Morattiani di Giacarta

3 Febbraio 2014 di Dominique Antognoni

Cosa esiste di meglio che seguire Juventus-Inter dalla sede dell’Inter Club di Giacarta, insieme a cinquecento tifosi nerazzurri d’Indonesia? Tante cose, a dire il vero. Ma già che eravamo (e siamo) a Giacarta e non potevamo usufruire di SkyGo, perché non fare un salto al Rick’s Cafe & Billiard? Arriviamo verso l’una e trenta di notte, le 19 e 30 italiane, quindi oltre un’ora prima della partita. Il posto è animatissimo. Qualcuno gioca a biliardo, in locali pieni di schermi al plasma e di giovani (niente a che vedere con le sale da biliardo europee, tutte fumo e vecchi molesti), la maggior parte sta discutendo dell’imminente partita. Tutti sono socievoli e molti sono in grado di discutere di calcio in inglese. Apprendo, anche se ci sarei potuto arrivare da solo (bastava leggere lo striscione), che il locale Inter Club è intitolato a Massimo Moratti, noto che nei confronti di Thohir c’è una certa freddezza. Tutti ovviamente lo conoscono, ma nessuno pensa che comprerà campioni più grandi di quelli ingaggiati dal Moratti dei tempi d’oro. Forse dipende dal fatto che trattiamo con sufficienza il prodotto ‘locale’ e siamo esterofili, ma di sicuro per quei ragazzi (difficile trovarne uno sopra la trentina) Moratti è un autentico mito mentre Thohir un imprenditore come tanti. Uno gli ha preso Ronaldo e Baggio, l’altro è all’inizio: quando ricordiamo che Hernanes è già meglio di Ganz e Benny Carbone non troviamo approvazione. Su vari megaschermi appare il countdown per il fischio di inizio, la tensione sale. All’improvviso mi sembra di essere tornato a San Siro, quando vedo un gruppo di indonesiani (del resto l’unico non indonesiano nella sala sono io) srotolare uno striscione con scritto Curva Nord Milano. Vengono superati da un altro gruppo che inneggia a Peppino Prisco (!), con relativa scritta. Non ci credo nemmeno io, ma è tutto vero. Inizia la partita, nel locale non entra nemmeno una mosca oltre ai 500 di capienza massima. Un assatanato al mio fianco urla cose in indonesiano, il problema è che lo fa attraverso un megafono. Gli fa il controcanto un altro ragazzo, con la maglia di Belfodil (va be’, si aggiornerà). In generale tante sciarpe, bandiere e maglie, ma con nomi da gente che segue l’Inter da lunga data. Vincono Ronaldo e Baggio, come è ovvio. La partita è seguita con urla da invasati, non diversamente da quanto succederebbe dalle nostre parti: scopro, andando contro i miei pregiudizi, che sono tifosi veri e non gente affascinata dai fuoriclasse (del resto l’Inter attuale non ne ha) stranieri e dal merchandising demenziale. Inutile raccontare la delusione durante i 90′, ma curioso osservare che subito dopo i sentimenti non sono ‘italiani’. Né scoramento né rabbia, ma solo tifo. Quel tifo che, volendo semplificare, spesso in Italia viene definito ‘inglese’. Insomma, ragazzi, saremo sempre con voi. Ragionamenti interrotti da 499 indonesiani che per 10 minuti consecutivi saltellano e gridano, in italiano, ‘Juve merda’. Uno dei più moderati mi chiede cosa voglia dire esattamente ‘merda’. Tutto finisce alle 5 del mattino di Giacarta, città inimmaginabile che nelle sue parti più moderne ricorda il Dubai. Trovo un traffico da ora di punta e penso a quante cose diamo per scontate.

Dominique Antognoni, da Giacarta

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