Ed è subito polemica

7 Aprile 2010 di Alberto Facchinetti

di Alberto Facchinetti
È un caso unico quello di Maurizio Mosca. Il passaggio dal mondo della carta stampata a quello della televisione è stato, ad un certo punto della sua carriera, definitivo. Indietro non è più tornato.
Mosca è diventato uno dei volti più noti delle tv locali (e non), dopo essere stato per vent’anni un’importante firma della Gazzetta dello sport. “Mosca è un caso unico e il suo sbarco in tv fu dovuto a un grave errore che commise da giornalista della Gazzetta. Senza quello, magari sarebbe rimasto a scrivere”. Ci ha riposto così Antonio Dipollina, critico televisivo di Repubblica.
Mosca iniziò giovanissimo la sua carriera di giornalista. Nel 1961 era già un collaboratore de La Notte (con Nino Nutrizio direttore). Qui però, al quotidiano milanese del pomeriggio, rimase poco. Fu assunto in Gazzetta, allora diretta da Gualtiero Zanetti, il 17 gennaio 1963: ci rimarrà per vent’anni. Il divorzio avvenne per colpa di Zico, il fuoriclasse brasiliano che in Italia giocò nell’Udinese: è l’errore di cui parla Dipollina. La rosea aveva mandato il giornalista a Tarvisio per intervistare l’asso ex Flamengo. L’intervista riuscì. Qualche giorno dopo il giornale però mandò nuovamente Mosca agli allenamenti. L’Udinese appariva in un buon momento di forma e serviva un altro pezzo. Solo che Zico non aveva alcuna voglia di parlare un’altra volta con il giornalista, che allora per telefono fece sapere al brasiliano che avrebbe utilizzato per il nuovo articolo il materiale raccolto nell’incontro precedente. Uscì quindi un nuovo pezzo, ma con un titolo che fece inferocire Zico. Questi si prese la sua rivincita personale su Mosca in diretta televisiva, durante una puntata della trasmissione Il Processo del Lunedì. La Gazzetta allora pretese che Mosca tornasse a Tarvisio di nuovo, per porgere le scuse al giocatore e intervistarlo una seconda volta. Ma Zico non ne volle sapere. Tornato a Milano, ancora senza materiale, in redazione l’idea fu quella di spedirlo nuovamente in ritiro. Sarebbe stata la quarta volta in pochi giorni. Avevano varcato il suo limite di sopportazione. Mosca si licenziò. E iniziò per lui una nuova vita professionale: in televisione.
Ma Mosca tornerebbe (la tesi è stata ovviamente scritta con Mosca ancora in vita, ndr) a lavorare in un quotidiano? Secondo Giancarlo Dotto e Sandro Piccinini sì. “ se domani Palumbo tornasse su questa terra e lo richiamasse alla Gazzetta, Mosca non esiterebbe un secondo e correrebbe alla sua vecchia scrivania in via Solferino. Zico e Pilogallo nel frattempo se ne sono andati, ma la passione per la carta stampata, invece, è sempre lì dentro a consumargli l’anima”. A noi però Piccinini ha anche parlato “di una libera scelta. A Mosca la carta stampata andava stretta e la tv gli ha permesso di esprimersi nel modo che preferisce”. Nell’intervista che gli abbiamo fatto, Dotto, invece, mi ha risposto: “Qualcosa che assomiglia al patto faustiano. La televisione ha qualcosa di volgarmente diabolico. Ma qui a vendersi l’anima sono poveri e anche struggenti cristi, che nel caso di Mosca hanno dovuto reinventarsi una vita (incidente professionale)”.
