Tutti abbiamo un game plan, prima che ci arrivi un pugno in bocca: parola di Mike Tyson, che di strategia magari ne masticava poca, ma di pugni in bocca tanti. Rolly Romero aveva il suo, di piano: davanti ai media blaterare di ipotetici KO al primo round, nella realtà affidarsi a jab-passo indietro e poi magari chissà, con un po’ di fortuna piazzare il colpo dei colpi. Ahi ahi, ragazzo mio: non serve scomodare il manuale pubblicato dal grande Steve Klaus una sessantina d’anni fa per metabolizzare una nozione elementare, vero ABC del caso. Guai a scoprire il lato destro davanti a un southpaw: un largo o peggio un gancio sinistro - anche di quelli non devastanti - chiuderanno l’irrorazione del sangue sulla guancia destra per qualche secondo e addio core, come dicono nella capitale. Morale: tutto quel casino, gli insulti, le provocazioni, i proclami, la pelliccia in estate e Madonna a bordo ring, per poi presentarti alla conferenza stampa del dopo match farneticando assurdità del tipo: “
Davis mi ha preso una sola volta con un colpo, tutto qui. Ho vinto tutti i round, sono andato a segno più volte, l’ ho esposto per quello che è e gli ho fatto fare una figuraccia. Adesso voglio la rivincita”. Gli sguardi e le parole del tuo team la dicevano tutta: giusto così, Rolly ha fatto un gran match, siamo orgogliosi di lui ma Tank è di un’altra categoria. Appunto, e Tank? Calmissimo a fine match, Gervonta Davis non pare smuoversi più di tanto. Con il predestinato ruolo di Face Of Boxing in tasca prima del previsto, 27 incontri da imbattuto sono più che sufficienti per ribadire una dimensione tecnica che proietta Gervonta Davis verso un futuro paradossalmente difficile da inquadrare, data l’immensa potenzialità evidente ad ogni suo match. Mayweather o non Mayweather i giochi sembrano fatti in partenza, per la fortuna delle nostre notti a caccia di guantoni che si incrociano. “
Qui a New York avevo vinto la mia prima cintura”, sorride lui a fine match. “
Grazie a Rolly e al suo team: l’ abbiamo risolta sul ring, e gli faccio i miei migliori auguri per il futuro. Ma prima di tutto ringrazio Dio”. Che a Brooklyn è apparso a Romero, convincendolo a porgerti l’altra guancia.
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