Stefano Maggio, fra Euro 2020 e lo Schlager

Intervista a un musicista italiano di successo in Europa, a partire dalla Germania. E protagonista anche delle notti magiche di Mancini...

19 Luglio 2021 di Paolo Morati

Stefano Maggio è stato il DJ ufficiale di Euro 2020 all’Olimpico di Roma. Produttore, compositore e cantante, lavora su diversi fronti, dalle sigle televisive ai brani inseriti in compilation come Hitmania, passando per i jingle radiofonici e il genere schlager, popolarissimo in Germania . Lo abbiamo intervistato per farci raccontare la sua esperienza europea e non solo.

Partiamo subito da Euro 2020. Come sei diventato il DJ ufficiale per le partite allo Stadio Olimpico?
Tutto è nato dal contatto di un’agenzia a inizio 2020 che mi ha proposto il set in occasione degli Europei, tenendo anche conto della mia esperienza internazionale. In realtà era un po’ di tempo che non mi cimentavo in situazioni di questo tipo visto che ormai lavoro molto più spesso in studio. Ho comunque accettato e dopo varie selezioni sono stato scelto. Causa pandemia la manifestazione è slittata di un anno e a inizio 2021 sono stato ricontattato dalla UEFA che mi ha confermato come DJ, tra l’altro anche per la partita di inaugurazione tra Italia e Turchia. Tenendo anche conto che si trattava di svolgere un ruolo di consulente musicale, scegliendo la canzone giusta al momento giusto, e rispetto alla situazione locale. Un’esperienza emozionante ma anche complessa, perché dovevo lavorare avendo in un orecchio la voce della regia, nell’altro la musica che selezionavo, sentendone il rimbombo all’interno dello stadio e i diversi boati del pubblico.

Come è avvenuta la selezione dei brani e quali sono stati quelli che hanno funzionato di più allo stadio?
Si è partiti da una prima lista richiesta dalla Uefa a ciascun DJ. Quindi si è arrivati a circa 400 brani selezionati. E quello che ha funzionato di più a Roma è stato ‘Un’estate italiana’ (conosciuta anche come Notti magiche), l’inno di Italia ’90 cantato da Gianna Nannini ed Edoardo Bennato. Una canzone che tra l’altro non era nemmeno parte del programma ma che ho spinto confrontandomi con il regista e che poi è stata adottata dagli stessi azzurri. A seguire, in ordine di successo, cito L’ombelico del mondo (Jovanotti), Seven Nation Army (White Stripes), Grapevine (Tiesto), Song 2 (Blur), Blinding Lights (The Weeknd), I was made (VINAI x Le Pedre), R.E.S.P.E.C.T (RLP & Barbara Tucker), Benvenuti in Italy (Rocco Hunt) e infine Thunderstruck (AC/DC).

Cos’ha guidato le tue scelte per ogni programma?
Sono partito dall’obiettivo di costruire un mix tra global e local, questo anche tenendo conto della natura itinerante dei campionati, per cui era importantissimo far ascoltare brani italiani e stranieri e multigenerazionali. Ho quindi giocato molto con dei remix suonando canzoni molto conosciute ma anche non attualissime rivestendole in chiave moderna. Tieni anche conto che iniziavo a suonare tre ore prima del calcio di inizio, guidando un ingresso soft del pubblico. Un’ora e mezza prima cominciavo a innalzare l’atmosfera. Quindi riprendevo nell’intervallo e al fischio finale, con un quarto d’ora spinto e veloce per poi via via aiutare anche l’uscita del pubblico. Un ruolo che la musica svolge sempre in queste situazioni.

Sei italiano con madre tedesca e questo ti ha portato a vivere e lavorare in entrambi i paesi…
Sì, tra l’altro ho frequentato a Roma la scuola tedesca e di fatto mi sono sentito tedesco in Italia e italiano in Germania. Una situazione comune a molti miei compagni e che poi mi sono portato dietro a livello professionale. Dall’età di cinque anni suono il pianoforte e dopo aver cominciato con le prime band sono passato alla scrittura e all’arrangiamento, tra l’altro lavorando con i primi computer dedicati alla musica. Una base che via via ho continuato a sviluppare sia per le mie produzioni che nell’insegnamento allo IED (Istituto Europeo di Design) di Roma per il corso di Sound Design. In particolare insegno progettazione, basando le lezioni sulla mia esperienza professionale quotidiana. Ad esempio, se sono coinvolto nella realizzazione di una sigla per una trasmissione televisiva parlo con l’editore per capire quale taglio vuole darle e quindi tradurlo in musica fronte artistico e tecnico. Lo stesso vale per un jingle pubblicitario che, per uno stesso prodotto, tra l’altro cambia se destinato all’Italia o alla Germania.

Che differenze ci sono tra pubblico italiano e tedesco? E come mai la musica in italiano ha tanto successo?
Prima di tutto va detto che la musica italiana è fatta bene e piace per quello. Ma c’è anche un’altra ragione, ossia l’amore profondo che i tedeschi hanno per l’Italia in quanto luogo di vacanza dove stare bene. Per chi durante la maggior parte dell’anno vive al freddo l’ascolto della musica italiana significa anche rivivere atmosfere piacevoli.

