Lilia e la Boldrini

26 Marzo 2021 di Indiscreto

Il distacco di Laura Boldrini dall’Italia reale è tale che non le è nemmeno venuto in mente di evidenziare l’unico aspetto che nelle recenti vicende l’avrebbe messa in una luce positiva: cioè il fatto di pagare la sua collaboratrice domestica secondo le norme di legge. Mentre il 60% degli italiani, di destra e di sinistra, sovranisti o estimatori del Terzo Mondo, lo fa in nero, secondo una stima fatta dal Sole 24 Ore sui 2 milioni di collaboratori domestici a vario titolo che ci sono nel nostro paese.

Per il resto l’ex presidente della Camera ha fatto e sta facendo una figura meschina galattica, prima seminascosta come notizia dai media più importanti e poi aggravata dalla sua autodifesa su Repubblica in risposta allo scoop di Selvaggia Lucarelli sul Fatto. In pratica la Boldrini ha contenzioso con la sua colf per gli scatti di anzianità e per una cifra di importo miserabile, rapportata ad 8 anni di lavoro: meno di 3.000 euro. Pagata invece dallo Stato, come del resto accade per altri deputati e senatori, la sua collaboratrice parlamentare che però veniva usata anche per prenotare il parrucchiere e ritirare i vestiti in tintoria, prima di essere licenziata perché a causa di un figlio malato e della pandemia aveva chiesto di poter lavorare da casa.

Come sapete ci piacciono i dettagli, perché dicono di più della storia principale. E nell’autodifesa della Boldrini la cosa che ci ha colpito è che non ha mai chiamato per cognome la colf, ovviamente straniera. Sempre per nome, Lilia. Un po’ come Rossella O’Hara chiamava Mamie… Ma un conto è chiamarsi per nome in privato, anche se dubitiamo che Lilia si rivolgesse alla sua datrice di lavoro (padrona, se fosse stata di destra) chiamandola Laura, un altro è parlare di una persona citandone solo il nome. Ecco, in questo classismo c’è molto di ciò che andrebbe combattuto, senza sessismo, in una donna, in un uomo e in un trans.

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