La sua avventura nelle tv private era iniziata, a dire il vero, già prima del divorzio con la Gazzetta. A TeleAltomilanese, faceva l’ospite fisso nella trasmissione ‘L’ora di Mazzola’, condotta da Elio Corno e Sandro Mazzola. E con la conduzione si cimentò per la prima volta a Telemilano2 con il programma ‘Ed è subito polemica’. Ma è a metà degli Ottanta (quindi libero da ogni impegno con la Gazzetta) che diventò il vero animale televisivo, conteso da tutte le emittenti private. Effettivamente ha lavorato in quasi tutte le maggiori. In quel periodo, appena abbandonata la scrivania, tra le altre cose ha fatto anche parte di Forza Italia, programma sportivo del circuito Odeon Tv. Farà solo quello: tanta tv. Nel 1993 ha lavorato anche per Telenova. Assieme a Maurizio Bartoletti ha condotto il talk-show sportivo Zitti e Mosca e con Paolo Pirovano Supergol. Casa Mosca iniziò invece sempre su Telenova nel 1996, per passare poi sul circuito Italia9. Ad Antenna 3 si trasferì nel ’98, dove ha condotto A tutto calcio.
I giudizi su Mosca dei suoi colleghi sono contrastanti. Ma in linea di massima tutti quanti coloro che ci hanno lavorato insieme parlano di lui come di un grande professionista. Sia chi lo ha visto all’opera al giornale, sia chi sta o è stato con lui in tv. Ma il Mosca televisivo è aspramente criticato da molti suoi colleghi. Soprattutto da quelli che in tv non ci vanno, ma anche da quelli che ci vanno con intenzioni diverse. I giornalisti tv trovano coerente il percorso di Mosca: tanto bravo prima al giornale, tanto bravo ora in tv. E’ comunque uno che divide, Maurizio Mosca. Lo descrive così Aldo Grasso: “La sua concezione surreale e gioiosa dello sport (“Ma chi l’ ha detto che il calcio è un totem da adorare senza commettere il sacrilegio dell’ironia?)” lo ha spinto a sperimentare una ricetta che, a suo modo, si è rivelata vincente, quella dello sport-spettacolo. lo stile irriverente e istintivo, il linguaggio spontaneo e spesso urlato, le trovate e le bizzarrie d’effetto (la macchina della verità, il pendolino per i pronostici), lo hanno reso oggetto di feroci e spesso facili polemiche. In verità Mosca si è sempre presentato al pubblico senza filtri o inibizioni di sorta, ma anche senza più alcun senso del limite, superando spesso le barriere dell’ipocrisia che avvolge il mondo del calcio giocato e parlato, ma anche quelle del buongusto e della civile gradevolezza”.
Tra chi pensa che Maurizio Mosca si sia buttato via c’è Roberto Beccantini. “Penso all’aggressivo e fantasioso cronista che era Maurizio Mosca all’epoca in cui lavoravamo insieme in Gazzetta: sapeva toccare le corde dei lettori, sfornava idee su idee, incarnava, a suo modo, la figura dell’intervistatore d’assalto. Quanto mutatus ab illo, direbbe Berlusconi. È diventato un giullare, con strascico grottesco di bombe e pendolini”. La tesi per cui Mosca si è buttato via è condivisa da tanti giornalisti, a cui abbiamo chiesto di commentare ciò che ha scritto Beccantini. Completamente d’accordo con lui Emanuele Gamba, Andrea Sorrentino e Massimo Norrito di Repubblica, Giampiero Scevola del Giornale e Sebastiano Vernazza della Gazzetta dello Sport. Anche per Gianni Mura il passaggio di Mosca (da ottimo cronista a giullare) è evidente ma la sua critica non è poi tanto aspra. Anzi pure lui mette in risalto l’ottimo cronista che fu. “Alla Gazzetta dello sport ho lavorato anni nella stessa stanza di Mosca e posso confermare: era un ottimo cronista di pugilato. In tv è diventato (o l’ hanno fatto diventare) altro da sé. Come definirlo? Un intrattenitore? Un comico? Un personaggio certamente, tant’è che gli fanno pure l’imitazione. Non lo so. Ha una grande carica istrionica”.
