Italia-Belgio, delusione 1980

1 Luglio 2021 di Stefano Olivari

Per prepararci spiritualmente ad Italia-Belgio, quarto di finale di Euro 2020, torniamo 41 anni indietro e parliamo dell’Italia-Belgio più famoso nella storia della manifestazione, quello che mise di fronte la nazionale di Bearzot a quella di Guy Thys il 18 giugno del 1980 all’Olimpico di Roma. Non lo facciamo soltanto per amore degli anni Ottanta, ma per rendere giustizia a quell’Italia senza Paolo Rossi, fermato dallo scellerato incontro propiziato da Della Martira, un’Italia che quella manifestazione avrebbe potuto tranquillamente vincerla.

Era l’ultima partita di un girone in cui l’Italia aveva pareggiato 0-0 con la Spagna a San Siro e vinto 1-0 contro l’Inghilterra a Torino, mentre il Belgio aveva fatto 1-1 con l’Inghilterra e battuto 2-1 la Spagna a Milano sotto i nostri occhi e quelli di pochi altri: un pubblico inferiore a quello della più insulsa partita di Coppa Italia, 10.000 persone a esagerare. Era una squadra piena di nomi da Guerin Sportivo: da Pfaff a Ceulemans, da Gerets a Vandenbergh, anche se il migliore in campo in quella formazione praticamente solo di fiamminghi fu l’anziano regista Van Moer, già in campo ai Mondiali del 1970, che giocava in una squadra dal nome che ci sembrava inventato, il Beringen.

Una meraviglia quella squadra, per l’assenza di inflazione di informazioni e non per valori assoluti: Pfaff era infatti inferiore a Courtois, Vandenbergh non valeva una gamba di Lukaku e così via. Quanto alla mitica tattica del fuorigioco, con il VAR e i guardalinee meno condizionati avrebbe portato a subire quattro gol a partita. Risultati che dicevano una cosa sola: per arrivare alla finale contro la Germania Ovest, che il giorno prima aveva messo al sicuro il suo primo posto, l’Italia avrebbe dovuto battere i belgi. Non esistevano infatti semifinali, formula tristissima in parte ispirata ai Mondiali 1974 e 1978, e la seconda del girone sarebbe andata direttamente a giocarsi il terzo posto con la seconda dell’altro girone. Bearzot confermò la formazione che aveva fatto bene con gli inglesi, escludendo quindi un Cabrini in crisi da mesi per vari motivi. Dopo aver visto la vittoria dell’Inghilterra sulla Spagna eccoci  pronti su quella che ai tempi si chiamava Rete 1, con Nando Martellini ed una cena oltre Fantozzi  (su “Nuca di McKinley” ci commuoviamo sempre).

Zoff in porta, Scirea libero, Gentile e Collovati in marcatura, a centrocampo Causio, Benetti, Antognoni, Tardelli e Oriali, in attacco Graziani e Bettega. Quanto al Belgio, Thys aveva dato una ulteriore pennellata al suo orrido calcio togliendo Vandenbergh per coprirsi di più con Mommens, che era un attaccante ma per modo di dire. Nonostante questo, in una partita poco ricordata l’Italia costruì un numero notevole di palle gol: da mani nei capelli le occasioni di Graziani nel primo tempo (miracolo di Pfaff) e nel secondo (errore suo), così come quella di Causio nel finale.

Ed il fallo di mani in area di Meeuws fu incredibilmente ignorato dall’arbitro Garrido. Da ricordare che eravamo la nazionale ospitante e che Artemio Franchi era presidente dell’UEFA, insomma i poteri forti in teoria eravamo noi. Nel cuore ci è rimasta quell’Italia che si giocò tutto il secondo tempo con il debuttante Altobelli al posto di Oriali: per 35 minuti, fino all’entrata di Beppe Baresi per Antognoni che era stato massacrato (anche Oriali era uscito più per le botte che per scelta tattica), si videro in contemporanea tre centravanti, più Causio e Antognoni. Una delusione, ma certo un Europeo ben giocato così come il Mondiale di due anni prima. Poi qualcuno si chiede ancora perché l’impresa del 1982 fu così grande.

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