Basket

Anche se non è Phil Jackson

Stefano Olivari 29/10/2009

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di Stefano Olivari
In una stagione regolare di 82 partite ci sono alti e bassi, trarre indicazioni di lungo periodo da una partita finite da poche ore contro squadre dal valore e dalle motivazioni diverse serve solo a fare un titolo sciovinista. Ma non c’è dubbio che i tre italiani della Nba abbiano iniziato alla grande, con Andrea Bargnani a regalare la prestazione dal peso specifico maggiore: perché contro i Cavs (reduci dalla sconfitta con i Celtics, ma pur sempre una delle tre favorite per l’anello), perchè cercato spesso come prima opzione offensiva, perchè con molti giri in marcatura su Shaq, perchè cambiando la selezione dei tiri senza accontentarsi di quelli da fuori (si evince dalla shooting chart, personalmente abbiamo guardato Spurs-Hornets su Sky), perchè da protagonista sorprendendo anche se stesso. Più minuti e punti del previsto anche per Belinelli, career high (22) per Gallinari in una partita persa senza storia a Miami. Non vogliamo commentare quello che siti dedicati hanno già fatto meglio di noi, ma solo sottolineare che l’Italia del basket deve stare agganciata a questi tre ragazzi e la scelta del c.t. deve andare proprio in questa direzione. D’Antoni avrebbe il carisma e la credibilità per esaltarli, ma fino al 2012 è intoccabile sia ai Knicks che come assistente-badante di coach K. Sacripanti piace a tutti e tre, che lo conoscono bene anche se la sua Under 20 l’hanno frequentata poco o niente (Belinelli ci ha giocato un Europeo, ma all’epoca in panchina sedeva Frates). Gli altri candidati, da Pianigiani in giù, sono bravi e a volte anche bravissimi, ma per far funzionare il meglio che abbiamo i nomi (a tempo pieno) sono solo due. Senza trascurare il fatto che Recalcati potrebbe rimanere in federazione e fra gli allenatori di nome nessuno più di Sacripanti può essere considerato un suo uomo. Non è Phil Jackson, ma tanto a portarci in Lituania nel 2011 e soprattutto a Londra nel 2012 dovranno essere i tre sopra citati.

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