gigante e dal punto di vista di un difensore andò benissimo: Italia Romania 0-0.
La particolarità di questa partita è che il giorno dopo Baresi si trovò a giocare in campionato in Milan-Como risultando tra i migliori… Gli fu dato come soprannome Franz, per avvicinarlo al grande Beckenbauer. Nel 1983 altro appuntamento con il destino: in ritiro con il Milan ad Arezzo conosce la sua futura moglie Maura, punto fermo della sua vita ma anche causa di problemi finanziari (cioè debiti) che tre anni fa la portarono in tribunale in un processo per truffa.  
L’arrivo di Berlusconi nel 1986 porta una nuova mentalità vincente, una società solida e una squadra che aveva nella sua forza un mix tra salde radici identitarie
e i tre olandesi (tre dal 1988). Il rifiorire del Milan è un insieme di fortunate coincidenze e di persone importanti come chi scendeva in campo: già in organico erano il dottor Monti (36 anni di Milan), Italo Galbiati (30) e Francesco Zagatti, che Franco l’hanno visto crescere sia come uomo che come calciatore.
Iniziano i grandi anni di vittorie: dallo scudetto 1987-88 alla Coppa Campioni a Barcellona contro la Steaua Bucarest, per proseguire con le altre che tutti ricordano e che Baresi ha vissuto da protagonista silenzioso (silenzioso ovunque tranne che in campo). Quando Sacchi lascia il Milan e arriva come allenatore Fabio Capello, la squadra è sempre composta da campioni ma la difesa diventa la base di tutti i successi (in realtà lo era stata anche con Sacchi, ma senza enfasi mediatica): secondo molti è qui che si vede il miglior Baresi, nonostante la trentina d’anni già passata. Il 23 febbraio 1992 taglia il traguardo riservato ai grandi: 500 partite con il Milan. 
Nel 1994 durante il Mondiale in America si infortuna al menisco.
Viene subito operato e riesce nella grande impresa di giocare la finale a soli 23 giorni dall’operazione. Contro il Brasile gioca una partita da leggenda. Va oltre e gioca anche i supplementari. Si va ai rigori e Baresi non ce la fa più. Tutti si guardano in faccia, nessuno vuole tirare il primo rigore. Va lui, è il Capitano, lo sa nonostante non si regga più in piedi. Sbaglia. Scoppia a piangere. Sbagliano anche altri, piangono anche altri, ma il suo è il pianto disperato del campione che sa che non avrà un’altra occasione.
Il 17 ottobre 1995 Rivera passa a Baresi: 655 in rossonero come Rivera con il Milan. Il 1997 è un anno triste per i tifosi del Milan: al di là dei risultati pessimi di Tabarez e del sacchi-bis, è l’ultimo anno di Franco Baresi. Arriva la data fatidica: 23 giugno 1997 il Capitano lascia il calcio giocato: sarà vicepresidente operativo con delega al settore giovanile. Il detto “i giocatori passano la dirigenza resta” nel suo caso è la frase più sbagliata. I giocatori, quelli veri, restano. Liedhom disse: “Il Milan non ci sarà più quando non ci sarà più Baresi”.
23 giugno 1997. Su autorizzazione della Lega Calcio, la maglia numero 6 del Milan viene ritirata.
Nessuno potrà mai più indossare quel numero. Sotto la gestione di Baresi, il settore giovanile torna a rifiorire, ma la toccata e fuga al Fulham e le invidie interne (Galliani non è il suo primo tifoso, diciamo così, ma anche alcuni ex compagni continuano a soffrire la sua personalità e l’ascendente che ha sui tifosi) di fatto ne limitano la carriera e la possibilità di mettere in pratica molte delle sue idee. Oggi lavora nel settore marketing, più o meno in un ruolo onorifico. Sono passati 36 anni da quando nel 1974 entrò per la prima volta a Milanello. Ora è tutto differente, nel Milan e nel mondo, tranne forse lui.
Sonia Fusco
(in esclusiva per Indiscreto)

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