L’ultima ruota del Carr

28 Febbraio 2010 di Christian Giordano

di Christian Giordano
Leggerino ma instancabile suggeritore alle spalle delle punte, il pel di carota William McInanny Carr aveva nella naturale capacità di calcio il suo punto di forza. Gran tocco di palla e visione di gioco, unite a una spiccata propensione alla fatica, ne fanno un cardine di ogni centrocampo. Eppure passerà alla storia per una punizione e il cambio di regolamento che ne seguirà.
Scozzese di Glasgow, dove è nato il 6 gennaio 1950, “Willie” cresce al Kinning Park prima di trasferirsi coi genitori, tredicenne, a Cambridge ed essere scelto in un provino scolastico per la selezione inglese di categoria. Arrivato come praticante nel Coventry City, il “nuovo Alan Ball” (per il fisico minuto e la fulva chioma) debutta in Youth Cup segnando a Peter Shilton, 3-1 sul Leicester nel 1965. Due anni dopo, salta la finale contro il Burnley perché la prima squadra, neopromossa in First Division, per salvarsi ha bisogno anche di lui. Negli Sky Blues debutta ad Highbury nel settembre 1967 subentrando contro l’Arsenal. A fine stagione toglie il posto alla bandiera Ronnie Rees, l’anno dopo è titolare fisso. I tanti infortuni in attacco costringono Cantwell a schierarlo di punta accanto a Neil Martin. E Willie, tutto meno che un realizzatore, il 12 agosto 1969 firma la tripletta del 3-1 casalingo sul West Bromwich Albion alla seconda giornata.

Ma non sono i gol a renderlo celebre, bensì l’indimenticabile “donkey-kick”, il calcio del somaro, per Ernie Hunt nel 3-1 all’Everton del 3 ottobre 1970. La punizione a due che il numero 8, alzando all’indietro il pallone con l’interno dei piedi, tocca per il numero 7 che di destro al volo la infila sotto la traversa alla sinistra del portiere Andy Rankin. Alla faccia dei quattro (più uno, staccato) in barriera, rimasti a bocca aperta come il resto della difesa e il pubblico, che dopo un momento di incertezza rumoreggia per la presunta regolarità dell’esecuzione. Secondo l’arbitro Tommy Dawes, invece, il gol è buono. E sarà Gol del mese e della stagione di Match of the Day, programma-cult della BBC, con il commento di Barry Davies che ne farà un classico del folklore pallonaro nazionale. «All’intervallo – racconta Hunt – l’allenatore, Noel Cantwell, voleva sapere perché non ci avevamo provato anche nel primo tempo, quando ne avevamo avuto l’occasione. Gli risposi che volevo una posizione più centrale. Quando ci è capitata, nella ripresa, pensavo di far passare la palla fra le gambe di Willie per lasciare tirare Dave Clements, ma poi abbiamo deciso di provare il “donkey kick”, così, per dare un segnale. Il resto è storia». Alla lettera. Perché in seguito a quell’episodio, la Football Association vieterà di battere le punizioni toccando il pallone con entrambi i piedi. Giusto per la cronaca, il calcio franco era arrivato a 10’ dalla fine e con il Coventry avanti 2-1 sui campioni uscenti.
Sei mesi prima, il 18 aprile, Carr aveva debuttato nella Scozia maggiore, 1-0 esterno sull’Irlanda del Nord nella prima delle sue 6 presenze da titolare (in due anni). Sicuro del posto per il Mondiale in Germania Ovest dell’anno dopo, nell’aprile ’73 si rompe un ginocchio contro Phil Boersma del Liverpool all’Highfield Road e salta il resto della stagione. Sotto Joe Mercer e Gordon Milne, i successori di Cantwell, Carr aveva sviluppato un’ottima intesa con Tommy Hutchison e Colin Stein, ma quando torna in squadra, sette mesi dopo l’infortunio, è la controfigura del Giocatore del club per il 1971. E così, dopo otto anni e 37 reti in 298 gare (33 in 252 di campionato), nel marzo 1975 la dirigenza lo cede al Wolverhampton per 240.000 sterline salvo vederselo rispedire indietro dal flop alle visite mediche. In crisi finanziaria, il City rilancia a 100 mila poi svende a 80.000.
Nello stesso mese Willie debutta con un gol nel memorabile 7-1 sul Chelsea, ma il suo primo campionato al Molineux si chiude con la retrocessione. I Wolves risalgono subito vincendo la Second Division 1976-77, poi entrano nella storia conquistando in tre anni due semifinali di FA Cup e la Coppa di Lega 1980: 1-0 dell’altro scozzese Andy Gray al 67’ sul Nottingham Forest a Wembley il 15 marzo. Il 28 maggio al Bernabéu di Madrid, il Forest alzerà contro l’Amburgo la sua seconda Coppa dei Campioni consecutiva. Nell’agosto 1982, dopo 26 gol in 289 gare di campionato coi Wanderers, Carr è al Millwall. Otto partite (e un gol) coi Lions e poi molla il “the Den” per tornare nelle Midlands e chiudere in non-League con Worcester City (1983), Willenhall Town (1983-84), Maidstone United (1984-85), Stafford Rangers (1985-1987) e Stourbridge (1987-88).
Lasciato il calcio (e le 20.000 sterline annue guadagnate negli ultimi anni da professionista), ha venduto dadi e bulloni per la stessa ferramenta per quasi vent’anni. Adesso vive fuori Wolverhampton con i quattro figli (tre maschi e una femmina) e fa il rappresentante nell’area di Birmingham per un’azienda di forniture meccaniche. John Terry al Chelsea, di pounds, ne porta a casa 120 mila la settimana: 300 volte lo stipendio del Carr giocatore. Willie, però, si divertiva: «Era una vita fantastica, essere pagati per giocare a calcio. Ho visto posti che altrimenti mai avrei visitato, e giocato con gente come Archie Gemmill e Billy Bremner. E questo ai calciatori di oggi non può capitare». A lui capita invece di andare alle partite del City o dei Wolves e di dare una mano nelle iniziative di ospitalità, talvolta in coppia con l’ex compagno Ernie Hunt. Quello del donkey-kick.
Christian Giordano
Football Poets Society

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