Primavera a Georgia Tech

4 Aprile 2007 di Roberto Gotta

1. Già si è parlato in questo spazio di spring football, ovvero la sessione di allenamenti primaverili che viene concessa dalla NCAA alle squadre universitarie. Lo scopo è chiaro: per motivi scolastici e di usura fisica (si tratta ovviamente di non professionisti, a parte le battute) la stagione dei college dura molto poco, da agosto a novembre (più i bowl, in dicembre o gennaio), per cui il periodo dell’anno dedicato alla preparazione non è esteso. Le squadre NFL hanno ora i mini-camp, a inizio primavera e in giugno, che sono di fatto diventati obbligatori anche se spesso accompagnati dall’aggettivo ‘facoltativo’, ma i coach di college se non avessero ottenuto la concessione dello spring football si sarebbero trovati privi della possibilità di allenare sul campo da inizio dicembre – mettiamo, per chi non fa un bowl – a inizio agosto, e sono nove mesi pieni, sinceramente troppo sia per i giocatori sia per lo staff tecnico. In più le sessioni primaverili permettono ai freshmen più svegli di imparare già qualcosa: più svegli nel senso che è possibile, per chi ha conseguito il diploma di high school in anticipo sulla fine dell’anno scolastico, entrare al college già in marzo, con qualche mese di anticipo, e lavorare con i compagni di squadra con tempi meno frenetici rispetto alla stragrande maggioranza delle matricole che a giugno si trova in mano un libro degli schemi (playbook, in gergo) che pesa come un tomo della Treccani e deve studiarlo con l’imbuto per tenersi al passo.
2. Trovandoci per caso (…) ad Atlanta, abbiamo approfittato di una delle sessioni di spring football di Georgia Tech, uno dei college di maggiore prestigio, campione NCAA nel 1917, 1928, 1952 e 1990. Fa parte della ACC, una conference complessivamente di valore inferiore, nel football, ad altre, ma che comprende Miami, Virginia Tech, Clemson, Maryland, Florida State: insomma, non malaccio anche se non siamo ai livelli di una SEC. Il suo coach è Chan Gailey, 55, anni, che è nato e cresciuto proprio in Georgia, ad Americus, che è anche il luogo d’origine di Dan Reeves, pluripartecipante (e ahilui sconfitto) al Super Bowl con i Denver Broncos e una volta anche con gli Atlanta Falcons. Quarterback a Florida da giocatore, uomo del Sud in tutto e per tutto, anche nella carriera da allenatore che mai l’ha visto andare a nord della Georgia e ad ovest del Texas, Gailey ha allenato anche da head coach i Dallas Cowboys, nel 1998-99, perdendo nella partita di wild card dei playoff in entrambi i casi, la seconda volta contro i Cardinals, il che gli costò il posto. Dal 2000 è a Georgia Tech, con risultati a dire il vero non eccezionali, visto che la successione di bilanci parla di 7-6, 7-6, 7-5, 7-5, 9-5: cinque bowl giocati, uno ogni anno, ma solo uno di prestigio, il Gator Bowl dell’1 gennaio 2007 perso 38-35 contro West Virginia. Terminata la stagione, a quanto pare Gailey si era interessato al posto di capoallenatore dei Pittsburgh Steelers e dei Miami Dolphins, squadre di cui è stato in passato offensive coordinator, ma non se n’è fatto nulla: va detto per obiettività che una parte dei tifosi di Georgia Tech, e qui si intende anche i cosiddetti booster e/o alumni (ne parleremo in altro momento) cioè quelli che versano soldi, e tanti, alla sezione sportiva del rinomatissimo college, non avrebbe fatto una piega, visto che non apprezza molto il lavoro di Gailey, che ha oltretutto l’imperdonabile colpa di avere perso cinque volte su cinque il ‘derby’ contro Georgia, che fa parte della SEC ma ha sede a meno di un’ora d’auto da Atlanta, andando verso est.
