Attualità
Fiorello come direttore
Oscar Eleni 19/12/2022
Oscar Eleni nel deserto californiano di Anza-Borrego per parlare con l’iguana sapiente, fingere di non vedere volpi fra i cactus, aquile dorate nel cielo della santa ipocrisia dirigenziale, parentale. Settimana di passione, lacrime, stupore fra troppe cene nostalgia, finti baci e perfide carezze senza voglia di regalare o farsi regalare qualcosa, inseguiti dal Furbin, mitico protagonista di tante belle storie che raccontava Beppe Viola, l’unico capace di applaudire le grandi imprese sportive, ma dopo averne scoperto il trucco. Tipo? Be’, il salto favoloso di Beamon in Messico: “Bella forza, con la rincorsa”.
Nel ballo Excelsior della follia, gente che spara, che sbrana, che vorrebbe sparare nei parchi in città, l’unica felicità è svegliarsi con Fiorello contenti che sia stato lui a meravigliarsi per la collocazione sui giornali dei “capolavori” dello sport italiano. Paltrinieri, Goggia, Pellegrino, slittinisti, le ragazze di Conegliano che hanno brindato col prosecco per il Mondiale di club in casa del caro Guidetti che aveva portato ad Istanbul Paola Egonu togliendola ai sogni di Santarelli e del Palaverde. Imprese, il nuoto, ormai, non sorprende più, staffette al bacio, Ceccon oltre le sue fantasie e lune, terzo posto nel medagliere di un Mondiale in vasca corta dove, a dire il vero, sembra servire più l’acrobazia e l’apnea del santo galleggiamento, ma, credendo al vangelo di Sacchi, il campione di nuoto non il grande allenatore di calcio, una delle voci più autorevoli fra gli esperti in TV, facciamo male a sottovalutare. Vasca corta, come le indoor per l’atletica, preparando i giorni della verità. Certo quella Goggia operata 20 ore prima e vincente sulla pista dove si era frantumata una mano dice che non sappiamo davvero niente del mistero agonistico.
La stessa cosa guardando la finale del calcio. Peggio per chi stava seppellendo la Francia e poi l‘ha trovata alla pari dopo 90 minuti allungati e due recuperi che sembravano impossibili. Tutti ad applaudire, anche se qualcuno, ammettendo la magia del pallone da 10 milioni fissi davanti alla televisione in Italia, ha detto anche fra le luminarie e i mantelli della finale che non era quello il posto giusto, non doveva essere questa la stagione per assegnare il titolo al retrogusto di aria troppo condizionata in ogni senso. Tutto questo con l’Italia del balun fuori dai giochi. Per noi. Non per loro. Mercato sempre vivo, Mondiale “illuminato” da un fischietto, da comparse e attori non protagonisti che, però, sono stati ingaggiati nel campionato insidiato dall’idea che presto diventerà niente in confronto alla superlega gestista dagli stessi che hanno dato il Mondiale al Qatar, dal circolo dorato che agli emiri darebbe pure i giochi invernali perché tanto la neve si spara e il ghiaccio si compra.
In questa bufera dove abbiamo scoperto il miglior Gramellini televisivo dell’anno, grande Vecchioni, speciale la parte dove arte e facce erano al centro, meravigliosa l’ironia su verità dolorose, nella sua ultima puntata dell’anno per le “Parole” che dovrebbero farci pensare, riflettere, nascondiamo il dolore. Il ragazzo morto di freddo nella Bolzano considerata fra le città italiane dove si vive meglio (salvo eccezioni, direbbero alla Caritas dove i posti letto erano tutti occupati e al giovane indiano hanno potuto dare solo una coperta), gli sbandieratori di bilanci dorati che intanto mettono sulla strada migliaia di lavoratori.
Non riusciamo davvero a prendere sul serio la settimana del basket eccitato dalle imprese di Banchero che addirittura viola la sacralità del campo di Boston. Uno sport difeso dal dragon trainer Petrucci contro chi gli fa continuamente notare che la pallavolo vince, sa insegnare, sa organizzare, sa fare squadra. Lui, O presidente, dice che il basket è il terzo sport come popolarità nel mondo e ha problemi che il volley, senza la tagliola del professionismo con IVA, non incontra. Be’, le scuole, quelle selezioni per far giocare a buon livello chi sta crescendo per noi spiegano tante cose. Asini cocciuti? Forse. Basket dopo calcio e cricket. Va be’, voi dell’atletica o del nuoto non fate i musoni, si riferiva a sport di squadra, peccato che molti non se ne siano accorti e al basket nel cestino lascino briciole di popolarità.
Con la stessa rabbia del mandriano Duvall che commemorando i suoi morti se la prendeva con chi stava più in alto, oltre il destino, abbiamo salutato Mihajlovic che per noi era Achille ed Ettore allo stesso tempo, ci siamo fermati per ricordare Mario Sconcerti che ci aveva salvato dall’oblio dopo il “fallimento pilotato da chi sapete voi” della Voce montanelliana, dandoci un passaggio nella storia del Corriere dello Sport, dimostrandosi paziente, come Rizzo, molti colleghi romani e milanesi, con il poveretto scalzato da cavallo senza la grazia mostrata al Foscolo alla Pallavicini. Con lui l’ultima di 10 olimpiadi, con lui la fine del viaggio professionale anche se ogni tanto sei gratificato con medaglie per i 50 anni, premi alla carriera.
