Anni Ottanta

Jerry Calà e il valore della leggerezza

Paolo Sacchi 21/07/2021

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«Non sono bello, ma piaccio» è la quintessenza di Jerry Calà, artista tra i simboli degli anni Ottanta ma soprattutto esempio vivente di come, nella vita e nel lavoro, si possano valorizzare le proprie qualità. Nato cabarettista mezzo secolo fa nella Verona beat insieme ai Gatti di Vicolo Miracoli, oggi si potrebbe definire un entertainer, almeno a vederlo sul palco della Arena a lui aperta per celebrare il suo settantesimo compleanno.

La reunion con Umberto Smaila, Franco Oppini e Nini Salerno è stata il piatto forte del concerto-evento in cui si sono alternati al suo fianco i suoi miti musicali (Maurizio Vandelli, Gigliola Cinquetti, Fausto Leali e Shel Shapiro), i suoi partner cinematografici (Ezio Greggio e Massimo Boldi) e una serie di personaggi assortiti a cui è legato, dalla ex moglie Mara Venier al figlio Johnny, J-Ax, Katia Ricciarelli e Fabio Testi. I richiami alle sue origini veronesi hanno incluso un delicato ricordo di Roberto Puliero, per poi rituffarsi nella festa tra spezzoni di film, citazioni e canzoni degli anni Ottanta, arricchite dalla presenza di Ivana Spagna e di una scintillante Sabrina Salerno. Alle spalle, sul palco, il coro, la “Superband” e i  settanta musicisti della Verona Young Orchestra diretta dal maestro Diego Basso.

Jerry Calà ha raggiunto la notorietà perché ha saputo coniugare la sua spontaneità e l’innata capacità di risultare simpatico perfezionando le sue doti nel modulare con costanza il concetto del suo mantra, «Non sono bello, ma piaccio», applicato in ogni campo in cui si è cimentato. Così come non è indiscutibilmente un adone ma col suo modo di fare ha conquistato decine di cuori, nei panni di cabarettista e poi attore ha saputo emergere e caratterizzare in maniera definitiva i ruoli recitati. Non sono attore ma recito, insomma. Sapore di mare ne è l’esempio calzante: è un film amato perché ha un valore percepito che va al di là della storia e delle capacità artistiche dei protagonisti.

Ieri sera l’equivalenza Jerry l’ha fatta valere anche nei panni di cantante ed intrattenitore. Ha mostrato capacità sul piano canoro per molti versi sorprendenti, in pezzi impegnativi. Tre ore di show ininterrotto in cui, in un revival della storia della musica italiana, si è esibito col microfono sfogliando senza indugi il canzoniere da Lucio Battisti ai Ricchi e Poveri fino alla canzone napoletana d’autore.

“Buon compleanno Jerry” è stata una gradevole festa, uno show a tratti brillante e di sicuro coinvolgente senza essere pretenzioso né retorico, che ha interpretato perfettamente lo spirito dell’uomo e dell’artista, ideale rappresentante di un’epoca e oggi idolo transgenerazionale. In fondo, con la sua verve e le sue battute, Calà ha dimostrato sul palco quanto oggi manchi lo spirito degli anni Ottanta, in cui una sana leggerezza e l’ottimismo sono stati una sorta di boccata d’aria fresca tra l’impegno della generazione cresciuta nel decennio precedente e quella successiva, la cui affettata seriosità ha anticipato il conformismo dei giorni nostri.

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