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Cucina

Poter scrivere come Ruth Reichl

Dominique Antognoni 20/08/2015

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Perché scriviamo di cibo? Potremmo rispondere con una frase già diventata cult: perché mangiare è godere. Oppure perché mangiare è come vivere. Perché il cibo ci aiuta a capire le persone. Perché i ristoranti ci liberano dalla triste realtà quotidiana, insieme a poche altre cose (a volte anche il calcio), fa tutto parte dell’incantesimo. Assaggiare piatti eleganti e ricercati, intensi e vigorosi, è un atto d’amore. Momenti di piacere assoluto e profondo. Scrivendo di quello che abbiamo degustato facciamo assaggiare anche ai lettori, con il palato dell’immaginazione. Per lo meno ci proviamo, cercate di apprezzare la buona volontà. Chi invece ci riesce in maniera sublime è Ruth Reichl, la signora del giornalismo gastronomico. Per anni ha scritto sul New York Times: abbiamo per anni divorato le sue recensioni e d’ora in poi condivideremo con voi le migliori, anche perché spesso in Italia il settore vede dei personaggi spesso marchettari, pittoreschi, tediosi, scarsi, oppure con un ego smisurato. Leggendo la Reichl magari possiamo farci un’idea su come e cosa dovrebbe essere un vero critico gastronomico. A parità di mezzi espressivi, meglio ispirarsi a un grande giornalista che a uno del genere ‘È già un Napoli che fa sognare’.  Iniziamo traducendo un articolo che ci è piaciuto moltissimo: si intitola “Dove la bistecca è insieme re e giullare”.

Kurt Vonnegut non ha l’aria contenta. Lo scrittore è in attesa vicino all’entrata di Sparks in compagnia dell’attore Albert Finney e un’altra ventina di fiduciosi avventori. Il maitre d’hotel non sembra minimamente curarsi del fatto che siamo schiacciati l’uno contro l’altro e risponde bruscamente a chi gli chiede quando sarà pronto il tavolo. Dopo una ventina di minuti il gruppo di Vonnegut rinuncia e mentre li osservo andarsene mi chiedo se esista in America un altro ristorante dove a personaggi di quella levatura venga fatta fare anticamera. Alla fine la nostra attesa rispetto all’ora di prenotazione ammonta a quaranta minuti e constatare che da Sparks non si fanno favoritismi è una ben magra consolazione.

Il fatto è che non si fanno favoritismi neppure con le bistecche. Da Sparks ho mangiato bistecche fantastiche. E ho mangiato bistecche mediocri. A volte nel corso della stessa serata. E se è vero che l’aragosta di solito è eccellente, so di serate in cui si è rivelata un disastro. Alla fine dell’anno scorso Sparks si è allargato ai locali adiacenti, un tempo occupati da Arcimboldo, e la cucina stenta a adeguarsi alle nuove esigenze. I tortini di patate spesso non sono croccanti, la carne spesso è stracotta, e praticamente tutto è sempre troppo salato. Tuttavia ci sono due cose di cui si può essere certi una volta seduti al tavolo: il servizio sarà cortese e la lista dei vini riuscirà quasi a far dimenticare tutte le altre mancanze. E comunque le probabilità di cenare come si deve da Sparks si possono aumentare. Ecco come.

Andateci di sabato sera. Da Sparks, a differenza di altri locali, il sabato sera è fiacco. Ci sono maggiori possibilità di accomodarsi subito al tavolo e anche di sedersi lontani da un gruppo di tredici operatori di borsa ubriachi che festeggiano i loro successi (a me è capitato di mercoledì). “Quanto hanno speso?”, ho chiesto al cameriere quando la tavolata ha tolto finalmente le tende. “Oh, non molto”, mi ha risposto aprendo con un colpo di polso il blocchetto degli ordini. “Hanno preso soltanto quattro doppie magnum e una bottiglia di porto. Un paio di migliaia di dollari, non di più”.

Andateci in pochi. Sarà una coincidenza, ma le volte in cui ho mangiato da Sparks eravamo solo in due al tavolo. Ci è sempre arrivato tutto caldo e sia bistecche sia aragosta erano superbe.

Guardate quello che mangiano gli altri. Non vedrete nessuno nei tavoli accanto che mangi antipasti di mare. C’è una ragione. I molluschi al forno sono affogati sotto il pan grattato e quasi crudi. Non vi capiterà neppure di vedere qualcuno che mangi melone. Gli antipasti da prendere sono: cocktail di gamberetti (servito direttamente nel piatto con i gamberi aperti a farfalla), polpa di granchio, insalata di pomodori e cipolla. Vi accorgerete che gli esperti si fanno servire insalata di pomodori tagliati a pezzettini con una salsa al Roquefort: un tocco molto americano e sorprendentemente delicato. Potrete anche notare che molti dei vostri commensali prendono gli asparagi in vinaigrette. Sul menu non compaiono ma sono molto buoni.

Limitatevi a bistecca e bracciole lisce. Nel menu sono riportati una quantità di piatti frufru tipo medaglioni di manzo in salsa bordolese, bistecca al formaggio (cioè con sopra Roquefort), o scaloppine di manzo (fettine di filetto con peperoni e funghi). In cucina devono coltivare un sommo disprezzo per chi è in attesa di simili preparazioni decadenti, e carne e condimenti non sono all’altezza di quelli usati per i piatti ortodossi. Detto per inciso, la portata più affidabile che abbia sperimentato sono le bracioline d’agnello, sempre notevoli.

Se volete piatti di mare, prendete l’aragosta. Da Sparks l’aragosta solitamente è degna di fiducia. Solo una volta l’ho trovata così dura da doverla mandare indietro. Il pesce viene trattato come una presenza importuna e chi si azzarda a ordinare bocconcini d’aragosta e gamberoni alla griglia con salsa di burro al limone lo fa a suo rischio e pericolo. In fondo siete pur sempre in una steak house.

Non fatevi scrupoli nel respingere i piatti. La qualità delle bistecche varia e l’unica cosa da fare per averne una di buon livello è affidarsi alla Provvidenza. Ma per quanto riguarda il modo in cui le bistecche vengono cucinate, la Provvidenza non c’entra. Se non è come la volevate dite al cameriere di riportarla in cucina. Se l’avete ordinata al sangue, non accettatela ben cotta.

Non aspettatevi troppo dai tortini di patate. Da Sparks, sfortunatamente, non mi sono mai capitati dei tortini di patate come si deve. Cioè dovrebbero essere croccanti all’esterno, morbidi all’interno e molto caldi. Ma forse in cucina non sanno come si fanno. Gli spinaci al burro, invece, sono di un bel verde squillante e hanno un ottimo sapore.

Prendete un dessert liquido (a meno che non ordiniate cheesecake). Evitate tartufo, frutti di bosco e gelato e date un’occhiata ai grandiosi porto, sauterne e vini da meditazione che vi garantiranno un fine pasto dolcissimo.
Confermate la prenotazione. Spesso da Sparks si distraggono quando telefonate per prenotare. Una volta mi è capitato di prenotare per una domenica sera. Solo che quando sono arrivata davanti al ristorante l’ho trovato chiuso. Lo sanno tutti che Sparks chiude sempre la domenica, no?

Insomma, se fossimo capaci vorremmo scrivere così. Ma anche poter scrivere così, cosa che nel paese dei querelomani (non che in America si scherzi) e dei democristiani, distribuiti fra chi scrive e chi legge, quasi mai è possibile.

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