L’era di Antonio Inoki

1 Ottobre 2022 di Paolo Morati

Con Antonio Inoki, scomparso oggi a 79 anni, se ne va uno dei simboli dell’adolescenza anni ‘80 di molti ragazzi. Agli inizi del magico decennio le tv locali iniziavano a trasmettere gli incontri della New Japan Pro Wrestling, la federazione di wrestling giapponese fondata dallo stesso Inoki nel 1972 e diventata il palcoscenico per la quella lotta spettacolo nota ai suoi inizi anche come catch. Spettacolo perché caratterizzata in alcune sue evoluzioni da un teatro di personaggi e sceneggiature, nonché esiti predefiniti in un continuo scontro tra buoni e cattivi (a volte cattivissimi) che poi d’un tratto potevano scambiarsi i ruoli.

All’epoca, ipnotizzati dalle immagini del ‘catch’ (con la fantastica sigla Catch the Catch) che arrivavano dal Giappone commentate dai leggendari Tony Fusaro (voce tra gli altri di Ken Falco), Paolo Angeli (maestro di arti marziali) e Cristina Piras (anche lei doppiatrice), ignoravamo come tutto fosse in parte già preparato. Diciamo in parte proprio per l’idea che Inoki aveva del wrestling (il puroresu, in giapponese) e degli eventuali shoot (i colpi veri). Un wrestling che, rispetto agli scintillanti ed esagerati sviluppi delle federazioni e degli atleti americani, soprattutto a partire dagli anni ‘90, appariva certamente più moderato nei contorni. Inoki era quindi il buono in assoluto, l’eroe che, introdotto dall’epica canzone Inoki Bom-Ba-Ye, lottava contro i cattivi affiancato a volte dal suo ‘delfino’ Tatsumi Fujnami negli incontri a coppie.

Tanti i protagonisti di quegli incontri, entrati nella storia della disciplina, compreso Hulk Hogan che, prima di trasformarsi nel simbolo del wrestling made in USA, in Giappone arrivò come cattivo (‘heel’ secondo il gergo) per poi diventare buono (‘face’) e compagno sul ring proprio di Inoki. E ancora il colosso André the Giant e lo spettacolare Tiger Mask. Tutti protagonisti di un mondo duro e impegnativo non solo dal punto di vista fisico.

Antonio Inoki, il cui nome era in realtà Kanji cambiato per la passione per l’italo argentino Antonino Rocca, non era solo un semplice lottatore. Dal periodo trascorso da ragazzo in Brasile con la famiglia, passando per i primi incontri e successi, Inoki era già un simbolo ben prima di arrivare sui nostri televisori in bianco e nero all’alba dei suoi 40 anni, e questo senza contare il controverso incontro con Muhammad Alì svoltosi a Tokyo il 26 giugno 1976. Impegnato anche in politica e in iniziative diplomatiche, e disegnato, tra l’altro, anche nella serie L’uomo Tigre, con lui se ne va di fatto un altro tassello di un nostro periodo inconsapevole ma anche felice.

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