3. Comunque sia, ecco il sabato di allenamento di Tech, nel Bobby Dodd Stadium, che nel ricco novero di stadi NCAA circondati da panorami suggestivi occupa comunque un posto rilevante, visto che dagli spalti si vedono alcuni grattacieli del centro di Atlanta. Primo chiarimento: le sessioni di spring football di Georgia Tech erano previste dall’1 marzo al 7 aprile, con interruzione dal 17 al 27 per la tradizionale vacanza primaverile (spring break), 15 sessioni in tutto compresa, appunto il 7 aprile, la partitella finale blu contro bianchi, con roster diviso in due. Ogni allenamento dura dai 90 minuti alle due ore e mezzo: quello che abbiamo seguito è stato del secondo tipo, per il semplice motivo che dopo 45’ di esercizi per reparto, mentre alcuni giocatori in rieducazione da infortunio correvano su e giù per i gradini dello stadio, si è passati allo scrimmage, insomma a serie di azioni attacco contro difesa, con palla sistemata sulla linea delle 20 yards, contatto ‘vero’ (a parte sul Qb titolare, che indossa una casacca verde per essere visto e dunque ‘risparmiato’) e arbitri ‘veri’: se si conquista il primo down si va avanti fino a segnare un touchdown o effettuare un field goal, altrimenti si ricomincia da capo, alternando magari quarterback e non solo running back o wide receiver come accade ovviamente in ogni azione. Inutile il resoconto specifico di quel che si è visto, visto che crediamo che a pochi interessi sapere chi sia il middle linebacker di Georgia Tech, due soli accenni meritano di essere fatti, perché importanti: non c’è più l’eccezionale wide receiver Calvin Johnson, junior uscito anzitempo che potrebbe addirittura il primissimo scelto nel prossimo draft, e il quarterback è (semi)nuovo, cioè Taylor Bennett, un altro junior che lo scorso anno era la riserva del titolare Reggie Ball ma che aveva giocato – bene – il Gator Bowl perché Ball, che nel frattempo ha finito il quadriennio, aveva ottenuto voti insufficienti ed era stato lasciato fuori. Dopo il 19/26 per 326 yards e tre touchdown del Gator Bowl, Bennett è ovviamente titolare e nello scrimmage ha fatto un’ottima impressione (14/27, 260 yards, quattro passaggi in touchdown), per precisione, sicurezza e scelta dei compagni cui lanciare, nonostante il poco utilizzo del running back Tashard Choice, 1534 yards lo scorso anno, migliore della ACC. Al termine un altro QB, Steven Threet, liceale diplomatosi prima per potersi allenare subito, toccava un argomento a noi caro anche in questa rubrica, sottolineando come l’enorme differenza con la high school sia che al college tutto avviene sul campo a velocità molto superiore (pensate alla NFL, come abbiamo già accennato in passato…); mentre Gailey si è fermato a chiacchierare sul prato con alcuni dei circa quaranta giocatori junior (terzo anno) di liceo che avevano assistito allo scrimmage, e che potrebbero ricevere l’offerta di una borsa di studio. Poi ha parlato brevemente con i (pochi) giornalisti, sottolineando la buona prestazione della difesa ed elogiando l’intelligenza tattica di Bennett, con le parole «vede il gioco meglio di quanto mi aspettassi da lui quando è arrivato qui, e capisce molto bene quello che stiamo cercando di fare in attacco (c’è un nuovo offensive coordinator, ndr). Un QB deve prendere molte decisioni, e Taylor ha mostrato di poterlo fare con la velocità di pensiero che è necessaria per poter giocare in quel ruolo».
4. Lasciato terminare il lavoro ai giornalisti locali, che hanno ovviamente la precedenza (non che lo staff di Georgia Tech non gliel’avrebbe data, sia chiaro), abbiamo fatto qualche domanda a Gailey. Non è un’intervista, sia chiaro, genere che su queste colonne non è contemplato, che ci attizza poco (la fase giornalisticamente adolescenziale del “sai che ho parlato con…” l’abbiamo superata da un pezzo) e che comunque bisognerebbe fare sì faccia a faccia (quelle per email, seppur a volte scelta obbligata, sono più questionari) ma con ore e ore a disposizione, per cui nada. Da ignoranti, abbiamo chiesto a Gailey quanti dei nuovi schemi fossero già pronti («circa il 70%» la risposta) e a quanto ammontasse il lavoro dello staff tecnico durante la stagione ‘morta’, visto che è notorio che tantissimi allenatori, quando si inizia a giocare, fanno orari allucinanti dormendo addirittura in ufficio: «lavoriamo ogni giorno sulla rifinitura degli schemi e sul reclutamento, ma nei mesi senza partita facciamo orari come un normale ufficio, dalle

