Huawei e la Cina che si avvicina

27 Dicembre 2019 di Indiscreto

Huawei è come dire Cina? La risposta è scontata, visto che non esiste alcuna grande azienda cinese, e comunque alcuna azienda cinese con ambizioni internazionali, che sia indipendente dai voleri del governo di Xi Jinping e del partito comunista, anche se formalmente è a capitale privato. Secondo il Wall Street Journal nell’ultimo decennio Huawei ha ricevuto a vario titolo, per diventare un’azienda leader nei mercati esteri (anche in Italia, fra poco ci arriviamo), l’equivalente di 75 miliardi di dollari.

Un po’ tasse tagliate, un po’ incentivi di vario tipo, un po’ contributi diretti. Difficile isolare l’effetto di qualsiasi tipo di incentivo, come hanno insegnato decenni di previsioni sbagliate degli economisti, ma sta di fatto che la quota di Huawei nel mercato mondiale degli smartphone è passata dal 3,3% del 2012 al 18,6% attuale. Secondi al mondo, dopo il 21% di Samsung e il 12 di Apple.

Il punto della questione non è ovviamente la quantità di aiuti di Stato che ha ricevuto Huawei, visto che migliaia di aziende occidentali hanno prosperato grazie a sussidi e incentivi (un buon esempio è la FIAT, che nell’ultimo mezzo secolo ha di molto superato i 200 miliardi di euro) pubblici, ma il fatto che questo stato sia la Cina. Cioè a tutti gli effetti una dittatura, senza alcun camuffamento.

In altre parole, che Zhang compri l’Inter può darci fastidio, perché il calcio rientra a pieno titolo nel campo del soft power, ma che Huawei sia coinvolta nello sviluppo del 5G italiano è una cosa che fa spavento e che non viene compresa dalla maggior parte dei politici italiani nonostante l’allarme del Copasir. Qualcuno senza mezzi termini traditore del proprio paese, la maggior parte ignoranti.

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