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Calcio

Signora mia che orari

di Stefano Olivari

Pubblicato il 2009-07-09

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Il ‘Signora mia, che tempi’, schema giornalistico che paga sempre perché senza essere Arbasino in fondo tutti siamo convinti che il meglio sia già passato, potrebbe adattarsi anche alla serie A sempre più spalmata e con la partita serale in orario Champions in modo da occupare militarmente tutta la serata degli italiani. Ne abbiamo già parlato qualche settimana fa: niente di ufficiale (i bandi per i diritti tivù post 2010 saranno resi pubblici domani), ma una linea chiara. Questa stagione sperimentazione, con l’unica certezza delle 20 e 45 delle partite serali, e dalla prossima anche la grande novità della partita domenicale delle 12 e 30. Non vediamo scandali, al di là del fatto che Fiorentina-Chievo interessi solo ai tifosi della Fiorentina e del Chievo e che in fin dei conti lo spacchettamento abbia senso solo per quelle partite che interessano anche ai non fanatici delle due squadre in campo. Si continueranno a trasmettere tutte le partite, al contrario di quanto avviene in Premier League, non si parla più di tivù di Lega (per la gioia di Mediaset e Sky, diciamo che l’advisor non è stato battagliero: chissà perchè…), non si è diminuita la vaghezza dei criteri di spartizione dei proventi, non si è parlato del possibile aborto della contrattazione collettiva sulla spinta della causa di una sola società (fin da ora scommettiamo sul Napoli) né tantomeno della riduzione delle squadre. Una Lega senza guida è di fatto governata da un direttorio di poteri semi-forti, condizionati (alcuni in maniera diretta, come il Milan) da aziende televisive che ormai rappresentano quasi il 70% del fatturato aggregato delle società. La partita di mezzogiorno, fra l’altro buona per agganciare l’Asia, è quindi l’ultimo dei problemi anche se ci diranno che quando entravamo allo stadio tre ore prima, per un posto non numerato, aspettando il fischio d’inizio alle 14 e 30 e guardando uno spettacolo di livello inferiore (togliete agli anni Settanta Juventus e Torino) era tutto più bello.

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