9 alle 17. Io per filosofia personale non voglio che in questo periodo coach del mio staff vivano, respirino e mangino football 24 ore su 24, voglio che siano mariti e padri di famiglia e non solo allenatori. Ci sarà tempo dall’1 agosto per correre a 900 miglia all’ora sette giorni su sette». Non poteva mancare un accenno a Johnson, nel quale includiamo pure una risposta che Gailey aveva dato pochi minuti prima ad una giornalista locale: «Nella NFL deve imparare ad assorbire meglio i contatti (bump, ndr) alla linea di scrimmage, ma ha talento, carattere, umiltà. Non voglio sentir dire che è come un Randy Moss senza problemi comportamentali, non voglio nemmeno che quel nome e quello di Calvin vengano menzionati nella stessa frase. Ci siamo accorti subito che era un grande, anche quando siamo andati a vederlo al liceo (sempre in Georgia, ndr), anche se curiosamente la sua squadra non gli lanciava molto la palla. Quello che sa fare lo avete visto tutti, io faccio solo un esempio del suo atteggiamento: anche nel suo ultimo anno, quando era già una celebrità, se un lancio era lungo e finiva molte yards più avanti lui correva a prendere il pallone e lo riportava indietro. Di nessuno si può dire con il cento per cento di certezza che sarà una superstar, ma lui è quanto di più vicino ci possa essere a quel cento per cento».
5. E’ iniziato in pieno il campionato italiano, di cui potete seguire gli sviluppi su www.nfli.it, www.fiaf.net e www.huddle.org. Da notare: la vittoria dei Rhinos Milano al debutto dopo tanti anni di assenza e dei Giants Bolzano su Lions Bergamo, ma tanto vale – dopo avere letto questo articolo e tutta Settimana Sportiva però! – che chi è interessato faccia un salto nei siti di cui sopra. Tra non molto, 14 aprile, inizierà anche la NFL Europa (www.nfleurope.com), il campionato europeo, o meglio tedesco-olandese, gestito dalla NFL come riserva di giocatori da far crescere, e che rappresenta comunque uno spettacolo seguitissimo nelle città che hanno una squadra: come detto, quasi tutte in Germania, cinque, più gli Amsterdam Admirals. Nel corso degli anni e del procedimento di stabilizzazione – termine in questo caso che copre il più realistico “fallimento” dei piani iniziali – la NFL Europa, che ha pure cambiato vari nomi nel frattempo, ha lasciato Regno Unito e Spagna, mentre non aveva avuto alcuno sviluppo l’idea di creare una squadra anche in Italia: essendone venuti personalmente a conoscenza già nel 1990, ricordiamo da parte dei dirigenti di allora, tra cui il celebre Tex Schramm (scomparso nel 2003), primo presidente dei Dallas Cowboys, un atteggiamento non pienamente realistico. Basti dire che si pensava di giocare a San Siro nelle domeniche libere dal calcio… il che dimostra che i responsabili WLAF di allora non erano consci del fatto che a Milano esistevano due squadre, e ovviamente all’epoca senza anticipi tv la domenica ERA realmente un giorno impossibile per il football, per non parlare di altri problemi dovuti alla burocrazia italiana. Comunque sull’NFL Europa torneremo, chi vuole però può abbonarsi gratuitamente ad un’ottima rivista in pdf di cinque pagine curata da due persone che per il football in Italia sono una garanzia, Massimo Foglio e Giovanni Ganci: il sito è sempre www.huddle.org, l’email per richiedere la rivista è huddleitaly@gmail.com.
6. Non c’entra niente, ma è curiosa: ieri abbiamo visto una partita NBA con non più di 3000 spettatori, il che in un’arena da 18.000 è deprimente. Era Bucks-Hornets, che era stata annullata il 13 gennaio perché una tormenta di neve aveva impedito agli Hornets di arrivare a Milwaukee. Dato che per le statistiche contano i biglietti venduti, e non i presenti, ieri l’addetto dei Bucks quando è passato con il foglio e la scritta “spettatori paganti 16.013” ha sottolineato con un po’ di imbarazzo “paganti”, per far capire che per quella partita erano effettivamente stati venduti 16.013 tra biglietti ed abbonamenti, solo che molti o non sapevano del recupero previsto per ieri o hanno preferito cavalcare la striscia vincente dei Brewers, partiti… 1-0 nella regular season, ed andare al Miller Park a vedere il baseball.

Roberto Gotta, da Atlanta
chacmool@iol.it

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