Youtuber italiani

15 Marzo 2024 di Stefano Olivari

Si può vivere facendo lo youtuber? Oggi ci regaliamo e vi regaliamo questa domanda da vecchi, prendendo spunto dal caso del professore di Bolzano intenzionato a lasciare l’università per dedicarsi solo ai suoi video di finanza e soprattutto dall’incredibile incontro di Mattarella con alcuni youtuber, aka content creator, che al Quirinale hanno parlato dell’attualità della Costituzione, con moderatore Rovazzi (tutto vero, per citare la Gazzetta dopo Italia-Francia 2006). In altre parole, quello che fino a pochi anni fa veniva considerato un hobby che per i più bravi poteva diventare un lavoro, adesso è considerato un lavoro anche da chi, come Mattarella e purtroppo anche come noi, è lontanissimo da questo mondo per età e interessi.

La nostra domanda non è quindi filosofica, ma tecnica e finanziaria. Perché anche il più scarso degli esperti di marketing ti racconta che per avere successo su YouTube ed in genere sui social network il punto di partenza è quello di essere verticali (cioè occuparsi di un argomento solo, nella maniera più approfondita possibile), ma dando per scontata la verticalità ed ovviamente una minima qualità dei video, in pochi sanno davvero spiegare cosa occorra per fare lo youtuber come lavoro. Quanti follower? Quanti video? Quante interazioni? E come è possibile che tutti dichiarino centinaia di migliaia di abbonati? La gente non lavora? Stiamo parlando di video in italiano, la ventitreesima lingua del mondo, conosciuta bene (nel conteggio però anche chi dice ‘Step on foot’ e ‘Calcio relazionale’) da 68 milioni di persone in totale. Insomma, un’idiozia in inglese avrà sempre più chance.

Tante domande, quindi, che giriamo ai competenti visto che le proporzioni di massima sono conosciute. Come spiega YouTube, cioè Google, cioè Alphabet, stessa, per entrare nel programma pubblicitario del sito bisogna avere almeno 1.000 iscritti. Non sembra impossibile, anche per un blogger che si occupa solo di patriarcato o di cucina con il wok. C’è però anche un secondo requisito, quello di almeno 4.000 ore di visualizzazione negli ultimi 12 mesi. Significa che ognuno dei nostri 1.000 abbonati, facciamo l’ipotesi peggiore, in un anno dovrà guardare 4 ore di video sul nostro canale YouTube. Anche in questo caso l’obbiettivo non è impossibile, basta fare qualche diretta interessante ed il gioco è fatto.

Per diventare Partner di YouTube ci sono anche altri requisiti, in aggiunta o al posto di quelli da noi citati, li trovate tutti sul sito. C’è invece vaghezza assoluta sul valore commerciale degli iscritti ed in generale del pubblico. Il leggendario CPM, cioè l’incasso per 1.000 visualizzazioni, varia a seconda dell’argomento: quello di chi parla di sport e cazzeggio pop (il canale YouTube che vorremmo e sapremmo fare noi) è bassissimo, 0,50 per gli ottimisti ma in realtà molto meno, circa la metà, mentre massimo, fra il 3,5 ed il 4,  è quello di chi si occupa di finanza e tecnologia. Buoni risultati, in proporzione agli iscritti, anche per chi si occupa di auto, prodotti di bellezza e viaggi. Poca cosa la musica e il cinema, pochissima la politica, dello sport abbiamo detto. Si parla solo del programma Partner, non di altre forme di monetizzazione come affiliazioni, abbonamenti, eccetera.

stefano@indiscreto.net

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