Nicola Cecere fece in tempo a lavorarci insieme in Gazzetta per qualche anno e nonostante sia evidente anche per lui che Mosca sia diventato un’altra cosa rispetto a ciò che era, non se la sente di gettargli la croce addosso. “Maurizio Mosca era il caporedattore della Gazzetta con cui feci il mio primo turno di notte e quella notte morì Carosio: in tre quarti d’ora creammo una pagina commemorativa e rimasi ammirato della straordinaria bravura di Maurizio, dalla sua sveltezza mentale. Gli voglio bene, e anch’io sono a disagio quando lo vedo entrare nel pentolone. Poi però mi dico che Mosca da quando ha lasciato la Gazzetta, più di vent’anni fa, in fondo ha smesso di fare il giornalista ed è diventato un uomo di spettacolo che però, attenzione, del giornalista di razza conserva un formidabile fiuto: lui sa sempre cosa vuole la gente, di quali argomenti discuterà, e quali personaggi l’appassioneranno. Un maestro che non si prende sul serio e dunque assolve anche ai ruoli cabarettisti con autoironia”. Italo Cucci lascia ai col

leghi la libertà di scelta: “Credo che ognuno abbia il diritto di scegliere il proprio… destino, anche professionale. Mosca si tuffò nella tivù perché la Gazzetta lo cacciò ingiustamente: Maurizio fu vittima di una congiura e accusato di una falsa intervista a Zico ch’era, in realtà, un condensato di dichiarazioni vere rilasciate ai giornali. Così fan tutti… Beccantini è tra i migliori giornalisti sportivi italiani – se non il migliore – solo quando scrive. In tivù è uno dei tanti. Dovrebbe pensarci. Gino Palumbo, un maestro, sapendo di non essere televisivo si rifiutava alle telecamere”.
Antonio Dipollina colpevolizza più la tv che il personaggio Mosca. Lui ha solo capito cosa bisognava fare. “Approdato in tv fu quasi una cosa normale, finché a Mediaset non si inventarono l’Appello del Martedì. A quel punto, per non essere dei cloni secondari di Biscardi, scelsero la strada del grottesco e del senza vergogna. Mosca si è adattato, senza eccessivi problemi. Umanamente (ho avuto modo di lavorarci assieme alcuni mesi) è una delle persone che ricordo più volentieri. Sul resto è chiaramente impresentabile, ma le colpe le dividerei a metà con quelle della tv, Mediaset soprattutto, che del senza vergogna e della spregiudicatezza ha fatto spesso un vanto di cui si potrebbe anche sorridere se, negli anni, non avesse dilagato in altri settori della vita pubblica. Beccantini, uno dei due migliori giornalisti sportivi italiani, ha tecnicamente ragione e, sempre tecnicamente, il suo concetto è esemplare: ma poi c’è la realtà, che è fatta soprattutto di tv. La via del prestigio, se fosse rimasta quella, sarebbe comunque stata riservata a pochi. Invece sbracando c’è spazio per tantissimi, e questo è stato decisivo”.
Un po’ meno tenero Maurizio Crosetti: non gli interessa quello che è stato (probabilmente non ci ha mai lavorato assieme) ma quello che è diventato. “Ogni volta che vedo Maurizio Mosca in tivù mi vergogno per lui e per la tessera da giornalista, quella di colore bordò, che da qualche parte e in qualche tasca condividiamo”. Tony Damascelli riconosce che “Maurizio Mosca ha molte responsabilità sulla volgare trasformazione della professione ma diffido dei censori e dei moralisti a gettone, specie di quelli che si prendono molto, troppo sul serio, pur parlando di football”. Ma critica soprattutto Beccantini. “Il baratto è figlio della propria cultura, così come la cortigianeria clandestina. Non condivido l’ affermazione del giornalista Beccantini che conosce bene il significato del sostantivo popolarità che nulla ha a che vedere con credibilità”. Nemmeno Ivan Zazzaroni condivide ciò che ha scritto Beccantini e difende la tv e chi come Mosca la sa fare. “La televisione bisogna saperla fare, Maurizio la sa fare, Beccantini no. Chi stabilisce che la carta stampata dia prestigio e la tv solo popolarità? Te lo dico io: chi non è in grado di stare di fronte a una telecamera. Tosatti, Cucci e Sconcerti, per fare tre esempi, non hanno mai barattato nulla: conservano prestigio, credibilità e aggiungono popolarità. Dopo 22 anni nei giornali, ho scelto la strada della tv e della radio perché da anni i giornali parlano solo ai giornalisti”.  
