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Atletica

La Torre come Sacchetti

Oscar Eleni 03/05/2021

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Oscar Eleni dalla montagnetta milanese di San Siro per custodire sotto un castagno la fialetta di veleno che, dopo gara cinque di domani fra Armani e Bayern, avrà  due scopi: berla tutta in caso di sconfitta dando la colpa a Messina come insegnano i maestri del calcio adesso che sono ai piedi del vituperato Conte, farla bere a chi non credeva che la Milano del basket sarebbe tornata nel giardino delle feste europee dopo il 1992.

Non volevamo disturbare visto che il campionato di basket tornerà domenica, ma, si sa, il parrucchiere in libertà deve anche pensare. Ci siamo lasciati andare folgorati dal genio di Checco Zalone, stregati per la meravigliosa interpretazione della quasi coetanea (è del 1945) regina londinese Helen Mirren nel capolavoro registrato per oltre due milioni su telefonino, quel “La vacinada” che guarderemo ogni giorno fermando tutto quando l’interprete dichiara il suo amore anche se trova il sorriso dell’ amata  nella protesi sul comodino. Non succede spesso di amare la gente anche per i propri difetti o una dentiera, il femore rifatto, l’anca sbilenca sistemata dal bisturi magico del dottor Carnelli che la Milano aurea del basket ha sempre venerato, anche se quella dopo lo ha congedato con lo stile di quelle case produttrici di benzina che fingevano, come molti politici, di volere salvare la natura, mentre la inquinavano due volte di più.

In questa domenica dai cestini vuoti, certo non riempiti dal cinismo presidenziale del Petrucci che nel commentare la retrocessione di Cantù non è andato oltre la banalità, felice di potersi presentare come il difensore delle regole, il salomonico salumiere che non pesa la carta oleata. Lo applaudiranno in tanti, soprattutto il Basciano e quelli della A2 che mai avrebbero accettato la sospensione delle retrocessioni, in questo caso una per il fallimento della Roma. Certo avrà un posto al LOL quando racconterà di questa stagione che più irregolare non si poteva immaginare, e sarà difficile restare seri quando ci dirà che le regole vanno rispettate. Come no. Dimentica però di far sapere che queste regole, ad inizio di una stagione animala, dovevano essere cambiate, tenendo conto del nemico.

Ora possiamo  capire che gli dia fastidio sentire le accuse di tanti, soprattutto del Carlo Recalcati che il Mattioli, vero amico del presidente, voleva e magari vorrebbe al posto di Petrucci con la stessa smania mostrata per far cacciare Tanjevic. Dovrà ammettere, però, che da Charlie ultima medaglia olimpica, Bianchini, Arrigoni erano arrivate idee per far partire il treno campionato su un binario diverso. Niente. Succede a chi viene eletto quasi all’unanimità. Pazienza. Adesso, però, resta  aperto il canale di scolo per arrivare alla prossima serie A.

Ripescare a settembre sarebbe  doppia condanna perché lo sanno anche i sassi federali che costruire una squadra di A2, due soli dall’estero, molti italiani, è più difficile che mettere insieme sei o sette stranieri. Se hai occhio, pazienza e fortuna, come diceva Sacchi, magari vinci l’Eurocup come ha fatto Monaco di casa Ranieri a Montecarlo, allenata da un montenegrino, ma guarda un po’ direbbe il Boscia, battendo il Kazan. Certo resta l’amaro Virtus: Monaco l’aveva battuta due volte. Forse Mitrovic ha potuto lavorare meglio, senza interferenze come quelle che hanno avvelenato le Vu Nere per una giornata infame. Comunque sia una bella finale e ce la siamo anche goduta, come i 4000 della arena di Kazan.

Basket che canta e porta la croce nei campionati meno paludati, ma pur sempre vita vera, di base. Intanto complimenti a Schio per l’ennesima finale trovata nel basket femminile, complimenti alla Reyer Venezia che le medaglie d’oro del CONI le onora davvero: finalista con le donne, pericolosa avversaria per le favorite più ricche, Armani o Segafredo, nel torneo maschile, protagonista in tutti i tornei  giovanili fino a quando è stato possibile.

Già, bisogna fare i conti con troppe cose nella base di ogni sport, soldi per tamponi, speranze di vaccini, insomma un bel pasticcio se poi trentamila tifosi interisti, dimenticando come avevano accolto Conte, non pensando ai bilanci in giallo, hanno invaso le strade facendo incolpare il sindaco non previdente, le forze dell’ordine disattente, accusati, non soltanto dalle tifoserie  rivali, di aver fatto anche peggio dei mistici indiani immersi nel Gange, dei religiosi ortodossi morti sotto il crollo di un ponte.

Dicono, lo diceva Dostoevskij, che si conosce  un uomo dal modo in cui ride. Be’, questa settimana al gelo di Chorzow, Slesia polacca, ci permetterà di valutare il sorriso di chi oggi dirige l’atletica italiana.  Non sappiamo davvero se sorrideranno alla stessa maniera il presidente Mei, come quando in tribuna tifava per il suo Spezia, e il commissario tecnico La Torre d’acciaio, sindacalista che non faceva sconti, uno di genio e buone letture. Il primo dirà che cinque staffette alle Olimpiadi, due ori pseudo mondiali, un argento per caduta massi nelle corsie di chi ci aveva superato dopo cambi davvero incerti, sono un bilancio da mettere già nell’attivo di chi ha sostituito la squadra Giomi. Il secondo, che si trova, più meno nella situazione di Meo Sacchetti al basket, con le stesse rassicurazioni presidenziali per il futuro, sicuramente non incantato dai pifferi federali che ci vorrebbero convincere di aver frainteso le voci non tanto bianche dei presunti padroni, resterà lucido e saprà valutare questa settimana che rafforza il partito dello sport italiano salvato dalle donne. In Polonia meglio loro degli uomini, la 4×100 aveva dentro un fuoco antico.

Del resto è tutto l’anno che la gloria vera tocca alle nostre campionesse. Cominciando dallo sci, con o senza fucile. Poi le rugbiste che nel Sei Nazioni non le prendono soltanto. Il successo delle calciatrici e non soltanto la nazionale della Bartolini. La Pellegrini nella storia dello sport. Per finire il sabato glorioso di Paola Egonu da Cittadella, cromosomi regali  ereditati da genitori africani, la pantera dell’Imoco Conegliano imbattuta nella stagione combattendo come grande gruppo dietro alla sua Pentesilea, la squadra che al Palaverde  ha rinfrescato il soffitto degli scudetti Sisley, Buzzavo imperante nella reggia Benetton, aggiungendo trofei.

Ci si lascia così. Arrivederci a mercoledì se Milano avrà fatto la brava. Ma anche se dovesse perdere. Ai maramaldi piace infierire se il computer ha dentro lo stesso veleno della penna.

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