Morti per Covid e pensionati in Italia nel 2020

3 Febbraio 2021 di Stefano Olivari

Quanti sono stati i morti in Italia nel 2020? Circa 726.000, secondo la stima del presidente dell’ISTAT Gian Carlo Blangiardo, che ai dati dell’anagrafe aggiunge appunto una stima relativa a dicembre 2020, in attesa delle cifre ufficiali. Ci sembra la madre di tutte le domande nell’anno che non solo per l’Italia è stato l’anno del Covid. Insomma, ogni giorno del 2020 sono morte in Italia 1.990 persone, Cioè 223 in più rispetto alla media giornaliera del quinquennio precedente.

Tutti morti per Covid questi 223? Magari, azzardiamo, in piccola parte anche per patologie curate meno a causa dell’ossessione Covid. E in una parte meno piccola per il naturale invecchiamento della popolazione: nel 2019 gli over 65 residenti in Italia erano 13.693.215, nel 2020 13.859.090. In pratica, sintetizziamo, circa 3 milioni di anziani in più rispetto all’Italia di vent’anni prima. Senza voler minimizzare l’effetto Covid o il Covid stesso, vista la quantità di persone di nostra conoscenza che lo hanno avuto, rimane la domanda: gli anziani moriranno più facilmente dei giovani o no?

Di sicuro è la prima volta in 160 anni di Italia propriamente detta che il saldo naturale sfonderebbe, in negativo, il valore di 300.000 (in altre parole i nati del 2020 in Italia sono stati sotto i 400.000). Diamo per scontati i soliti discorsi sulle cause della scarsa natalità in Italia, a cui si è aggiunto un minimo (per i bambini occorrono comunque 9 mesi) effetto Covid, perché non pare che i vari lockdown abbiano scatenato il sesso fra le mura domestiche, senza contare il crollo dei rapporti occasionali. Non conosciamo i dati 2020 sugli aborti, che nel 2019 erano stati circa 80.000: un numero sempre pazzesco, una specie di autogenocidio, comunque la si veda sul piano etico e religioso.

Dal punto di vista dell’INPS l’anno del Covid ha prodotto anche qualche buona notizia: sul Sole 24 Ore abbiamo letto che nel 2020 l’INPS ha cancellato 862.838 pensioni per la regina delle cause di cancellazione, cioè la morte del pensionato stesso. Queste cancellazioni sono state il 16,3% in più rispetto alle cancellazioni del 2019, che non significa che ci sia stato il 16,3% di morti in più visto il cumulo di più pensioni. La buona notizia è che nel 2020 le cancellazioni hanno superato le nuove pensioni entrate in decorrenza di 67.000 unità, mentre l’anno prima i due valori erano quasi uguali. Ovviamente in generale non c’è da esultare, visti i costi devastanti del Covid per la sanità pubblica e per l’economia nel suo complesso. Ma nemmeno sono da prendere in maniera acritica i bollettini della paura (oggi 477 morti per Covid…), che fanno sembrare accettabile qualsiasi nefandezza compiuta nel nome della salute.

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