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Giornalismo

Gli anni di Rino Tommasi

Stefano Olivari 23/02/2024

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Rino Tommasi compie 90 anni e anche noi non siamo più tanto giovani. Per lo meno non come quando registravamo in VHS ogni sua trasmissione per godere con calma della sua competenza multidisciplinare, non limitata al tennis e alla boxe. La sua unicità nel giornalismo sportivo italiano risiedeva infatti non soltanto nel conoscere la materia, cosa non scontata nemmeno per gli iperspecializzati che sanno a memoria mille formazioni e le statistiche sugli expected goals, ma nel conoscerne più di una, di materia, e nell’avere un pubblico interessato a tutte, magari tifoso di questo o di quello (come lo poteva essere Tommasi di Edberg o di Minchillo) ma senza logiche di appartenenza o necessità di esagerare. Perché tutti, proprio tutti, siamo tifosi, più o meno beceri (proprio Tommasi teorizzava l’impossibilità di seguire qualsiasi sport senza tifare), ma non tutti ‘facciamo’ o peggio ancora ‘dobbiamo fare’ i tifosi: la differenza è enorme.

Essendo lui stato il primo direttore dello sport sia a Canale 5 sia una decina di anni dopo a Tele+ (prima che nel 1993 puntassero su Biscardi…), è impietoso il confronto fra la sua televisione con la Mediaset di oggi, dove ogni squadra ha in trasmissione il suo giornalista-macchietta, e con la Sky di oggi, dove in maniera più soft lo schema è lo stesso: l’opinionista dell’Inter, quello del Milan, quello della Juve, eccetera. Certo Tommasi non si è mai davvero dovuto sporcare le mani con il calcio, che ha trattato in tante trasmissioni ma sempre dal lato organizzativo e sportivo in senso ampio, non quello della moviola su un rigore. Però quando l’ha fatto ha portato il suo stile, lontanissimo da quello dell’imbonitore: anzi l’avere visto tanto (troppo, stando a un suo libro) sport lo rendeva esigente ed insofferente, trasferendo questo senso critico allo spettatore-lettore. Una partita orrenda era una partita orrenda e lo diceva in diretta.

Lui alla televisione arrivò da grande firma della carta stampata, soprattutto della Gazzetta dello Sport, e al giornalismo era arrivato dallo sport vissuto sul campo, come tennista dilettante di discreto livello (due medaglie alle Universiadi) e come organizzatore professionista di tante riunioni di boxe, soprattutto a Roma, facendo diventare popolarissimi nomi oggi dimenticati ma che citati a tradimento fanno brillare gli occhi a un ottantenne, da Giulio Rinaldi a Francesco De Piccoli, per citare due mai diventati campioni del mondo ma con un seguito immenso. Tutto raccontato nel mille volte citato, almeno da noi su Indiscreto, La Grande Boxe – Trent’anni a Bordo Ring, che fra i pochi che ha scritto è il suo libro migliore oltre che la nostra Bibbia, tanto che come per Il Manuale del Gol di Vezio Melegari (ma lì la spiegazione è un’altra: è il primo libro che abbiamo letto) possiamo citarne intere pagine a memoria. Che bravo, Rino Tommasi.

stefano@indiscreto.net

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