Parlaci dello Schlager. Tu sei uno degli autori dietro al successo di Giovanni Zarrella, un nome che agli italiani dirà poco ma che in Germania vende tantissimo. Qual è la formula giusta per questo particolare genere?
È un genere musicale che abbraccia tutte le generazioni e il suo grande successo è dovuto soprattutto a questo. La prova è nel pubblico che segue le trasmissioni che trasmettono musica schlager, dai nipoti ai nonni con in mezzo i genitori. E lo stesso lo si riscontra nei concerti, compresi quelli di Zarrella. Lo schlager era molto in voga tra gli anni Settanta e gli Ottanta, per poi essere considerato di serie B. La rinascita è stata merito di Helene Fischer, che ha introdotto arrangiamenti moderni mantenendo però inalterata la sua chiave melodica, rendendolo accettabile anche dalla generazioni più giovani.

Voi però avete portato lo schlager in lingua italiana ai vertici delle classifiche tedesche…
Tutto nasce dall’idea di realizzare delle cover moderne in lingua italiana di canzoni tedesche famosissime, stando molto attenti a mantenere inalterati i suoni e le sillabe delle diverse parole, conservando un significato dei testi. Zarrella tra l’altro era già popolare, ma quando racconto che parliamo di migliaia di CD fisici venduti, qui in Italia stentano a crederci. In Germania in effetti i dischi si vendono ancora…

Italia e Germania negli anni Ottanta si sono sfidate parecchio sul territorio synth pop e della dance…
Bisogna distinguere. Se da un lato le produzioni italiane su quel versante erano più semplici, seppure di qualità – pensiamo a Den Harrow, Sandy Marton… – i tedeschi raccoglievano l’eredità dei Kraftwerk, dagli Alphavillle ai Twins passando per i Modern Talking. Da notare che mi è già capitato varie volte che i mie studenti preparassero la tesina sui gruppi elettronici proprio sui Kraftwerk. Fronte dance è anche vero che quella italiana ha sempre avuto successo, tanto che di recente una radio del Lussembrurgo mi ha chiesto di preparare un mix a tema.

Hai anche lavorato come vocal coach per il talent show Popstars in Germania. Che esperienza è stata e qual è il valore per chi partecipa a questo tipo di situazione?
All’epoca insegnavo canto e sono stato probabilmente scelto sia per l’esperienza che ho con i ragazzi sia per il fatto di essere italiano, parlando perfettamente tedesco ma con delle costruzioni ‘esotiche’ tipiche del nostro paese. Credo che chi sia bravo sia destinato a continuare nel mondo dello spettacolo, magari anche dietro le quinte o con altri ruoli, come è accaduto ad alcuni partecipanti del passato diventati presentatori o registi. Vero è che ci sono fenomeni che dopo aver vinto e aver fatto un primo anno di grande successo poi non continuano a raccogliere gli stessi risultati. In generale si parla di un’esperienza che in due mesi di registrazioni arricchisce parecchio i concorrenti e rappresenta un trampolino di lancio importante. Lo stesso Giovanni Zarrella vi ha partecipato con una sua band e poi ne ha condotto la finale. Oggi ha un grande successo e questo autunno presenterà il prime time del sabato sera sulla TV tedesca ARD.

Quando parliamo di voce oggi spopola l’uso dell’auto tune. Un simbolo è in tal senso il genere della trap, Come lo giudichi?
A me non piace ma tanto di cappello a chi con un computer e pochi suoni riesce a costruire qualcosa di grande successo. In realtà l’auto tune è nato appunto per risolvere eventuali errori di intonazione dei cantanti in studio, chiaramente usandolo senza che venisse percepito. Attenzione però che deve essere impostato correttamente in termine di tonalità e scale. altrimenti il risultato non è corretto come accade in certe produzioni evidentemente amatoriali. È uno strumento che in sala viene usato da praticamente tutti e io sono talmente abituato a non sentire più stonature che se ascolto dei dischi d’epoca dei Beatles, dei Culture Club a di altri faccio fatica perché mi accorgo immediatamente di alcune stonature che un orecchio non allenato non riesce a percepire.

In Germania è anche molto popolare lo Eurovision Song Contest. Una manifestazione che è stata per anni snobbata in Italia ma che dal ritorno nel 2011 è poi via via cresciuta fino al trionfo di quest’anno dei Måneskin e un successo che sta diventando mondiale…
Questi ultimi sono la risposta alla trap che in Italia spopola e domina soprattutto tra i ragazzi. Un successo che nasce anche dalle nuove modalità di promozione digitali. Credo che solo qualche anno fa non sarebbe stato possibile in modo così immediato e diffuso. Fronte ESC io sono felicissimo che anche in Italia oggi se ne parli e il pubblico lo segua con interesse come avviene in Germania. Tra l’altro io stesso ho collaborato per anni con Ralph Siegel, uno degli autori che ha portato più canzoni in gara firmando anche la prima vittoria tedesca nel 1982.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Sto finendo un album di brani orchestrali che verranno utilizzati da un editore tedesco in varie produzioni anche su piattaforme di streaming televisivo. Quindi ho in progetto di scrivere nuove canzoni.

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