Ora con questo stato d’animo non è facile valutare serenamente una settimana di basket che nelle coppe ci ha visto andare meglio del solito, anche se il risveglio Virtus sembra più vero di quello dell’Armani che dopo 9 sconfitte ha scoperto che Belgrado è la sua terra promessa, vittoria sul Partizan all’inizio corsa, poi con la Stella Rossa che veniva dal filotto dorato nella trincea Ivanovic. Certo che faceva piacere rivedere una squadra sbagliata, indebolita da troppi infortuni ed equivoci, con un po’ di elettricità dentro, ma gli stessi medici pietosi, che poi si negano se li chiami perché la ferita è diventata purulenta, ieri sono diventati fumo registrando la seconda sconfitta dei campioni nel torneo dove per la riccanza è sempre stato più facile mostrare i muscoletti piuttosto che nell’arena ora assalita, dicono, persino dalla NBA, che vorrebbe allargare mercato e quindi guadagni.
Messina indignato con giocatori che da tempo avrebbe dovuto portare in miniera e non nei quartieri benessere se alla fine della sconfitta contro Trento ha accusato la ciurma di “poca professionalità”. Un po’ tardi accorgersene a buoi scappati in eurolega, bastava vedere certe facce e rubare certe confessioni agli amici, persino all’edicolante, per capire che c’era del malumore nella nobil casa dove, per fortuna, non sanno cosa sia l’isteria facendo sapere che Messina sarà allenatore e presidente anche l’anno prossimo. Ci mancherebbe.
Giornata di santa espiazione per Varese tornata a vincere, per Venezia che ha rischiato davvero troppo davanti ad una Reggio Emilia dove sembrano perseguitati dal detto veneto: peggio la toppa del buco. Dietro la lavagna anche Brindisi che sembrava tornata a vivere, mentre Tortona ha riportato con i piedi a terra Scafati che ne tiene sempre cinque dietro le spalle.
Pagelle con glassa natalizia al curaro.
10 A capitan FORRAY che ieri è saltato sul tavolo dei cronometristi per celebrare il Mondiale della sua Argentina e la sua TRENTO che ha denudato un’Armani dove c’è chi vorrebbe essere scusato perché deve giocare troppo, un problema che non si presenta al momento di andare a prendere lo stipendio a meno che la cassa sia chiusa per pensieri amari.
9 A SCARIOLO se riderà sapendo che anche il Monaco prossimo avversario dell’Armani al Forum si è preso una vittoria sul MACCABI, reduce del sacco al Forum, che sembrava compromessa utilizzando la difesa con 4 a zona ed uno ad uomo. Magia dell’ammiraglio che in questa stagione si è preso tanti lussi.
8 Al programmatore delle dirette basket in televisione se farà finta di non aver letto le nostre critiche della settimana scorsa perché Reggio-Venezia e Verona Pesaro sono state sfide avvincenti, non diciamo belle, però il bello della diretta aveva un senso.
7 A TREVISO dove sono stati capaci di lavare bene in casa i panni che si erano lacerati in troppi viaggi di questa stagione nata sotto cattive stelle e non soltanto per i ladri nei posteggi al Palaverde.
6 Al VISCONTI di Pesaro che sembrava soffrire il tirocinio necessario per capire REPESA e farsi accettare dalla difficile PESARO. A Verona ha fatto bene, ora guardi avanti e non indietro.
5 A VARESE e TRIESTE perché la loro battaglia andando oltre i 100 nel supplementare è stato puro divertimento, ma, accidenti, per BRASE, il vincente, un viaggio nei soliti incubi, per il promettente LEGOVICH, il perdente, un tormento che ormai si ripete spesso.
4 Al MACURA che l’anno scorso aveva fatto meraviglie perché ci ha messo un po’ per ridare il sorriso a RAMONDINO nel giorno in cui TORTONA doveva superare le forche di Attilio.
3 A CINCIARINI in un’altra sfortunata settimana per Reggio Emilia che si è trovata SAKOTA, il sostituto dell’incolpevole MENETTI, a casa con il COVID, perché quando con la sua uscita per falli si è spenta la luce in tanti hanno potuto capire, il bravo FUCÀ in testa, che senza registi le squadre vanno a casaccio come sanno anche a Milano già in crisi di astinenza a rimbalzo e sulle palle vaganti.
2 A BRINDISI che non può farsi prendere in trappola negli stessi giorni in cui tutti erano convinti che VITUCCI avesse ritrovato la squadra senza dover rimpiangere il BANKS che a Treviso faceva più brutto che bel tempo.
1 Al venezuelano d’America GRANGER per aver portato al poligono dei buoni tiri SPISSU nel giorno in cui VENEZIA stava cercando di finire ai piombi con Reggio Emilia dopo un più 17. La sua ferocia finale, da applausi come tante sue partite, ha castigato chi non ha quasi più lacrime per piangere.
0 A NUOTO, SCI e PALLAVOLO che mandando in corto circuito i gestori dei professionisti, spesso al nero di seppia, del basket, uno sport con tanti amori anche in questi sport, dove l’alba dorata è rappresentata non dagli under 20 azzurri scelti da Magro, 8 su 20 dalle società di A1 (!), ma dalla scelta di un ragazzo americano che si chiama BANCHERO per illuderci che al mondiale in Asia faremo una gran bella figura. Forse, ma….
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