Senza abbuoni né cattivi

7 Luglio 2008 di Stefano Olivari

1. Un Tour de France senza abbuoni né cattivi, a insindacabile giudizio dell’Amaury Sport Organisation. Largo fin dall’inizio ai distacchi effettivi, stretta finale sugli indesiderati anche in tempo reale, “se necessario”, a salvaguardia di un’integrità che si vuole “da esempio, per lo sport in generale e non solo” (Christian Prudhomme). Se c’è una cosa che non manca al massimo evento ciclistico internazionale – una delle tre grandi manifestazioni periodiche, l’unica annuale, frequentate da una popolazione sufficientemente rappresentativa di quella mondiale, in termini di audience -, se c’è un segno particolare che fa l’identità della corsa più importante, è una sensibile coscienza di sé, da cui la tendenza ai sensi di colpa e ai sensi di legge (etica), agli scrupoli di responsabilità. Ma già dal Grand Départ sulle dipartimentali bretoni, fin dall’arrivo sulla côte di Plumelec, ecco che la maglia gialla di un Alejandro Valverde, guarda caso, stronca in partenza il tentativo di Kim Kirchen come quello degli organizzatori, entrambi benintenzionati e però maldestri, nel volersi distinguere anticipando l’azione: di forza e d’autorità, in contropiede e di diritto. Le chiacchiere stanno a zero, il vincitore degli ultimi Liegi e Delfinato a 56 (13 vittorie solo dal 2007 a oggi). Domani è un altro giorno utile per farsi una ragione dell’archiviazione spagnola dell’Operación Puerto, al limite per rimuoverla consapevolmente. Ieri complimenti al campione. E basta.
2. Tre giorni dopo essersi presentato al via del Campionato danese femminile – per un’improbabile protesta contro la sua federazione nazionale, subito virilmente sedata – Michael Rasmussen si è visto riconoscere una (minima) parte del maxi risarcimento danni richiesto alla Rabobank, la squadra che lo licenziò in tronco un anno prima, quando ormai la Grande Boucle pareva davvero sua, ancora all’antivigilia della crono di Angoulême. Per il professionista la soddisfazione di un piccolo rimborso spese, ha stabilito il tribunale di Utrecht: un paio di mensilità arretrate (132.500 € x2) più il valore del montepremi spettante alla maglia gialla di Parigi (400.000 €). 4,8 milioni di Euro meno della cifra domandata dal corridore, ma tant’è. In compenso, da quel giudice olandese è giunta una risposta definitiva all’interrogativo di molti, revisionisti e non delle avventure del pinocchietto di Lazise. Ebbene sì: infine non è altri che lui, il sedicente ciclista ubiquo – la mattina in Messico, il pomeriggio sulle Dolomiti – il legittimo vincitore (amorale) del Tour de France 2007, esonerato illegalmente senza preavviso e a corsa lanciata. Coincidenze. Due giorni prima della sentenza amministrativa in suo favore, lo stesso Rasmussen è stato squalificato per due anni dalla Federazione ciclistica monegasca, per la quale risulta tesserato. Le bugie hanno le gambe corte. La giustizia, tempi lunghi e troppo spesso sbagliati.
3. Nizza. Dal prossimo 21/7, il trentaquattrenne Alexandre Vinokourov potrebbe riprendere la sua attività di ciclista professionista, licenza kazaka nonostante la residenza nel Principato di Monaco. E sul Col de la Madone, la salita-test di ogni bravo ciclista-contribuente del fisco di Montecarlo, c’è chi giura di averlo visto già tirato e scattante, lo squalificato (per trasfusione omologa) dell’ultima Grande Boucle, primo pour parler tra i gestori e gli avventori della catena Culture Vélo, dalla Rue de France fino a Cannes e a Fréjus. L’ex Astana potrebbe anzitutto cambiare mezzo e divisa, anziché seguitare ad allenarsi – “Très fort”, osserva l’Iron Man Laurent Jalabert – su una bicicletta e con una tenuta da triathlon. Potrebbe pur sempre tornare a indossare la maglia della nazionale, il due volte bronzo ai Mondiali di cronometro. Giusto in tempo per le Olimpiadi di Pechino, per giunta. Potrebbe anche farlo, potrebbe sul serio rientrare alle gare: certo, fosse un pazzo o uno squattrinato. E invece da qui a due settimane, quello che “Da tre o quattro anni a questa parte, il ciclismo è diventato un autentico bordello”, proprio lui, curerà personalmente la trasformazione e il rilancio del vetusto Hôtel de la Commanderie (ad Andon, montagna accessibile dalla Route Napoleon) in un moderno centro sport, benessere e congressi d’alto livello, ma a basso impatto ambientale. Que dire? Invecchiando migliora, il nuovo Vino businessman.
4. Brivido caldo, dal processo contro Susanna Maranini in Frigo e il marito Dario, in aula ad Albertville. “Gli allora direttori sportivi della Fassa Bortolo, Giancarlo Ferretti e Bruno Cenghialta, così come i medici della squadra, effettivamente non mi hanno lasciato scelta. I loro rimproveri nei miei confronti, data la perdurante assenza di risultati (e per un corridore che guadagnava 480.000 € l’anno) erano un’umiliazione insopportabile. Continuavano a ripetermi che sapevo bene cosa fare. E d’altronde tanti assumevano Epo, in quella stagione. C’era chi si è fatto e chi ci ha guadagnato sopra più di me». Tutt’altro che un’autodifesa, anzi l’ennesima controaccusa – invero general-generica – al sistema ciclismo nel suo complesso, nello specifico delle parole di lui, sotto lo sguardo preoccupato di lei. I due rischiano fino a dodici mesi di reclusione con la condizionale, più multe per almeno 36.000 €. In compenso l’avvocato dell’ex professionista prova a mischiare le carte, riporta la cronaca del Dauphiné Libéré: giocando il jolly di una netta divisione dei ruoli alla prova dei fatti, tra moglie colpevole e marito innocente. Ecco il capitolo che manca a “Le donne dei campioni” di Beppe Conti, Editoriale Armenia. Per ultimo, si sta scrivendo (stenografato) non lontano da Sainte-Hélène-sur-Isère, dal luogo del delitto dove nell’auto della coppia vennero rinvenuti siringhe e prodotti dopanti, l’11/7/2005. Ah, l’amour.

Francesco Vergani
francescovergani@yahoo.it

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