Addirittura lusinghieri i giudizi dei giornalisti tv su il giornalista-showman. Fabio Ravezzani ci ha risposto: “Mosca era così anche quando era giovane, ma esistevano altre convenzioni che gli mettevano le briglie. Poi ha capito che il suo personaggio funzionava in chiave più di spettacolo che di giornalismo e si è adeguato. Ma di qui a fare analisi generazionali, a sindacare sull’involuzione del lavoro di giornalista, ne corre. Purtroppo nella nostra categoria c’è gente che si prende troppo sul serio. Non ho mai creduto che un giornalista sportivo debba essere prestigioso, anzi, giudico questo aggettivo terribilmente pericoloso per chi vuol fare seriamente questo mestiere. Che consiste nel parlare in modo interessante e vivace di un gioco: mica della lotta alla mafia o dell’evoluzione politica in atto. Peraltro, il supposto prestigio del collega Beccantini cozza contro la sua capacità di essere coinvolgente quando si presenta davanti alle telecamere (e sia chiaro che io preferisco lui a Mosca, ovviamente)”. Per Gianluca Rossi è addirittura un maestro. “Maurizio è un animale televisivo. Con Mosca ho lavorato all’inizio della sua carriera tv e allora era un maestro con un fiuto e un intuito incredibili per il mercato. Poi, gli anni passano per tutti”. Anche Giorgio Micheletti non sta con Beccantini. “Non sono d’accordo sui giudizi su Mosca perché Maurizio ha sempre fatto il professionista scrupoloso. Le sue notizie non sono mai state inventate, ma solo esposte con una modalità meno seriosa e più adatta al contesto nel quale veniva fatto operare. Mosca è sempre stato rispettoso del pubblico: ha sempre dato quello che gli veniva chiesto e non ha mai barattato onestà intellettuale e professionalità. Tanto che quando non ha più potuto seguire i suoi parametri ha fatto fagotto, ma è poi stato richiamato”.
Nemmeno Paolo Ziliani si trova d’accordo con il giornalista de La Stampa. “Beccantini cita il giullare Maurizio Mosca, ma sbaglia esempio: perché di giornalisti sportivi diventati a tutti gli effetti showmen ce n’è stato uno, per l’appunto Mosca; mentre di giornalisti impegnati che tanto seriosamente hanno ammorbato le nostre serate, dispensando colossali banalità, mossi solo dalla smania di apparire, e l’indomani essere riconosciuti dal portiere e dall’edicolante, ne abbiamo contati mille. Non tutti indimenticabili”. Stesso discorso lo fa Sandro Piccinini. “Rimane un fior di giornalista e se riesce anche a dare spettacolo con un pendolino o con una delle sue bombe, buon per lui. Non ci trovo nulla di male. Trovai più grottesco il silenzio dei giornalisti de La Stampa sullo scandalo doping che coinvolse la Juventus…”
La realtà è che Maurizio Mosca si è trasformato. Da ottimo giornalista della carta stampata (la questione mette d’accordo tutti quanti gli intervistati) a personaggio televisivo di successo (è un dato di fatto). Chi ha lavorato o lavora al suo fianco, difficilmente ne parla in termini negativi. Mosca era un professionista un tempo al giornale, e lo è da anni in tv, poco importa se nazionale o locale. Lui anche adesso fa il suo mestiere con impegno: il giornalista-showman. Sì, fa lo showman perché è quello che la gente vuole vedere in tv (i dati d’ascolto lo dimostrano e premiano un certo tipo di programmi in generale). E fa il giornalista (anche se qualche collega storce il naso) perché in fondo il giornalismo sportivo è un mestiere che nel corso degli anni ha subito profonde trasformazioni. Cambiato dalla tv (e non solo), quindi probabilmente anche dallo stesso Mosca. “Non dimentichiamo – dice Cucci- che le famose Bombe di Mosca, scoop di mercato proposti da Maurizio Mosca spesso in chiave paradossale, hanno trasformato i quotidiani sportivi in bombe quotidiane. Svolta storica di un settore che, pur fra tante difficoltà, non aveva mai rinunciato all’intelligenza”.
Alberto Facchinetti
alberto.facchinetti1@virgilio.it
(per gentile concessione dell’autore, estratto della tesi di laurea ‘Il giornalismo sportivo. Il rapporto tra la carta stampata e le tv locali da Gianni Brera ad oggi’)

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