Atletica
Metodo Francis, la parte buona è la seconda?
Carlo Vittori 21/05/2013
Vi ricordate di Charlie Francis? Sì, l’allenatore di Ben Johnson, Desai Williams. Mark McKoy, Angela Issajenko e tanti altri. Cacciato dalla federazione canadese alla fine degli anni Ottanta dopo l’ammissione di aver dato steroidi a Johnson, ha continuato a seguire atleti (fra questi Marion Jones) teorizzando il doping come necessario per gli atleti di elìte e soprattutto per gli sprinter. Ha scritto anche libri tecnici sull’atletica, allenando campioni di vari altri sport, prima di morire nel 2010 a soli 52 anni per un linfoma. Non voglio ripetere cose che ho già detto quando era in vita, quindi parlo del presente. E nel presente mi risulta che nel 2013 diversi (troppi) velocisti italiani, di vari livelli, usino il cosiddetto Metodo Francis. Non è un segreto, alcuni pare anzi che ne vadano orgogliosi. Sembra che i nostri atleti (o i loro allenatori) non si rendano conto di fare una cosa di cui non andare fieri. O addirittura una cosa inutile. Il principio base di Francis è, in teoria, che ‘less is more’. In altre parole, secondo Francis il problema da evitare più di tutti gli altri è il super-allenamento. Quindi bisogna programmare lavori intensi in finestre temporali ristrette, curando solo in queste finestre la forza e concentrandosi per il resto su recupero e programmazione a lungo periodo. E’ ovvio che agli occhi degli atleti questa teoria abbia un suo fascino, magari in un intervento futuro su Indiscreto entreremo nel merito biologico e biomeccanico della questione. I fatti però dimostrano che gli atleti di Francis che sono arrivati a certi livelli hanno fatto il salto di qualità solo grazie a quelli che con un eufemismo chiamo prodotti esogeni. E, senza eufemismo, doping. Non mi vengono in mente altri allenatori con così tanti squalificati fra chi ha lavorato con loro, non può essere sempre stato un complotto. Visto che Johnson, per stessa ammissione di Francis davanti alla commissione d’inchiesta del governo canadese, assumeva steroidi dal 1981, ben 7 anni prima dei Giochi di Seul. E che già trattato con il Metodo Francis veniva battuto da Pavoni e Simionato (in un incontro fra nazionali a Venezia), prima di esplodere ai livelli che sappiamo. Dicono che la scuola tecnica italiana sia da buttare, ed in effetti è già stata buttata (basta vedere cosa è diventata Formia). La scuola di adesso, parlando solo di tecnica, è invece almeno in parte quella del Metodo Francis. La storia dice però che senza la seconda parte del metodo non si arriva ai vertici mondiali. Che sia proprio questa la parte buona?
Carlo Vittori, in esclusiva per Indiscreto